Cinquantenni ancora piacenti: ZARDOZ

Insomma, a dicembre in occasione del Santo Natale vi suggerivo di recuperare quel superlativo assoluto che risponde al nome di Wicker Man. E poi invece io mi sono visto il Mago di Oz. Giuro, quello originale, quello con Judy Garland. Lo dovevo in fondo a Ritchie Blackmore. Quant’era caruccio poi il cagnolino Toto, mi sono innamorato. Insomma, vedo il Mago di Oz, arrivo allo smascheramento del Mago stesso. E mi torna in mente Zardoz, ovvero zardOz, ovvero (Wi)zard (of) Oz. Ovvero il film in cui Sean Connery sta tutto il tempo ignudo, a parte dei bei mutandoni rossi. L’avete visto? Insomma, va a finire che scopro che pure Zardoz fa cinquant’anni tondi, a febbraio. A me è sempre piaciuto. Le critiche ci stanno pure (non è perfetto), ma magari in qualche caso è pure un po’ questione di puzza sotto al naso. Il messaggione metaforico del film è piuttosto semplice, forse troppo banale rispetto all’ambizione (con pochi soldi) di un film del genere. La metafora: un’élite illuminata, moderna, “democratica”, gli Eterni, vive in una campana di vetro chiamata Vortex, dove si possono preoccupare di cazzate, passando il tempo a meditare e rinchiudendo i vecchi in ospizio perché sono brutti a vedersi. I vecchi sono incidenti, perché gli Eterni sono eterni. Non so se vadano di corpo, però mangiano. E il cibo glielo procura un figuro che sale su una testa di pietra volante, esce dalla bolla e fluttua nei cieli della terra dei Bruti, dei pezzenti che vivono di stenti, coltivano la poca terra non arida e provano a non farsi ammazzare dagli Sterminatori. Cui è sempre lo stesso losco figuro a gettare armi da fuoco dalla bocca della sua testa gigante.

Sean Connery è uno di questi bruti violenti, gli Sterminatori. Un po’ più furbo, si intrufola nella testa, entra nella bolla e da quel momento getta scompiglio nella pace degli Eterni. Pure portando con sé un po’ di testosterone che fa girare la testa a più di una eternessa.

Come non cadere innamorati di uno Sean Connery così conciato, d’altronde. Il mutandone rosso pare in effetti un pannolone. A parte gli stivali, porta solo quelli, sostenuti da delle bretelle/cartuccera, sgargianti come l’intimo. Un baffo à la Zapata e una treccia alla Pippi Calzelunghe completano la mise. Se l’avete visto, difficilmente vi siete dimenticati di una cosa del genere. Se non l’avete visto e dalla descrizione che ne ho fatto vorreste non vederlo, vi frego io perché tanto tappezzo questo pezzo con le foto del maschio alpha Connery. Che così abbigliato non può che conturbare una Charlotte Rampling eternamente antipatica, come al solito. Insomma, un Man-O-War vero, ditemi se sbaglio.

Ora, non sto a raccontarvi tutta la trama, caso mai voleste vederlo davvero, sai mai. Era per dire della metafora e delle possibili critiche. Insomma, a Boorman qualcuno ha imputato di aver fatto un film rozzo, presunto intellettuale ma basato sulla metafora di un tredicenne. L’intellighènzia è intelligente per definizione e non accetta di essere messa in discussione se non con gusto sopraffino ed intelletto compiaciuto. Certo non con una metafora del genere, come potrebbe idearla un adolescente. Io, che per certi versi, certe volte, troppo lontano dall’adolescenza non mi sono spinto, non ci trovo molto da ridire. L’idea della campana di vetro con dentro i Giusti e fuori i pezzenti lascia il segno. Sono stato in visita di recente a Capalbio, “piccola Atene” d’Italia, e anche se non l’ho girata col petto villoso di Connery in vista mi ha fatto un certo effetto per davvero. C’erano in giro per i vicoli delle ceste di vimini con bottigliette riempite d’acqua, offerte, per dilavare il piscio dei cagnolini. Rifugiati invece pare non ne volessero. Ma per oggi basta qualunquismo, dai. E guardate che se pensate che Zardoz sia una gretta satira conservatrice, retrograda e maschilista, non avete fatto i conti con Sean Connery vestito da sposa.

Chiaro che se cercaste una critica più competente di quella che sono in grado di mettere insieme io non credo vi bastino le argomentazioni che sto portando, ma a me Zardoz piace un casino. Davvero, ho un debole. Sarà l’irresistibile charme dell’uomo in mutandoni rossi o il fatto che in termini di scenografia ed effetti (da due soldi) è potente ed immaginifico. Sarà pure che capisco certe critiche. Conosco tangenzialmente certi ambienti dove ci si crogiola, rassicurati dal fatto che se tutti fossero retti e virtuosi quanto “noi”, sarebbe un mondo migliore. Invece la fuori le cose non vanno così e il privilegio di pochi si baserà sempre sulla servitù dei più. Di questo parla Zardoz. Di questo e di uomini mezzi nudi vestiti di mutandoni rossi. Quindi capisco le critiche che si attira Zardoz ed è per questo che mi piace. (Lorenzo Centini)

2 commenti

  • Avatar di TonyLG

    Era il film preferito di Valerio Evangelisti, che ne dava una lettura diversa. Probabilmente, negli anni 70, l’oggetto della critica era l’elite economica (i vari megadirettori alla Fantozzi, per dire. Anche loro pieni di velleità artistiche e sportive), più che quella intellettuale, che, al contrario, era stimata..
    Oggi troviamo più cool prendercela con un Saviano piuttosto che con un Musk o uno Zuckerberg. Allora era diverso.

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  • Avatar di Wal65

    Oh mio Ktulu, sapevo che esisteva ma mai visto. Vedo di recuperare al più presto questa prelibatezza

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