L’uomo in guerra contro Dio: Amadeus Live

Comprensibile che le malelingue dell’epoca interpretassero dei comuni screzi tra le star del loro tempo come malefici complotti. È ciò che si fa tutt’ora, lo chiamiamo gossip o fake news. Del resto, cosa c’è di più affascinante di un vizio capitale portato alla sua esasperazione in modo tanto estremo da corrompere l’uomo in cui alberga il feroce sentimento e indurlo ad assassinare l’oggetto della sua invidia, a maggior ragione se tale oggetto porta un nome sì altisonante? Lo aveva ben chiaro il popolino, lo aveva ben chiaro Puskin, lo aveva ben chiaro anche Milos Forman. Nasce la leggenda e si rende indistinguibile dalla storia.

Nel suo Mozart e Salieri, Puskin affrontava il tema della rivalità tra i due compositori, vera ma nella realtà reciprocamente rispettosa, con quella complessa ironia tipica dei grandi scrittori russi dell’800 che è sempre stata latrice di strati di significato accessibili a coloro che sono disposti ad andare al di là del bello scrivere, delle vite raccontate e dei loro intrecci. L’autore, infatti, non prendeva le parti dell’uno o dell’altro, sebbene uno dei due, l’italiano, incarnasse l’homo faber, il figlio di un mercante che si è costruito da sé e con la fatica e i sacrifici è arrivato fino a corte, mentre l’austriaco troppo geniale per non essere altri che un amplificatore della voce di Dio, uno strumento come un altro da Lui scelto per trasmettere ai mortali la sua musica immortale, un profeta inconsapevole che non vuole convertire nessuno, omaggiato di quella scienza infusa di cui parlano i teologi ma senza la scocciatura della visione beatifica. Far compiere gesti atroci a Salieri, fomentando il desiderio più radicato nel profondo dell’Uomo in ogni tempo, abbattere Dio e diventare egli stesso Dio, portandolo ad avvelenare il suo inarrivabile avversario: un’abile mossa di finzione letteraria che diventa anch’essa immortale proprio per la sua tragica semplicità ed ineluttabile efficacia.

Now, we are enemies. You and I…

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Sussurrando queste parole, il Salieri di Forman rimuove il Cristo in croce appeso al muro e lo butta nel fuoco. Puskin elevato alla terza. L’Amadeus di Forman è un film eccessivo in tutto: il Mozart interpretato da Tom Hulce è una “creatura sciocca e volgare”, un “bambino osceno”, un alcolista, un vigliacco, un uomo senza nerbo; il Salieri magnificamente incarnato da Murray Abraham, alla cui bravura riconosco almeno un buon 50% di tutti i meriti, le stellette e le statuette vinte dal film, è un uomo in lotta con sé stesso e con Dio, un killer senza rimorsi che avvelena Mozart, questa volta nell’anima, portandolo alla sua totale disfatta, avvelenato a sua volta da una corrosiva invidia che lo conduce alla pazzia, facendoci entrare all’inizio del film in un manicomio e riportandoci per un attimo nell’ospedale psichiatrico di Qualcuno volò sul nido del cuculo. Sacrosanto da parte del regista il voler essere così sopra le righe per raggiungere l’obiettivo di regalarci un film indimenticabile, reso ancor più grande dall’abile utilizzo delle opere mozartiane per la sua colonna sonora.

Ma oggi, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il protagonista non è il film, o meglio, non è solo il film. L’Orchestra e il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia stanno eseguendo dal vivo le musiche della colonna sonora del film mentre lo stesso viene proiettato in lingua originale sul grande schermo istallato sullo sfondo. L’effetto è allo stesso tempo straniante e perfetto. Straniante perché mi ritrovo a più riprese a non voler essere troppo distratto dalla maestria dell’orchestra quando questa diventa l’assoluta protagonista, oppure di maledire il ritmo così incalzante del film che va a interrompere l’esecuzione di alcune opere di Mozart proprio sul più bello. Ma rifletto sia sul fatto di conoscere praticamente a memoria ogni battuta del film, sia di aver assistito in passato, in quella stessa sala, a concerti di intere sinfonie del genio salisburghese, non ultimo il Requiem in re minore K. 626 diretto da Pappano. Giungo, dunque, alla conclusione di quanto fosse tutto così perfetto: la frenesia della Sinfonia n. 25 sulle immagini della follia di un Salieri l’attimo prima di commettere suicidio, la scena del Commendatore del Don Giovanni mentre nella mente di Amadeus riaffiora l’immagine del padre che lo tormenta dalla morte accusandolo dei suoi fallimenti come uomo, la costruzione del Confutatis con un Salieri che fatica a prendere nota delle intricate indicazioni di Mozart al suo capezzale, le note del Lacrimosa mentre il cadavere di Wolfgang, genio del suo tempo, viene gettato nella fossa comune insieme ai corpi di altri sconosciuti senza nome e senz’arte. Crudele ironia di Dio. (Charles)

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