La finestra sul porcile: SALTBURN

Saltburn, opera seconda del premio Oscar Emerald Fennell, è forse il film che, negli ultimi mesi, ha maggiormente catturato l’attenzione del pubblico, ha polarizzato le opinioni della critica e ha definitivamente indirizzato sulla rampa di lancio la regista e sceneggiatrice inglese. Un’autrice che ha senz’altro il dono di scrivere personaggi intriganti e di inserirli in un contesto che, nei suoi momenti più spiccatamente pop, colorati e sopra le righe, riesce obiettivamente a colpire lo spettatore. Ci riusciva nella seconda stagione di Killing Eve, che dava una degna evoluzione all’intreccio tracciato nell’ottima prima stagione a firma Phoebe Waller-Bridge (creatrice della splendida Fleabag) e anche in un paio di sequenze particolarmente efficaci e amabilmente “volgari” del terribile Promising Young Woman, irritante pamphlet femminista, scritto male e pensato peggio e che fa sembrare Barbie di Greta Gerwig un’opera degna di Carol Gilligan.

Allo stesso modo, Fennell riesce ad azzeccare più di qualche momento anche in Saltburn, senz’altro la sua opera più importante e importante in generale, per le ragioni che mi accingo ad illustrare.

Saltburn ha una trama estremamente semplice per un film che ha uno sviluppo inutilmente complesso. Narra le vicende di Oliver, un giovane apparentemente introverso (l’ottimo Barry Keoghan) che, da principe degli sfigati dell’Università di Oxford, si invaghisce della figura di Felix (Jacob Elordi di Euphoria, tra le serie adolescenziali migliori degli ultimi anni), un suo compagno di corso di estrazione aristocratica, estremamente facoltoso e popolare. Tra i due nasce un’amicizia e Oliver viene catapultato in un mondo à-la page da cui non solo non vuole uscire, ma di cui vuole minare le fondamenta e rimettere al proprio volere.

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Dopo una prima, riuscita, parte introduttiva, quasi da commedia americana anni ’80,  quando Oliver – apparentemente in seguito ad un dramma – viene invitato nella residenza della famiglia di Felix a Saltburn, il film diventa tutt’altro, una sorta di satira grottesca, di revenge movie sociale e di manifesto antiborghese e anticonvenzionale in cui Fennell ha il chiaro obiettivo di distruggere dogmi e irritare lo spettatore. Il tutto senza però riuscire minimamente a gestire i diversi registri a sua disposizione, senza mai graffiare, anche quando cerca di creare uno shock per lo spettatore con scene tanto disgustose, quanto prevedibili e gratuite.

Se, da un lato, infatti, Fennell ha fatto senz’altro dei passi in avanti a livello di regia – alcune scelte di messa in scena sono davvero interessanti – e di direzione di un cast semplicemente perfetto (a partire da un Keoghan straripante e mellifluo, passando da un Elordi che sembra il frutto di una fantasia omoerotica di un Bret Easton Ellis adolescente, arrivando alla coppia Grant/Pike davvero notevole), a livello di scrittura, la confusione e la sciatteria del suo esordio assumono proporzioni ancor più preoccupanti. Perché Saltburn è un film ancor più vuoto dei personaggi che dipinge e sbeffeggia, ed è, al tempo stesso, pretenzioso e – in più di un’occasione – noioso e prevedibile, sfociando in una risoluzione talmente puerile da lasciare sconfortati.

Volendo sintetizzare, è una satira che, in un’atmosfera che può ricordare un Call Me by Your Name senza trasporto e sentimento, vuole creare, anche esteticamente, un Teorema di Pasolini targato 2023.

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Il problema è che non solo Saltburn non ha un briciolo della forza che aveva il capolavoro pasoliniano, ma neanche ne carpisce il senso realmente antiborghese che aveva quell’opera, di cui riprende gli stilemi e il tema della seduzione dei familiari da parte di Oliver per ridurre il tutto a un’immotivata storia di vendetta e rivalsa sociale da fare cadere le braccia. E se Fennell sembra quasi volere colpire il più possibile la sensibilità dello spettatore, tra scene di sesso orale con sangue mestruale, masturbazioni necrofile e tanto altro, la verità è che questa accozzaglia – ben confezionata e recitata – non riuscirebbe a scuotere nessuno. O meglio, non dovrebbe scuotere nessuno.

E da qui l’importanza di un film che è stato salutato come un capolavoro (o comunque come un “gran film”, un’opera “scomoda”) da buona parte del pubblico e della critica mondiale.

Saltburn è un film importante perché ci fornisce “il qui ed ora” di quello che è il cinema che oggi viene maggiormente considerato: una vuota e pretenziosa operetta ideologica che sembra scritta da un quindicenne che ha appena iniziato a fare letture più impegnate e – comprensibilmente – sente il sacro fuoco e ha voglia di cambiare il mondo. Peccato che Fennel non abbia quindici anni. E se questo Teorema for dummies rappresenta la cartina al tornasole dello stato di salute del cinema contemporaneo e di una certa critica che poi, magari, fa le pulci all’ultimo Wim Wenders o ridicolizza Ferrari di Mann, le conclusioni che si traggono non possono che essere estremamente sconfortanti. (L’Azzeccagarbugli)

7 commenti

  • Avatar di El Baluba

    Senza perderci troppo tempo a scrivere, a me il film ha fatto veramente schifo…di tutte le scenette estreme, ridicole e fuori luogo, quello che trasmette il film è un nulla pneumatico. Dove, si hai ragione, ci sono alcune messe in scena interessanti, buono il cast, ma il resto è totalmente inutile.

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  • Avatar di Danny

    Assolutamente d’accordo

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  • Avatar di Shishimaru

    Ho visto il film ieri. L’ho trovato fantastico e non ho sentito alcuna mancanza dei contro citati. Anzi, ho avuto persino una sorta di momento catartico alla fine. Sono pienamente consapevole dei difetti che ha il film, ma per me funziona così com’è.

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  • Avatar di Valeria Medica

    Visto e divertita molto, non trovo difetti o mancanze attori bravissimi, io lo trovo intenzionalmente e volutamente fatto così , estremo ma non vuoto o stupido se mai pieno è una allegoria del nostro mondo, volutamente sgradevole per arrivare alla sua conclusione non per tutti così scontata piaciuto molto in famiglia e ragazzi giovani!!!! Trovo le critiche fuori tema

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  • Avatar di asf67

    A me é piaciuto, ho trovato sorprendente la trasformazione da ingenuo nerd di Oliver, a cinico calcolatore…..che poi, forse, non é una trasformazione: Oliver é sempre stato così, ma non lo si capisce subito. Ho trovato tutti gli attori bravi, credibili, incluso il maggiordomo. Non sono un esperto di scripts, editing, o dialoghi, ma se un film lo ricordo anche il giorno dopo averlo visto, e se ne parlo con amici, per me ha colto nel segno.

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  • Avatar di Miki

    Piuttosto deludente e fastidioso e il confronto con lo stupendo Call Me By Your Name è ridicolo.Bravi gli attori,bella la fotografia e l’ambientazione,ma si poteva fare di meglio

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  • Avatar di Frelliska

    Caro mio, cambia il titolo all’articolo che non ha proprio carica logica né sarcastica, è solo completamente slegato dal resto e così poco accattivante da fare passare la voglia di cliccarci. Per quanto riguarda il film, a me non ha lasciato la sensazione di aver visto una “operetta sociale”. Le tue critiche si fanno ad un certo punto immotivatamente offensive ed aggressive, pare quasi volessi portare la voce di una minoranza che non c’è. E meno male, altrimenti qualunque prodotto, artistico o no, verrebbe disossato.

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