Fare thee well, there’s nothing left to say: Shane MacGowan [1957-2023]

Ricordo benissimo la prima volta che ascoltai i Pogues.

Avrò avuto tredici anni, cazzeggiavo da Iguana, storico negozio ormai scomparso di Cosenza, e a un certo punto Antonio, il proprietario, mise su If I Should Fall From Grace With God che si apre con il brano omonimo. Dopo dieci secondi non capivo più niente ed ero totalmente innamorato del mio nuovo gruppo preferito del momento, di cui non conoscevo neanche il nome. Alla mia domanda “Ma questi chi sono? Ma che roba è?”, ricevetti una risposta semplice che però, al tempo stesso, resta ancora oggi la migliore: Sono i Pogues. Fanno punk, ma sono irlandesi”.

E sta proprio lì la magia: un gruppo in tutto e per tutto irlandese che è allo stesso tempo, e per ragioni irripetibili e irripetute, la quintessenza del punk. E per accorgersene bastava guardare in faccia, negli occhi – e in bocca – il suo frontman, Shane MacGowan.

Fermatevi un attimo.

Riuscite a immaginare l’impatto che una figura come Shane MacGowan può avere su un ragazzino di tredici anni che ha scoperto da qualche anno il sacro fuoco della musica e vuole assorbire tutto lo scibile umano? Ecco, perché quel giorno uscii con quel disco sotto il braccio e nel corso degli anni ho comprato live, bootleg e tutto quello che ho trovato a nome Pogues.

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Non perché fosse tutto della stessa qualità – perché, benché non abbiano mai pubblicato un brutto disco, i primi tre restano di un altro pianeta e c’è poco da fare – ma per Shane MacGowan. Perché a differenza di qualunque altra icona punk, che comunque aveva un’aura anche costruita, MacGowan era quello che era, diceva quello che voleva, appariva com’era, non temendo di dare un’immagine impietosa di sé stesso. Non conosceva filtri, non sapeva neanche cosa fossero e ha vissuto in questo modo: ha scelto di vivere come cazzo voleva e oggi se ne è andato così, tra i postumi di infezioni polmonari, di una encefalite, dopo essere ridotto su una sedia a rotelle e dopo aver contratto chissà quale malattia.

Il fatto è che tutto questo non era una posa: era un modo di essere, frutto anche di dipendenze evidentemente mai risolte, che si rifletteva in una proposta che era altrettanto senza filtri. E che era geniale, senza mezzi termini.

Shane MacGowan è stato uno di più grandi autori di tutti i tempi e, per quanto strano possa sembrare, uno dei migliori interpreti: anche quando cantava con un filo di voce, accasciato sull’asta del microfono, aveva più personalità e pathos di centinaia di altri. E questa personalità, questa libertà creativa si riscontrava sempre nella sua musica, che era davvero la quintessenza del “faccio e dico quello che voglio”, senza essere mai forzato o gratuito.

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In questo senso non esiste esempio più azzeccato della “migliore canzone di natale di tutti i tempi”, quella Fairytale of New York che non mi stancherei mai di ascoltare e che è stata oggetto di aspre critiche negli ultimi anni per il suo testo che contiene parole “sconvenienti”. Critiche provenienti da soggetti che, evidentemente, non hanno mai ascoltato il brano, non sanno di cosa parla e si ergono a polizia morale del web, come spesso accade di recente.

Perché il contesto è tutto: se non si comprende questo concetto basilare, non si può capire un verso – straordinariamente in rima – come

You’re a bum
You’re a punk
You’re an old slut on junk
Lying there almost dead on a drip in that bed
You scumbag, you maggot
You cheap lousy faggot
Happy Christmas your arse
I pray God it’s our last

che mi piace riproporre in questo triste giorno, perché mi sembra davvero appropriato per ricordare Shane MacGowan. Non penso ci sia altro da dire, questo non è un pezzo per parlare dei Pogues o della loro carriera, né per spiegare il contesto in cui sono nati e quale è stata la loro influenza, ma è solo un sentito addio di un ex ragazzino di tredici anni di Cosenza ad uno dei suoi miti.

Stasera bevete un bicchiere di quello che più vi aggrada e brindate alla memoria di Shane. Penso che apprezzerebbe. E, come scriveva lui in The Body of An American (giustamente utilizzata per tutte le veglie funebri nella serie The Wire), Fare thee well, going away, there’s nothing left to say.

Oggi è morto Shane MacGowan.

Faceva punk, ma era anche irlandese. (L’Azzeccagarbugli)

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