R.I.P. Aldo Lado [1934 – 2023]

Abbiamo appena saputo che ci ha lasciato Aldo Lado, uno dei registi del grande cinema di genere all’italiana. Io lo conobbi proprio con il suo film di esordio, La corta notte delle bambole di vetro, 1972, che è un bellissimo thriller all’italiana e ne è anche uno dei massimi esempi. Non è un film perfetto, ha diversi problemi di sceneggiatura, ma è grande nel saper raccontare una vicenda misteriosa, improbabile e quasi fantascientifica, a cui si aggiunge un’innovativa riflessione sociologica, in un contesto quasi gotico e con la tensione sempre altissima. Straordinarie, come spesso accadeva, erano la fotografia, le ambientazioni e le musiche.

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Dopo gli anni Settanta, durante i quali firmò altre pellicole caratteristiche del periodo, come Chi l’ha vista morire? (1972), L’ultimo treno della notte (1975) e il discutibile L’umanoide (1979), si affermò come regista sempre più versatile e, come autore, divenne sempre più multiforme, lavorando sia per il cinema che per la televisione. Dopo il 2015 diventò anche scrittore, occupandosi di saggi e di narrativa, sia tramite la sua casa editrice Angera Films che pubblicando racconti thriller nelle antologie della Morellini Editore. L’ultimo suo scritto è di poco tempo fa, ovvero il racconto Il luccio, apparso ne I delitti del lago vol. 7, uscito lo scorso settembre.

Io me lo ricordo così: un genio di un tempo passato, un professionista che ha tentato varie strade, che ha lavorato con passione e ha saputo cambiare ambito, per propria scelta, dimostrandosi sempre un grande artista. (Stefano Mazza)

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