Chiedimi chi erano i Ramones. Ovvero quando incontrai l’abisso
Curioso. Ho sempre avuto un sacco da ridire sulla birra spagnola. Ho pensato spesso fosse poco più che piscio di cane. Tranne una pinta di Alhambra bevuta una sera, quando sono andato a trovare dalle sue parti, a Siviglia, un ex collega e buon amico. Di recente però al supermercato c’era in offerta una bottiglia da 66 di Estrella. Sono sempre più rare, le bottiglie da 66. Vanno quelle da 50. Più eleganti e mascherano pure l’aumento del prezzo al litro. Insomma, assaggio la Estrella e la trovo molto meno peggio di come la ricordassi. Zuccherina, ruffiana. Beverina. O forse la ricordavo proprio così. Comunque, ci sta, ogni tanto. Questo per dire che sono uno obiettivo, che sa riconoscere i propri pregiudizi e sa ricredersi. A volte, non sempre. Per esempio, ho un pregiudizio ancora bello forte sul rock spagnolo (ma NON sul rock in lingua spagnola). Saranno stati gli Ska P, ubiqui ai tempi di gioventù e fastidiosi come una visita andrologica. Però mi piacciono gli Heroes del Silencio, sinceramente. Se mi capita di parlare di musica con uno spagnolo tiro fuori sempre gli Heroes del Silencio. Così stabilisco un contatto, un’affinità e poi finisce lì, senza dover approfondire. Ho finito per parlarne anche con un altro ex collega spagnolo. Non quello di prima, quello della pinta di Alhambra. Quello è una persona seria. Quest’altro, invece, era uno di cui diffidare. Per certi versi era anche davvero un buon architetto. Nel senso che aveva le idee e sapeva farle funzionare: spazi, immagini, funzioni. Molto pignolo e lavoratore. Tecnicamente però non capiva nulla, ma non vi tedio con i dettagli. Vi dico solo che era impossibile ragionarci, o anche solo contraddirlo. Una volta, per una discussione sulla scelta del tipo di calcestruzzo, è dovuto venire a separarci il nostro capo, un danese che sarebbe potuto essere nostro padre, forse persino nonno. Comunque, con questo collega ero forzato a condividere anche casa e tempo “libero”. Carlos (certo che l’anonimato sarebbe garantito anche se usassi il nome vero, comunque diffusissimo) era difficile anche fuori dal lavoro. Cocciuto, narciso, tirchio, infantile. Una volta fece il giro di tutti i colleghi chiedendo a ciascuno se avevamo voglia di un gelato. E quello che ci è cascato gliel’ha dovuto offrire, ché casualmente non aveva con sé il portafogli. Finii ovviamente per parlarci di musica (sono stato suo collega e coinquilino per 26 mesi, non giorni). Allora ok, gli Heroes del Silencio piacevano a tutti e due, come prevedibile. Purtroppo però la faccenda non si è chiusa là.
“Se ti piacciono gli Heroes del Silencio, dovresti provare altre band che abbiamo in Spagna. Conosci i Ramones?“

Non ero pronto per questo. Devo essere rimasto fermo un attimo, interdetto. Forse non avevo capito bene.
“Ma scusa, Carlos, i Ramones sono americani…”
“No, no! Sono spagnoli! Lo so!”
A quel punto devo essere rimasto zitto alcuni attimi ancora, con lo sguardo nel vuoto, perso. Ho cercato di ricordare tutti i cognomi dei membri dei Ramones, ma niente, nemmeno uno che avesse parvenza di discendenza spagnola, messicana o portoricana. Mi sono pure chiesto se a New York esiste per caso un quartiere dove storicamente si sono ritrovati gli esuli iberici. La questione si stava facendo spinosa, scivolosa, direi quasi pericolosa. Anche terribilmente seria. Non era mica una discussione sulla tipologia di armatura per il calcestruzzo. Non era possibile non ribattere. Parlavamo dei Ramones, cazzo.
“Cazzo no, Carlos, ti sbagli, ti sbagli male. I Ramones sono americani, cazzo. Cioè, lo sanno pure i cammelli.”
La situazione stava diventando nel frattempo più preoccupante. Lo vedevo coi miei occhi mentre parlavo. I tic nervosi sul volto di Carlos aumentavano, mentre il volto rattrappiva in un’espressione solenne, arcigna. La molla stava per raggiungere la massima carica. Sapevo che lui non avrebbe retroceduto. Solo che questa volta era davvero troppo perché lo facessi io.
“Pensi che non sappia chi sono i Ramones? Li conoscono tutti in Spagna, sono famosissimi!”
“Non ne dubito, ma non sono spagno…”
“I RAMONES SONO SPAGNOLI, CAZZO, QUANTE CAZZO DI VOLTE TE LO DEVO DIRE!”

E giù una filippica. Sul fatto che lo contraddicessi sempre, per partito preso, per provocarlo. Che i Ramones sono tra i gruppi spagnoli migliori, anzi, che sono il gruppo spagnolo per antonomasia. Toni nel frattempo più accesi. Avrei forse già potuto, o dovuto, interrompere quel delirio tirando fuori il telefono e cercando su Wikipedia per mostrargli la verità. Ma sarebbe stato meglio prima, quando l’atmosfera non era ancora esplosiva. Anzi definitivamente deragliata. Ora eravamo arrivati al punto di non ritorno e non era facile distogliere gli occhi nemmeno un attimo dall’imbizzarrito collega. Non si sa mai, quando davanti hai qualcuno pazzo perché gli hai fatto notare che ha detto una cazzata pazzesca. Qualcuno di cui non sono facilmente prevedibili le reazioni e con qualche problema a gestirsi. Istintivamente con la mano cercavo qualcosa. Una siringa per sedarlo e costringerlo a stare immobile, a guardare lo schermo di un cellulare, senza fargli compiere gesti inconsulti e zittendolo una buona volta. Oppure un oggetto contundente.
Tipo quella volta, alla fine di una serata balorda nel degrado di una periferia di una metropoli tropicale, quando un altro nostro collega, lo chiameremo A., ebbe la brillante idea di insultare un paio di ragazzi locali, a casa loro, che erano venuti a fare amicizia e forse affari. Avevano bevuto forse quanto noi, ma non solo. Soprattutto poco distante c’erano due gruppi di loro connazionali che ci sbarravano le uniche due possibilità che avevamo per andarcene via di lì interi. Sarebbe stata brutta, non fossimo riusciti a calmare A., che stava dando sempre più di matto, e il ragazzo che si era offeso per le sue sparate e che stava calmando a stento una rabbia furiosa, spalleggiato da un suo connazionale. In quel momento, pur cercando di fare da paciere, avevo in mano una delle bottiglie, quelle che ci avevano portato a quel punto lì. E avevo modificato la presa sul collo per essere pronto ad usarla, nel caso malaugurato. Mi sono stupito di quel mio gesto, che nessuno ha notato tranne me. Non era da me, ma dimostrava che da qualche parte un po’ di istinto di sopravvivenza ce l’ho pure io. Non ce ne fu bisogno, comunque e per fortuna. Riuscimmo a sedare per un secondo gli animi e poi a sgattaiolare con la coda tra le gambe attraverso uno dei due bivacchi di locali, mentre il ragazzo del posto era andato a raccontare l’offesa a quelli del bivacco opposto, indicandoci. Quella volta me la stavo vedendo brutta. Ma forse non tanto quanto quella volta che Carlos voleva convincermi che i Ramones erano spagnoli.

Quella volta non avevo alcun oggetto contundente. Una bottiglia, un mestolo, un attizzatoio. Niente, ed era un rischio distogliere lo sguardo dalla bestia imbizzarrita che avevo davanti agli occhi. Alla fine non c’era davvero altro modo per uscirne. Non potevo sopraffarlo con la forza, potevo solo affidarmi alla Ragione, coi rischi che ciò implicava. Di certo non potevo assecondarlo. Perché parlavamo dei Ramones. Perché la follia a volte andrà pure assecondata, se innocua, ma l’idiozia no.
Lentamente, con movimenti millimetrici, estrassi il telefono di tasca, distogliendo lo sguardo il meno possibile dal suo spettacolino aggressivo e vittimista, sperando che non interpretasse il mio gesto come una sfida, un’offesa, un salto di qualità nella tenzone. Digitando in fretta il termine di ricerca, ma fortunatamente in maniera corretta al primo tentativo (sapete, con quei tastini virtuali minuscoli), trovai la pagine dell’enciclopedia e gliela mostrai:
“The Ramones were an American punk rock band that formed in the New York City neighborhood of Forest Hills, Queens, in 1974.”
Era un salto nel buio. Era l’equivalente di gettare un ordigno apocalittico oltre la linea del fronte, su una città dove ancora vivono i civili. Non sai se vincerai il conflitto in un colpo solo o ti guadagnerai un nemico giurato per l’eternità. Di certo non puoi prevedere la reazione che, testimone il Cielo, ho incontrato io.
Gli occhi dell’invasato si posarono sullo schermo e in un attimo, improvvisamente, si ingentilirono. La smorfia tesa si sciolse in un sorriso forzatamente sereno, solare.
“Ah, ma io intendevo i Mago de Oz. Conosci i Mago de Oz? Sono molto famosi da noi in Spagna!”
Era la fine, avevo avuto ragione io, ovviamente. Ma era una vittoria di Pirro. Avevo scoperchiato un vaso di Pandora. Avevo puntato lo sguardo sull’Abisso della mente di Carlos proprio mentre quell’Abisso puntava me, e avrebbe potuto fagocitarmi. Mi vengono in mente termini specifici, clinici, per una personalità del genere. Ma non sono uno psicologo o uno psichiatra. Li tengo per me, allora, per non usarne a sproposito. Certo ce ne sarebbe altri, meno clinici e più spietati, che invece non riporto solo per educazione.
Da questa vittoria uscii insomma sconfitto, esausto, spossato. Non ricordo cosa feci immediatamente dopo, come tentai di riprendermi dal momento esatto in cui ebbi la prova che il mondo, la vita, l’esistenza… insomma, che è tutto solamente Caos.
Comunque, quando il Barg ha tirato fuori la lista dei dischi del mese per Avere vent’anni, a me è venuta in mente questa storia qua. E l’unico che aveva qualcosa da dire sui Mago de Oz ero io. Figuratevi gli altri. E comunque Gaia ho provato a sentirlo per intero per rivivere quelle sensazioni di disagio e fastidio mentre scrivevo questa storiella (tutto il contrario che) edificante. Parte coi pifferi andini. Un po’ di coda di paglia dai tempi di Cortez e Pizarro, forse? Poi canzonette metal ma leggerine, piene di zufoli celtici. Non si negano a nessuno gli zufoli celtici. Nemmeno ai comnnazionali dei Ramones. Però, ecco, non vi starete mica chiedendo cosa c’entrano i Ramones, vero? (Lorenzo Centini)

Sto Carlos: forse un disturbo della personalità, cluster b.
Più prosaicamente: uno stronzo narcisista.
P.s. gli Heroes del Silencio sono finlandesi.
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Una delle cose più geniali lette negli ultimi mesi.
Il disco degli spagnoli francamente non l’ho mai sentito (e dubito andrò a recuperare), ma sui Ramones avrei fatto lo stesso.
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Lo spagnolo sarà stato convinto i Ramones fossero spagnoli solo perché questo cognome/nome ricorda sapori iberici…. poi tergiversare sui Mago de Oz è pura cialtroneria 😂
I Mago de Oz cmq li ricordo bene, su Metal Shock furono recensiti proprio con Gaia, dischetto anche simpatico ma non oltre un paio di brani. Roba da festa di paese. Senza offesa. E con quello copertina rubata agli Helloween… Proprio non si sono voluti aiutare. Ma purtroppo è la legge del Rock e del Metal: i paesi latini e/o caldi proprio non riescono bene in questo campo.
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Empatia. Mi capitano discussioni del genere in famiglia, in genere coi boomer su fake news a tema lavoro e/o immigrazione
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