Questa non è una recensione: DISH-IS-NEIN – The Man Machine/The Metal Machine
Il vostro Caos è il mondo intero / il mio Paese è un cimitero
Circa un anno fa, il 9 giugno 2022, è morto Dario Parisini, chitarrista e agitatore, scomodo e controverso dal primo momento in cui si è affacciato al mondo (perdonatemi) dello spettacolo fino alla fine. Questo non è un necrologio, anche se un tributo sarebbe stato necessario un anno fa. L’occasione di ricordarlo oggi, anche se ancora il tempismo non è proprio impeccabile, è un’uscita, quella che probabilmente resterà l’ultima dei Dish-Is-Nein. In realtà The Metal Machine è uscito in aprile. È un singolo, è un remix di una cover. Dei Kraftwerk. The Man Machine, l’originale, titolo mantenuto anche nella prima versione di questa rivisitazione pubblicata dai bolognesi a dicembre scorso, ma solo in digitale. Ricostituzione per elettronica aggiornata, chitarre metal e coro alpino, la prima versione. Successivamente (la seconda), ancora più destrutturata, quasi esplosa. Poi come lato B il remix di Eva, dall’Ep del 2018, sintetizzato da Andy Selway dei KMFDM.

Sarà probabilmente l’ultima chitarra suonata da Parisini che sentiremo. Probabile pure che sia l’ultimo atto, quello conclusivo, di una storia sovversiva veramente, iniziata nel 1988 col nome Disciplinatha. Poi spenta da acque normalizzatrici e riaffiorata in superficie trenta anni dopo esatti, come Dish-Is-Nein, con quell’Ep che citavo prima e che per quattro anni ho sperato fosse solo un preludio.
Se ci pensate, il peso di tutta questa storia è sproporzionato rispetto al minutaggio, anche sommato, di Abbiamo pazientato 40 anni, ora basta!, di Nazioni e di Dish-Is-Nein. Minuti dal peso specifico elevatissimo, schiacciante. Non era solo musica, se avete una qualche idea di cosa parlo lo sapete benissimo. C’è il rischio che ve ne teniate lontani per igiene ideologica. Avrei potuto farlo pure io, ma testi come quelli di Toxin ed Eva me li sarei persi. La chiave era questa: quanto sei disposto a farti male? Sarebbe questo il punk, e pure un bel pezzo di metal. G.L. Ferretti credo si sia rotto il cazzo di farsi tirare per la giacca e un seguito a L’Imbrunire non credo lo darà. Temo ora nemmeno i neri bolognesi. Santini (sempre potente, lucido e chirurgico) e Cevolani (un tempo rasta e vestita Folgore, ho detto tutto) mi auguro trovino nuove direzioni per far sfociare le proprie idee. In coerenza, spero, ma in fondo non sono affari miei. (Lorenzo Centini)
