七生報國 – デモ 一 (SCHICHISEIHOKOKU – Demo 1)

Io fossi in voi questo disco me lo segnerei, perché ci sono buone probabilità che gli autori diventino la next big thing in tempi non particolarmente lunghi. Già se ne sente parlare in giro in modo fin troppo entusiastico, ma se poco poco ci azzecco nel pronostico e ci si mettono di mezzo etichette tipo Goatowax o DeathKvlt che stampano il disco in vinile nella classica edizione ultralimitata introvabile e sold-out dopo 5 minuti da quando viene messa sul mercato, beh, il gioco sarà fatto; e se siete dei lucratori che spendono 40 e rivendono a 400 dopo un giorno quando l’hype è all’apice, questo è pane per i vostri denti. Io disapprovo in toto questo comportamento, ma funziona così in tutto il pianeta e non ci posso fare niente.

In caratteri più comprensibili a noi comuni mortali che abbiamo il giapponese arrugginito il nome della band si legge ScichiseiHokoku, ancora non ho capito se Hokoku sia staccato o meno, sul loro Bandcamp non lo è ma il nome lo ho già anche letto come se fossero due parole diverse, delle quali ovviamente ignoro del tutto il significato. A quanto pare però sembra che i tipi siano in fissa con l’onore dei Samurai e cose del genere e di questo parlano i testi dei quattro brani di questo Demo 1, quindi suppongo che il moniker potrebbe aver a che fare con quell’ambiente anche se non potrei certo giurarlo. Se li cercate nell’Archivio li trovate, ma non è che ci siano grandi informazioni in più. Meglio comunque della pagina Bandcamp che è scritta in giapponese e basta, troppa grazia.

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Parlando di musica, il demo contiene 4 brani tutti quanti intorno agli 8 minuti di durata, e, sebbene siano inquadrabili nel ramo del raw black metal, qualche peculiarità differente da quanto siamo soliti ascoltare quando si parla di black metal scarno c’è. Intanto il fatto che siano sempre presenti due tracce di chitarra: una in tremolo picking che suona riff di poche note, più bassa e distorta e che viene tenuta in sottofondo (come succedeva nei dischi di thrash/proto-black anni ’80 i quali avevano una traccia di chitarra ritmica riempitiva che – cazzo! – aumentava di brutto l’impatto del brano, cui veniva garantita una pienezza di suono completamente diversa da quella che si sarebbe ottenuta se questa ritmica non ci fosse stata); l’altra traccia è più melodica, armonizzata un’ottava sopra e influenzata dalla musica che i giapponesi adorano quando si parla di metal, cioè il classico NWOBHM anni ’80 e il power metal melodico. Quindi più fraseggi che veri e propri riff che si ripetono nel corso del brano, ed anche questo non è così usuale per un progetto raw black metal.

Senza le vocals in screaming straziato, e con una registrazione meno low-fi – i suoni della batteria sono davvero scadenti, meritavano di meglio di questo incedere monotono in cui sembra che il kit abbia solo cassa rullante e charleston e nient’altro – probabilmente il disco non si potrebbe includere nel filone raw black metal, e sarebbe stata più consona un’inclusione nell’epic o melodic black. Tutti i brani sono intrisi di melodia, suonata con passione ed energia, sempre evocativa e affatto scontata. La registrazione a mio parere penalizza il risultato finale. Molto probabilmente è studiata a tavolino e sono proprio questi i suoni che la band aveva intenzione di ottenere, pertanto – giusto per controbattere la mia opinione – il prodotto suona deliberatamente diverso da una marea di cose che si sono ascoltate di recente. Questo, com’è ovvio, fa vivere l’esperienza della loro musica in modo assai differente da ciò che gli standard odierni tendono a proporre.

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Il disco ha bisogno di un bel po’ di ascolti per “entrare in testa”: pur essendo considerevolmente melodico non è un portento d’immediatezza ed a tratti diventa piuttosto strano, visto che vengono cercate soluzioni inusuali proprio come facevano i gruppi di metal tradizionale verso la fine degli anni ’80, quando, per distinguersi nella folla di migliaia di band, si cercava di incorporare nel proprio suono ogni possibile variazione sul tema. Se però si vuole fare il tentativo e si dispone di una pazienza e di una curiosità consolidate, alla fine ci si troverà a gradire – e non poco – una proposta musicale non standardizzata. Possono solo migliorare, secondo me in un prossimo futuro sentiremo spesso parlare di loro. (Griffar)

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