La finestra sul porcile: ARMY OF THE DEAD

Tanti, tanti, tanti anni fa uscì al cinema il remake de L’alba dei morti viventi, ad opera di uno sconosciuto regista proveniente dal mondo dei videoclip, il cui trailer mostrava gli zombi che correvano. Io, che all’epoca avevo verso le deviazioni dal canone romeriano la stessa benevolenza che un defender culturista con il tatuaggio del sign of the hammer sul bicipite avrebbe avuto nei confronti dei Limp Bizkit nel 1998, andai a vederlo solo per poterne parlare male senza che nessuno mi potesse rispondere eh ma tu non lo hai visto. Uscii dal cinema estasiato. Era la cosa più bella che potesse succedere ad un film di zombi all’alba del terzo millennio: Dawn of the Dead era fresco, moderno, rispettoso della tradizione ma coraggioso, senza essere presuntuoso. Corsi a consigliarlo a Ciccio, che rispose con la medesima altezzosità che avevo io prima di vederlo. Mi offrii di pagargli il biglietto, di offrirgli un litro di birra, di caricarmi dieci promo tra i più schifosi che era costretto a recensire per Metal Shock, ma Ciccio non cedeva. Alla fine però fui tanto insistente da convincerlo, e ritornai al cinema con lui per vederlo una seconda volta. E anche lui uscì dal cinema estasiato come ne ero uscito io.

Che filmone che era Dawn of the Dead, amici
Questo fu il mio approccio con Zack Snyder. Poi venne 300, e lui diventò istantaneamente il mio regista preferito del nuovo millennio.
Dopodiché vennero un sacco di altre cose, alcune belle, altre meno, ma comunque niente di lontanamente paragonabile a quei due film iniziali. Però la simpatia è sempre rimasta, perché di porcherie non ne aveva mai fatte. Fino ad ora, almeno.
E purtroppo Army of the Dead è una porcheria, mannaggia. Snyder è caduto proprio sull’argomento che mi aveva fatto innamorare della sua estetica. Lui deve peraltro averci creduto tantissimo, visto che si è occupato anche di soggetto, sceneggiatura e fotografia, ma non si salva niente. La fotografia soprattutto: il film è girato interamente con colori accesissimi o bruciati, con una specie di enorme filtro Instagram (o Lomo) per tutte le due ore e mezza (DUE ORE E MEZZA) di durata, che rende gran parte delle immagini fuori fuoco (volutamente, ma non è un’attenuante). Non c’è niente di Zack Snyder in Army of the Dead. Sembra una caricatura di un film di Steven Soderbergh fatto da un Robert Rodriguez lobotomizzato e sotto LSD.

Non è sfocata l’immagine: il film è proprio tutto così
In realtà io ci ho trovato un plagio continuo alle idee di John Carpenter, nonostante – ovviamente – lo stile non abbia nulla a che vedere con la messa in scena classica e ordinata del Maestro. Innanzitutto il soggetto riecheggia Fuga da New York: in una Las Vegas chiusa ermeticamente ed invasa dagli zombi, un gruppo di mercenari deve entrare, recuperare qualcosa ed uscire, facendo anche presto perché dopo qualche ora la città verrà nuclearizzata. L’idea carina, purtroppo sfruttata malissimo, è che esistono degli zombi intelligenti e dalle capacità sovrumane che hanno creato una specie di comunità tribale. La cosa ricorda Intervista col Vampiro, ma l’estetica di questi superzombi fa ritornare a Carpenter, tra Il signore del male, Vampires e Fantasmi da Marte.
Detto questo, sappiate che la storia va esattamente come ve la state immaginando. Il gruppo di mercenari ha la stessa composizione che vi immaginate, ci saranno i tradimenti che vi immaginate, le vicissitudini che vi immaginate, la successione dei morti è quella che vi immaginate, la fine è quella che vi immaginate. Non sarebbe un problema di per sé, ci mancherebbe: la banalità può avere molti aspetti positivi in un film, se la si sa gestire. Non è però questo il caso.

Vola e va’! Per la Terra!
Infine vorrei parlare di Batista, protagonista di questo capolavoro. Lui lo conoscete, perché per qualche motivo a me inesplicabile è diventato famosissimo e ha partecipato a svariati film. Io è quasi vent’anni che me lo ritrovo davanti, tra wrestling e cinema, e non mi capacito ancora di cosa ci trovi la gente. Batista non sa fare nulla: non sa lottare, non sa recitare, non sa sparare, è legnoso, monoespressivo e totalmente incapace di fare qualsiasi cosa. Gli è complicato persino piegare le ginocchia. Come lottatore di wrestling era un pianto greco: aveva tre mosse in croce e le eseguiva sempre malissimo, quando non le sbagliava addirittura. Anzi, sbagliava così spesso e in modo così patetico che la gente lo chiamava Botchista (“botch” è il termine con cui si indica l’errore di esecuzione). E sbagliava non solo perché tecnicamente ridicolo, ma anche perché, nonostante la mole, non aveva forza muscolare e quindi spesso cercava di sollevare la gente e se ne cadeva all’indietro con l’avversario che gli franava addosso, immagino bestemmiando. Era pure un pezzo di merda, a sentire i suoi colleghi. Però piaceva ai bambini e alle ragazze, quindi diventò campione mondiale dei pesi massimi. È un mondo difficile.

Botchista in ciò che sa fare meglio: stare rigido in piedi con gli occhi socchiusi
Nel cinema peggio che andar di notte: è un palo della luce eppure riesce ad ottenere ruoli come se piovessero. Addirittura Van Damme, che è uno che ci ha sempre tenuto moltissimo ai suoi film, lo ha messo a fare Tong Po nel remake di Kickboxer. Tong Po, capite, che per i ragazzini della mia generazione era il personaggio più pericoloso e cattivo che si potesse immaginare, originariamente interpretato dal mitologico Michel Qissi che in una delle scene più belle mai girate faceva tremare le colonne di cemento a tibiate, rovinato da questo bidone di fango, grande grosso e coglione, che non ha mai fatto arti marziali in vita sua e che se gli giri intorno cade da solo come un imbecille. L’altro giorno ho visto un graziosissimo film con Daniel Craig, Cena con delitto, di cui stanno già producendo il seguito con il suddetto Botchista come protagonista. Ma che cazzo.
E non è tutto: questo incommensurabile capolavoro della cinematografia contemporanea è inteso come il primo capitolo di una saga di cui è già stato girato un prequel e di cui sono in programma seguiti, serie tv e serie animate. Un bel festival della merda. L’unico modo in cui Army of the Dead poteva risollevarsi era avere in colonna sonora l’omonimo pezzo dei Domine, ma manco quello: fa schifo pure la colonna sonora. La nostra salvezza è che però noi i Domine ce li abbiamo, e possiamo sentirceli per purificarci da cotanta fetenzìa. (barg)
“Il festival della merda” mi ha mandato in bias cognitivo. Per pellicole come questa con Batista ” o animalo” coinvolto potrebbe valere la pena di scaricarlo illecitamente.
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Hai dimenticato una cosa: è noioso da morire.
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due cose :
Batista nei guardiani della galassia è simpatico dai ! forse la sua dimensione è quella e non è male..
l’altra .. da Romeriano convinto ..
il Remake del 2004 è appena decente !!!
Fresco na sega ! pieno di banalità e con una recitazione a tratti da sit-com scadente ..
Gli Zombie centometristi !! ..il marito morso dopo due secondi si trasforma e diventa un diavolo della tasmania !
Allora .. zombie ti morde per mangiarti .. secondo o stesso principio dopo 2 secondo diventi come lui .. finito il pasto e
così via .. finita la pacchia in 2 giorni ..
si si si lo so .. gli zombie non esistono di che cazzo parli .. ma la penso così ..
Romero mi terrorizzava .. un terrore lento e inesorabile per tutti .. un disgregamento sociale lento come gli zombie
e strisciante .. vabbè …
cmq ho visto solo l’inizio di questo .. e non so se vado avanti ..
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È vero che nei Guardiani della Galassia è simpatico. Ma ha anche poco minutaggio ed il personaggio è scritto particolarmente bene.
Non sono d’accordo sul remake di Dawn of the Dead, che ho peraltro rivisto proprio ieri quasi per caso. Per il resto non bisogna andare troppo per il sottile… il primo zombi de La Notte dei Morti Viventi cerca addirittura di aprire lo sportello della macchina, che è assurdo pensando al loro comportamento successivo.
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si hai ragione .. però era anche il primo .. il sommo capostipite etc … qualche inciampo ci può stare ..
l’ho rivisto anch’io su netflix di recente… ma resto della mia idea..ciauu
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