Avere vent’anni: MEGADETH – The World Needs a Hero

Barg: Come ebbi già occasione di dire, non sono mai stato ‘sto grande fan dei Megadeth. Ovviamente mi piacciono i dischi storici, ci sono cresciuto, stravedo per due-tre pezzi in ognuno di essi, ogni tanto mi sento un loro disco, eccetera, però ecco, non sono ‘sto grande fan. Quindi, secondo questo concetto, The World Needs a Hero dovrebbe farmi schifo: è un album a tutti gli effetti minore, uscito fuori in un periodo nerissimo dopo un tentativo di commercializzazione fallito (vedi il brutto Cryptic Writings e l’ingiustificabile Risk) e pure con una formazione precaria, con Al Pitrelli alla chitarra e Jimmy DeGrasso alla batteria. Peraltro all’epoca uscì in sordina, non piacque praticamente a nessuno e in parecchi li sfottevano – peraltro giustamente – per essere ritornati all’ovile dopo aver provato a sfondare. Invece mi piace. Certo, non è che sia un capolavoro, è troppo lungo e ha qualche filler di troppo, la maggior parte dei pezzi può definirsi al massimo carina e una delle due canzoni migliori (l’altra è Disconnect) è una specie di ripresa di Hangar 18 con le note che entrano ed escono dallo spartito originale in modo non troppo dissimile da quanto i Metallica avevano fatto con The Unforgiven 2 – La vendetta.
Però mi piace, o meglio: se dovessi trovare un aggettivo calzante lo definirei gradevole. The World Needs a Hero è un disco gradevole. Lo trovo onesto, in qualche modo: sembra che si siano messi a suonare e abbiano registrato quello che gli veniva, senza puntare alla grande hit né richiedere a sé stessi più di quanto non gli uscisse in quel momento. Ho sempre avuto una fascinazione per i dischi di questo tipo, dimessi, di basso profilo, scarni e con un approccio rilassato. È incredibile che lo abbiano fatto i Megadeth, considerato il personaggio che è Dave Mustaine, considerata la loro storia e considerato ciò che avrebbero poi fatto in futuro. Però rimane il fatto che – a parte quei due pezzi che mi piacciono tanto – The World Needs a Hero è un disco che in sottofondo va benissimo, così placido, tranquillo, sincero e senza pretese.
Michele Romani: Che The World Needs a Hero non sia da annoverare tra le produzioni indimenticabili dei Megadeth è un dato di fatto, ma per quanto mi riguarda non l’ho mai considerato un brutto disco, e non credo si sia mai realmente meritato tutte le critiche che gli sono piovute in passato (per definire ‘sto disco peggio di St Anger bisogna veramente avere qualche rotella fuori posto). È stato anche il disco con cui ho avuto l’occasione di vedere i Megadeth dal vivo per la prima volta nella celebre data del Palaforno del 2001 (anche se parliamo di uno show non proprio indimenticabile), ovvero il tour di supporto proprio al suddetto lavoro. Si tratta se non altro del ritorno al metal di Mustaine e soci dopo quella cagata atomica di Risk, con tanto di Vic Rattlehead in bella mostra in copertina e quel tipico suono di chitarra per cui i Megadeth sono famosi nel mondo, anche se, è bene precisarlo subito, di thrash qua dentro ce n’è poco o nulla. È anche il primo lavoro senza la storica formazione di Rust in Peace e i tre successivi, con l’onesto mestierante De Grasso al posto di Menza e Al Pitrelli al posto di Marty Friedman, che oramai aveva staccato mentalmente coi Megadeth da tempo.
Si parte alla grande con Disconnect, per chi scrive uno dei pezzi più belli degli ultimi Megadeth con quel flavour melodico un po’ alla Youthanasia, per poi seguire con la appena sufficiente titletrack e subito a ruota Motopsycho, uno degli altri highlight del disco. Da questo momento è un po’ un saliscendi continuo, tra pezzi buoni (Burning Bridges, la ballatona Promises), ottimi (Return to Hangar, Dread and the Fugitive Mind, anche se ricorda un po’ troppo Sweating Bullets) ma anche ciofeche come Losing my Senses, Recipe for Hate , 1000 Times Goodbye o il polpettone finale When, in cui praticamente Dave si copia da solo. Un disco sicuramente di passaggio, forse pure un po’ paraculo sotto alcuni aspetti ma comunque in larga parte godibilissimo, che aprirà la strada al lento ritorno al thrash coi lavori successivi.
I Megadeth hanno questa particolarità, pure se non ti fanno impazzire li hai comunque in playlist e i loro pezzi scorrono facile. Se avessi un timbro, come per il vecchio passaporto, per ogni volta che li ho visti dal vivo potrei essere considerato un loro grande fan ma non è così.
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No, per me il peggior parto di Padre Dave. Veramente un raschiamento del fondo del barile senza il minimo pudore. Risk era un capolavoro di bruttezza ed era talmente improbabile che almeno due risate te le potevi fare, questo invece suscitava solo fastidio, un’emerita presa per il sedere. Personalmente faccio fatica a trovare un disco brutto come questo
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Mi piace METALSCANC perchè ti tirano fuori ‘ste robe e non puoi proprio fare a meno di pensarla come loro.
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Mah, per me mediocrità fatta disco. Certo dopo Risk qualsiasi cosa è meglio. E rispetto a St.Anger MOLTO meglio
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Mah, talmente senza infamia e senza lode da averlo cancellato.
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