Ok, ma quanto guadagnano i METALLICA con Spotify?

La rimozione da internet di Parler, la piattaforma dove si stava ritirando Donald Trump una volta bandito da Twitter e Facebook, ha reso evidente anche ai meno edotti in materia uno stato dei fatti altrimenti scontato: il modello economico della Silicon Valley è l’oligopolio più spietato, se non il monopolio in settori specifici, con un attore dominante che progressivamente acquisisce o butta fuori dal mercato i rivali. Amazon ti toglie il web hosting, Android (cioè Google/Alphabet) e Apple ti rimuovono dall’app store e improvvisamente non esisti più. Lo stesso discorso vale per lo streaming, dove l’attore dominante è Spotify.

Le statistiche che, per il primo trimestre del 2020, vedono l’azienda di Daniel Ek (unico player digitale europeo di livello globale, per quel che vale) con una quota di mercato del 32%, maggioranza relativa e non assoluta, vanno interpretate. Apple Music è al 18%, Amazon Music è al 14% e Google (per lo più YouTube Music, che non ha ancora decollato davvero per via di una quantità di contenuti illegali troppo vasta per essere controllata) è al 6%. C’è pure l’11% di Tencent Music ma sono i cinesi, che fanno caso a parte avendo meno alternative, quindi non la consideriamo. Le altre tre sono tra i quattro o cinque titani (i famosi GAFAM) che controllano la rete in occidente e hanno un ecosistema autonomo con miliardi di utenti dalla loro parte, quindi che abbiano una quota di mercato a doppia cifra è grasso che cola. Il confronto vero va fatto con l’1% e il 2% ai quali sono ridotti, rispettivamente, Pandora e Deezer, ormai inesistenti. Sarà interessante capire, numeri alla mano, quale sarà stato l’impatto dell’ingresso nel settore di Tidal che, rivolgendosi alla nicchia degli audofili, punta su una domanda strutturalmente rigida con tendenza all’espansione, come quella degli acquirenti di vinili.

Al netto dei GAFAM, Spotify non ha quindi rivali. E pertanto può dettare condizioni da una posizione di forza, sempre in attesa di capire in quanti sono passati a Tidal (secondo me chi si iscrive a Tidal tendenzialmente continua a tenersi pure Spotify ma è solo una mia idea).

Lo scorso agosto aveva suscitato vivaci polemiche estive un’intervista di Ek a MusicAlly nella quale l’amministratore delegato di Spotify spiegava che gli artisti, se volevano sperare in introiti soddisfacenti, non potevano più pensare di potersi limitare a un album ogni tre o quattro anni ma dovevano proporre nuova musica a cadenza più ravvicinata. Come concetto non è nulla di scandaloso, di fronte a un sistema che in altri comparti (la politica è l’esempio più banale ma anche quello più immediato) costringe a una presenza online continua e impedisce di distrarsi anche solo per mezza giornata.

Nondimeno, arrivarono reazioni irate da alcuni musicisti del nostro giro assai presenti sui social. Mike Portnoy definì il manager “un’avida puttanella” che “ha fatto miliardi rubando e dando via musica altrui“. Sebastian Bach scrisse che avrebbe dato ascolto al manager svedese una volta che avesse pubblicato un disco pure lui. ll più veemente era stato però Dee Snider.

Mentre tu (l’ascoltatore) ti godi Spotify, viene distrutta un’enorme fonte di reddito per gli artisti“, aveva scritto Snider su Twitter, “la quantità di artisti ‘abbastanza ricca’ da sopportare questa perdita è pari allo 0,0001%. La soluzione proposta da Daniel Ek è scrivere e registrare più musica a nostre spese? Che si fotta!“. Dee, purtroppo è esattamente così. E, per il momento, uscire da Spotify non è un’alternativa perché significa sparire, almeno per quelle decine di milioni di persone che usano le playlist personalizzate per seguire le nuove uscite.

Il cambio di paradigma, volendo, è in parte un ritorno agli anni ’60, quando il singolo contava molto più dell’Lp. Con molti meno soldi di mezzo, chiaro. Soldi che, col tempo, stanno pure calando, dato che la quota di fatturato girata all’industria musicale superstite è pure scesa dal 58,9% al 56,4%. Chi sta nello 0,0001% evocato dall’ex cantante dei Twisted Sister, ad ogni modo, non ha di che lamentarsi, anzi. Ovviamente di questo ristrettissimo novero fanno parte i Metallica. Il calcolo è facile perché nel 2012 il gruppo ha chiuso con la Warner e ha il controllo totale dei diritti, quindi le royalty non vengono divise con nessun altro.

Qualche giorno fa tutti i siti di settore se ne sono usciti con il titolo sui Metallica che nel 2020 su Spotify hanno conteggiato 1,1 miliardi di brani ascoltati in streaming, l’equivalente di 99,3 milioni di ore. In (letteralmente) soldoni che significa? Nessuno ha provato a calcolarlo e la cosa mi ha sconvolto abbastanza. Si ritorna a un discorso che ho già fatto in passato: io, quarantenne che scrivo per diletto nei ritagli di tempo tra i cambi di pannolini e il lavoro, non devo occuparmene per forza. Tu, giovanotto, che hai un sito professionale con il quale ambisci a massimizzare gli introiti pubblicitari, devi fare un minimo di giornalismo, che diamine. Se traduci Blabbermouth e basta, la gente si legge direttamente Blabbermouth. Tanto per dare un consiglio gratis.

Per ogni brano ascoltato in streaming, Spotify paga dai 0,006 ai 0,0084 dollari. Nel caso dei Metallica, consideriamo il livello di royalty massimo. Se non hanno un margine di trattativa loro, che fino al 2012 sulla piattaforma manco ci stavano e potrebbero benissimo farsi la loro, non lo ha nessuno. Da un rapido calcolo risulta un giro d’affari legato allo streaming di poco superiore ai 9 milioni di dollari lo scorso anno, che è il fatturato di una media impresa. Già. Se sei così grande, con Spotify non solo tieni botta ma ti compri pure la villa a Hollywood nuova.

I Metallica sono un caso a parte, certo. Ma il modello futuro sarà sempre più legato al singolo e sempre meno all’Lp. É un dato di fatto, con buona pace di Snider, e la recente proliferazione di Ep sembra confermarlo. Se non vi piace, l’unica cosa che potete fare è comprare sempre più dischi fisici. (Ciccio Russo)

 

19 commenti

  • Non servirà a niente ma io continuo a non volerci avere niente a che fare. Detesto Spotify e trovo ridicolo che la musica sia gestita da impostori che nemmeno sanno qual’era la prima formazione dei Pistols (vedi annuncio apparso su facebook tempo fa). Boh, io non la scarico, mi servo su Bandcamp e, quando posso supporto un negozio di dischi che mi sta dando delle gran soddisfazioni. Sono felice lo stesso, non posso avere tutta la musica che voglio subito? Mi fa anche bene, un minimo di sbattimento ci sta. Il mondo va in direzione opposta e ne sono consapevole, in fondo non mi interessa.

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  • Post interessante, ma che fare ? Spendere 22 euro per comprare un CD appena uscito come si faceva una volta ? (anche se adesso probabilmente costano meno). Comunque un musicista può solo concentrarsi sulle sue capacità tecniche in modo da suonare dal vivo in maniera impeccabile, la fruizione si è bella che sistemata così, è inutile fare i Don Chisciotte contro i mulini a vento ( detto da uno “romantico” fino al midollo). Un saluto

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    • Ad esempio ascoltare il disco in streaming e, se ti piace, comprarlo in formato fisico.

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      • infatti, cerco di fare cosi in periodi di vacche grasse ( più o meno ogni cambio di CEO al vaticano ). La mia era una riflessione retorica. Il Don Chisciotte dell’ esempio è me medesimo

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    • Eh, i Cd appena usciti se non costano 22 poco ci manca… Certo quelli delle major tipo century media o nuclear blast sono su quei livelli. Paghi qualcosa meno quelli delle etichette meno professionali ma nemmeno tanto. Il fatto è che se te li compri su internet poi ci devi mettere sopra le spese postali che negli ultimi tre anni sono per lo meno triplicate. Se ti va di culo un cd te lo spediscono a 5.50€, c’è solo Drakkar che ne chiede 3, ma se già ne prendi due i costi cambiano. Qui in Italia abbiamo gente che su discogs fa pagare la spedizione di un Cd usato 9 euro, e se li contatti chiedendogliene una meno onerosa o non ti rispondono o ti mandano affanculo.
      Ottimo supportare il negozietto dei bei tempi passati ma anche qui bisogna rendersi conto che tra le spese di spedizione che si paga il titolare comunque obbligato a ripartirle sul costo finale del pezzo, affitti, bollette, tasse, contributi e un doveroso margine di guadagno per chi ti offre un servizio culturale, i prezzi sono più o meno allineati ovunque.
      Per come la vedo io spotify è letame. Bandcamp è un’altra cosa: puoi ascoltarti il disco prima in buona qualità, puoi comprarne solo l’edizione digitale (alcuni dischi comprendono anche l’artwork, qualora uno volesse stamparsi una propria artigianale edizione fisica), oppure se esiste comprarti anche il cd/vinile/cassetta originale, che arriva sempre (credetemi…ne ho comprati più di 800 su Bandcamp, sono arrivati tutti meno un gruppo di figli di puttana indonesiani, i Choria…fuckin’ ripoffer). Qui però siamo di nuovo da capo, il CD magari te lo vendono a 10/12 euro che sono Ok, solo che poi il prezzo raddoppia per le spese di spedizione. Una tattica sensata è quella di prendersi prima l’edizione digitale, a volte pure name your price quindi se non si vuol fare la figura dei pezzenti gli si scuce un paio di euro che non sono la morte di nessuno; una barca di dischi full lenght girano sui 6, 6.66, 7 euro max. E se poi il disco ti piace una madonna e lo vuoi avere in collezione ti compri anche il fisico. Se si ha pazienza con un po’ di culo si trovano copie praticamente nuove nel mercato dell’usato, o in certe distro dell’est europa che hanno prezzi sovente bassissimi per dischi usciti da uno, due anni max ancora incellophanati, in qusti casi si possono prendere magari 4/6cd in una volta sola abbattendo di molto il costo singolo delle spese di spedizione.

      Il vero problema è che al giorno d’oggi comprare musica è un lusso. Ho personalmente dato dell’idiota a un tipo di un gruppino neonato che chiedeva 8 dollari per il digital download di un Ep di dodici minuti. Tempo mezz’ora l’aveva abbassato a cinque, comunque carissimo. Come se chi vuole ascoltare musica fosse un pollo da spennare.

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    • Cosi a spanne quindi un artisti guadagna 1 euro ogni 200 ascolti di una sia canzone su spotify?

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  • Ho ultilizzato Spotify per un brevissimo lasso di tempo, ho anche scordato le credenziali del mio account. Non posso che sposare quello che è stato detto da nxero sul fatto di dar man forte ai negozi di dischi e Bandcamp, anche se per quest’ultima piattaforma sono ancora scettico nel comprare un disco in forma fisica, che supportano in toto gli artisti.

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    • Un po’ di scetticismo è lecito, ma sicuramente li supporta di più di quanto fa spotify. Ultimamente c’è anche l’iniziativa bandcamp fridays che non mi sembra male e comunque lo streaming è suportato… meglio degli altri di sicuro!

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  • Appena prenotato un Lp edizione limitata 99 copie in uscita a febbraio da una etichetta piccola europea. Bisogna capire chi siamo. Ascoltatori solamente, o collezionisti/sostenitori/fan. Anch’io ho suonato negli anni 90, le 10.000 lire del cd o cassetta non ti cambiavano la vita ma tiravi avanti e andavi in pari coll’economia del gruppo. Io ragiono in piccolo, i macrosistemi li ho abbandonati passati i quaranta

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  • Io continuerò sempre a comprare dischi e a tirarmi dietro le bestemmie di chi mi vive accanto. Spotify et similia li uso semplicemente per scoprire cose nuove e per evitare di acquistare a scatola chiusa.

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  • Se anche i CD costassero 5 euro la massa non li comprerebbe comunque, è sempre più costoso di un abbonamento mensile su Spotify dove per 10 euro o poco più c’è un catalogo sconfinato, non sente più il bisogno di avere il supporto fisico. Perché comprare un album quando nessuno lo ascolta per intero?

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  • Non state considerando un altro grosso problema. Dove li metti i cd? Nelle nostre case sempre più piccole c’è ancora spazio per i supporti fisici? Il mondo sta andando in quella direzione e, forse, l’idea che sta dietro al “i metallica potrebbero farsi il loro servizio di streaming” non è sbagliata. Guardate cosa sta succedendo nel mondo del video dove Netflix ha iniziato a produrre, Amazon idem, Disney si è aperta il suo store.
    Potrebbe succedere anche per la musica? Non credo, ma di sicuro le masse non torneranno a riempirsi la casa di cD.

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  • Aggiungo una cosa che ho scritto su telegram, magari qui mi rispondete: 0,006$ per 100 ascolti fanno 6 euro. Se il cd ha 10 tracce e il fan lo ascolta 20 volte, all’artista arrivano 12$
    Il prezzo di un CD.
    O i numeri sono sbagliati, o è sbagliata la polemica.

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  • ok scusate, ho calcolato con uno zero in meno. Adesso la polemica ci sta tutta 😉

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