La finestra sul porcile: BARBARI

Io e la mia compagna di merende guardiamo sempre film e serie TV insieme. I nostri gusti tendenzialmente collimano, quindi abbiamo sempre una lista di cose che ci interessano e da cui ogni volta decidiamo cosa guardare. Ci sono però delle eccezioni: ad esempio a lei piacciono le serie TV legali, su avvocati, tribunali e accalorate arringhe, quindi ogni tanto capita che lei se ne vede qualcuna mentre io faccio altro o non sono a casa. D’altro canto, io ho sempre una serie di puttanate cosmiche che le risparmio per misericordia cristiana e che tendo a mettere da parte per poi vederle col Tartaruga (un mio amico con cui negli ultimi vent’anni ho visto le peggiori boiate mai prodotte da mano umana, HAIL TARTARUGA!) oppure, più raramente, da vedere da solo. Appena ho sentito che Netflix aveva prodotto una serie tetesca sulla Battaglia di Teutoburgo mi è suonato fortissimo il campanellino della boiata, una specie di senso di ragno della merda, e sulle prime mi sono detto che mai avrei visto una roba del genere. Ma poi sapete com’è, la quarantena, lo smart working, le mezze giornate obbligate, ma sono solo sei puntate da 40 minuti, sono finito a guardarlo.

E sì, effettivamente il mio senso di ragno non sbagliava: Barbari è davvero una puttanata galattica al livello di, non so, Vikings e roba di quel genere. Di più: oltre a essere una puttanata nel classico senso in cui queste operazioni sono di solito una puttanata, nell’ultima puntata – cioè nell’effettiva rappresentazione della Battaglia di Teutoburgo – sfonda il muro del suono della merda e ci ritroviamo il salotto inondato di escrementi come nella famosa scena di Not Another Teen Movie (fondamentale opera che ovviamente ho visto, più volte, insieme al Tartaruga). Andiamo con ordine.

La storia è nota: Arminio, nato nella tribù dei Cherusci ma cresciuto come romano, diventa comandante dell’esercito imperiale, acquisisce la cittadinanza romana ed è stimato da tutti come fulgido esempio di civis romanus e coraggioso guerriero. Tornato in Germania dopo una gloriosa campagna militare in Pannonia, fa il doppio gioco e nel 9 D.C. convince il governatore Lucio Quintilio Varo ad addentrarsi nelle foreste tedesche con circa 25mila uomini (tre legioni e svariati ausiliari), che verranno spazzati via da un ingegnoso sistema di imboscate che Arminio stesso aveva orchestrato insieme ai capi delle varie tribù, unificatesi per la prima volta sotto il suo comando. La vicenda ha molte fonti storiografiche latine, tra cui soprattutto il Germania di Tacito, ma è Svetonio che la impreziosisce con un lampo di sublime lirismo con l’immagine di Augusto che alla notizia della disfatta si dispera gridando, sconsolato, “Varo, restituiscimi le legioni!” (Quintili Vare, legiones redde!).

Varo qui sembra il Cesare di Asterix

Da un punto di vista storico, la Battaglia di Teutoburgo è di importanza capitale perché, dopo di allora, i romani rinunciarono per sempre alla conquista della Germania. Le battaglie che seguirono negli anni successivi furono vinte dai romani, ma si trattò più che altro di spedizioni punitive per lavare l’onta subita (i barbari avevano addirittura rubato le insegne con le aquile, una cosa che non era mai successa prima nella storia di Roma), tant’è che il confine fu stabilito sul Reno e di quello che c’era al di là i romani non si interessarono praticamente più. Hic sunt leones. Le conseguenze sono impossibili da enumerare in breve spazio. Ad esempio, è a causa della Battaglia di Teutoburgo che i tedeschi hanno così pochi termini latini nel proprio vocabolario, ed è a causa di essa se ci sarà sempre diffidenza tra i due popoli, che non ebbero modo di sovrapporsi grazie all’impero romano, come invece accadde a mezza Europa. La figura di Arminio, su cui peraltro si sa pochissimo, è stata ovviamente mitizzata: del resto si parla di una leggenda nata in un ambiente di gente che ignorava la scrittura con la quale tramandare i documenti della propria vita, nel tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio e Augusto (cit.). Si ipotizza che Arminio sia stato il prototipo da cui è nata la leggenda di Sigfrido, ma non lo sapremo mai. Quel che è certo è che la figura di Arminio è divenuta fondante per il sentimento nazionale tedesco, nonostante non fosse altro, a conti fatti, che un vile traditore che è poi stato ucciso dalla sua stessa gente per questioni tribali.

Il monumento ad Arminio sul sito della battaglia

La metto subito giù chiara: se parlerò male di Barbari  non è assolutamente per la sua inaccuratezza storica. È una serie di Netflix, fatta per piacere a più gente possibile e, come detto anche nel mio pezzo su Lords of Chaos, sarebbe stupido pretendere oculatezza storica da un prodotto nato con questi presupposti. Ormai a molte cose si passa sopra senza neanche farci più caso: i vestiti sempre nuovi, lindi e puliti; i villaggi delle tribù, in teoria raggruppanti migliaia di persone ma che qui sono ridotti a cinque case in croce con una ventina di abitanti; i romani cattivi e i barbari buoni; la proprietà di linguaggio e di ragionamento dei barbari, selvaggi antropofagi che passavano il tempo ad uccidersi a vicenda ma che qui sembrano un’educata comunità hippie; il ridicolo ruolo dato ai personaggi femminili, che sarebbe stato anacronistico pure cinquant’anni fa; e così via. Ormai queste cose si sanno, è sempre così, e non ce la si può mica prendere. Così come non ce la si può neanche prendere con le relazioni inventate tra i personaggi, le distorsioni storiche, il ridurre tutto a stereotipi che sviliscono e sminuiscono l’unicità della storia, eccetera. Fino alla penultima puntata i problemi erano soltanto questi, e neanche ci stavo facendo caso: Barbari era solo una puttanata come tante altre.

Il problema serio è l’ultima puntata, che come detto mette in scena la battaglia vera e propria. La battaglia avvenuta nel 9 D.C. fu un capolavoro tattico di Arminio, che non solo unificò le varie litigiosissime tribù germaniche, ma sfruttò il terreno e gli uomini a disposizione in maniera magistrale, dimostrando una conoscenza profondissima di ambedue e una sopraffina intelligenza nel comprendere i punti deboli dell’esercito romano, che fino a quel momento non aveva mai subito una sconfitta di queste proporzioni. La battaglia durò tre giorni, e i romani (di cui 15mila legionari, addestratissimi, disciplinatissimi e con equipaggiamento completo) vennero costretti a camminare nella fitta foresta quasi in fila indiana su svariati chilometri, senza che venisse loro mai data la possibilità di disporsi ordinatamente in campo aperto (situazione in cui l’esercito romano non aveva rivali e in cui sarebbe stato in grado di annichilire anche nemici molto più numerosi). Uno dei punti geniali del piano di Arminio fu proprio quello di allungare a dismisura il serpentone di soldati romani, in modo tale che chi stava dietro non sapesse che cosa stava succedendo davanti e viceversa. Tant’è che, quando ho visto che la serie era solo di 6 puntate, ho pensato fosse interamente incentrata sulla battaglia.

Invece alla battaglia ci si arriva solo all’ultima puntata, e dura circa mezz’oretta. I romani (nonostante i personaggi ripetano spesso che l’esercito è composto da tre legioni) paiono al massimo un migliaio, e rimangono quasi sempre in campo aperto. L’avanguardia si inoltra nella foresta per qualche centinaio di metri, viene spazzata via da qualche decina di barbari e poi la battaglia si sposta sul campo aperto, in cui in quattro e quattr’otto i germani uccidono tutti i romani. Questi ultimi si sparpagliano subito, presi dal panico, e si lasciano massacrare allegramente. Nessuna testuggine, nessuna formazione da battaglia, niente. Si lasciano sgozzare come vitelli da quattro stronzi vestiti da carnevale, proprio nella situazione che in teoria sarebbe loro più congeniale. L’unico motivo per cui quelle tre legioni furono sconfitte è che erano disperse in chilometri di fila indiana in un terreno ostile e ignoto tra paludi, boschi fittissimi, rigagnoli, trappole e una quantità mostruosa di fango, dato che in quei giorni il diluvio battente favorì enormemente i germani, grazie alla loro conoscenza del territorio, all’abitudine a combattere nei boschi e nel fango, e al loro equipaggiamento leggero.

La rappresentazione della Battaglia di Teutoburgo resa in questa maniera è pessima non tanto perché non risponde alla verità storica, ma perché è insultante verso la nostra intelligenza, verso le capacità belliche dell’esercito romano e verso il piano sinceramente geniale di Arminio. Se era così facile sconfiggere i romani, perché i germani non ci avevano provato prima? Perché passano tutto il tempo a dire che è impossibile, che Arminio è pazzo a pensarci, etc? Perché nessuno prima di allora – e nessuno dopo di allora, per un bel po’ di tempo – riuscì a infliggere a Roma una sconfitta del genere? Se bastavano una manciata di straccioni a schiantare l’orgoglio di Roma, allora perché Roma era così grande? La Battaglia di Teutoburgo è stata sempre motivo di scontro ideologico tra noi e i tedeschi, e sarebbe stato comprensibile se questi ultimi – visto che hanno prodotto la serie – avessero ingigantito i propri meriti, ma qui hanno fatto esattamente il contrario. Noi facciamo la figura dei polli, ma loro di sicuro non ci fanno una bella figura, perché in sostanza cosa hanno mai fatto? Un’imboscata come posso organizzarla pure io, ai danni di gente che non riesce a difendersi neanche in maggioranza numerica strabordante e in campo aperto? Se ci avessero messo, che ne so, draghi, unicorni, potenze sovrannaturali, Rey Mysterio a fare 619 dal cavallo o Ken il Guerriero a fare la mossa della distruzione dell’universo a Quintilio Varo sarebbe stato paradossalmente più accettabile: così invece sembra un episodio storico banale, come ce ne sono stati a migliaia, e non si capisce l’enormità delle conseguenze di quella battaglia. Per la prossima stagione, con la campagna di Germanico che va a vendicare le tre legioni, propongo che facciano direttamente un duello rusticano tra Germanico e Arminio, oppure una sfida a braccio di ferro, o meglio ancora a zampa di ferro, come Diego Abatantuono. Ma vaffanculo. Meno male che quantomeno alla mia compagna di merende gliel’ho risparmiata ‘sta puttanata. (barg)

17 commenti

  • Avevo annusato la porcata. Adesso che ne ho la conferma mi risparmio un po’ di tempo. Grazie!

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  • Sono venuto qui solo per vedere citato il disco dei Rebellion.
    Vikings però era tutt’altro che una puttanata: le prime due stagioni erano ottime sia a livello di drammaturgia che di ricostruzione storica. Poi dalla terza è diventata una fan fiction, vero, ma la base di partenza era molto ben fatta con il contributo di History Channel.

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  • E’ la stessa cosa che ho pensato io senza conoscerne però la storia vera da cui è tratta la serie. Mollata alla 5 puntata, mi risparmierò quindi la 6. Lei però è nà figa pajura.
    Se posso, tu e la compagna di merende ora datevi anima e corpo a “The Queen’s Gambit” sempre su Netflix: taaaaanta roba

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  • L’anno scorso ho fatto un bel giro per Teutoburgo per arrivare fino al monumento ad Arminio. E riflettevo che questi hanno speso soldi per glorificare un tradimento vigliacco, un’imboscata ed il conseguente massacro. Come se noi avessimo un monumento al fratricidio di Romolo. O allo stupro delle sabine, con i seguaci di Romolo rappresentati come muscolosi Manowar e le sabine ai loro piedi che non aspettavano altro.

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  • Sarebbe una rubrica da prendere in considerazione, intendo ” casa Bargone” !

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  • Se quel social network blu scopre la fonte della citazione…

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  • Quindi mi state dicendo che Marco Polo non ha davvero imparato il Kung fu in Cina? Ma come vengo a sapere male le cose!

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  • Gioal Canestrelli

    “La metto subito giù chiara: se parlerò male di Barbari non è assolutamente per la sua inaccuratezza storica.”
    …e ti credo!
    Se sei ignorante come la merda, e l’autore della recensione lo palesa con una carrellata di puttanate fotoniche immediatamente dopo questa dichiarazione, che uno non si cimenti a giudicare l’accuratezza storica direi che è il minimo.
    …e no, non c’è gentilezza per chi si esprime scrivendo “sfonda il muro del suono della merda e ci ritroviamo il salotto inondato di escrementi”
    …non gli si può dire “scusi, ma avendo concluso un percorso di studi classici mi sento di dirle che dalle sue affermazioni è evidente che lei non padroneggia propriamente il quadro storico”.
    Nono… gli si dice proprio “sei ignorante come la merda” 🙂

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