Musica di un certo livello #35: NECROPHOBIC, DEATH THE LEVELLER

Nel 2018 i NECROPHOBIC ci sputavano in faccia a nome Mark of the Necrogram, una sfilza di pezzoni cacati fuori direttamente dai migliori anni della nostra vita, anticipati da un singolo che definire esplosivo era proprio il minimo sindacale. Gli effetti provocati da Tsar Bomba furono tanto devastanti e perduranti da farmi inserire quel disco tra le cose migliori uscite negli ultimi due lustri. Salto tutto il discorso sulle attese e sul fatto che quando metti l’asticella così alta la volta dopo devi zompare ancora più in alto e bla bla bla, ed ammetto serenamente che, pur non avendo più vent’anni da circa vent’anni, ancora mi succede, seppur sempre più raramente, di sentire quel friccicorìo in zona scrotale quando sto per mettere su un brano che potenzialmente mi può far venire il durello. E così a luglio gli svedesi se ne escono con un inatteso tormentone estivo, Mirror Black, che non mi è esploso in faccia sfigurandomi orribilmente i connotati come accaduto ai tempi della bomba sovietica, ma che ha comunque provocato un discreto alzabandiera. Però amici e soprattuttamente amiche, prudentemente si rinfodera la spada, doccetta fredda e tutti zitti che la scaramanzia è d’obbligo: fai caso questi ci hanno in canna il Mark of the Necrogram capitolo II? La sborrata è solo posticipata. E invece pensavo meglio. Dawn of the Damned è pur sempre un onestissimo disco (praticamente ciò che era lecito aspettarsi dai nostri dopo la suddetta botta di ispirazione) e c’è roba buona dentro (Tartarian Winds, Dawn of the Damned), sebbene nulla al livello del singolo, che resta l’episodio più alto dell’album, e niente che ti rimanga particolarmente in testa una volta spenta la consueta sigaretta post-coitale. Ed è ok, dai, non si può pretendere di fare ogni volta i numeri da circo e ci si fa andare bene pure un bocchinello di mestiere.

Doom, Irlanda, Cruz del Sur: potrei pure fermarmi qui per farvi intuire che stiamo parlando di uno degli album migliori di questo funesto ventiventi. Sicuramente il full di esordio migliore: II. Quella dei DEATH THE LEVELLER (se fai doom e ti presenti con un nome così per me hai già vinto a prescindere) è una formazione recente, i cui membri provengono da una lunga tradizione di band irlandesi che affonda i propri riferimenti nel doom ammantato di elementi di matrice gaelica (Mael Mórdha). Con questa formazione i quattro dubliners rinunciano alle proprie radici musicali e si attestano su un canovaccio per nulla folcloristico fatto di questa latente epicità, merito principalmente del cantato enfatico e predominante di Denis Dowling, mista a una costante malinconia, con atmosfere e testi che ispirano i classici stati d’animo e sentimenti che ruotano intorno ai concetti di rinuncia, perdita ed ineluttabilità: insomma, er doom. Fanno ciò con un gusto dettato dall’esperienza e dall’avere le idee chiare sul dove si vuole andare a parare (per ogni eventuale conferma sentite il precedente EP), senza calcare la mano o indulgere troppo nelle classiche distorsioni grasse o cupe, rendendo il tutto musicalmente soft, più rock che metal se vogliamo, e creando un delizioso cortocircuito rispetto alle tematiche e all’andamento dilatato. La personalità è evidente, nonostante la matrice candlemassiana sia altrettanto evidente. Quattro lunghi brani per un disco dal minutaggio finalmente giusto, in cui spicca una So They May Face the Rising Sun che è poesia pura. Ripeto: uno degli album migliori del 2020. (Charles)

 

2 commenti

  • A me sti Death the Leveller non fanno impazzire. Un paio di lustri fa i 40 Watt Sun hanno fatto un disco pressoché identico, The Inside Room. Tra l’altro il qui presente singer scimmiotta clamorosamente Patrick Walker nel timbro e Alan Averill nelle inflessioni tonali.
    De gustibus, comunque, mi pare evidente.
    I Necrophobic hanno fatto un discone invece, che merita un certo numero di ascolti. È meno immediato del precedente ma Ramstedt ha fatto un lavoro pazzesco e suonano con una carica da esordienti. Peccato per i suoni troppo laccati.

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  • ma sono io, l’unico povero pirla a cui non è piaciuto “Mark Of The Necrogram”? Andai all’ascolto gasatissimo per le recensioni ultrapositive, ma dopo qualche ascolto ho mollato che non mi comunicava niente…dovrei provare a riprenderlo…incuriosito dai Death The Leveller…

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