L’album che mi ha fatto innamorare degli Iron Maiden

A pensarci bene mi sono avvicinato agli Iron Maiden con tre album non proprio fondamentali. Allacciate le cinture perché la faccenda si fa pesante.

No Prayer for the Dying – il primo ricevuto in cassetta in un’epoca in cui neanche ero metallaro. Mi innamorai non so come e perché del suo suono minimale, da presa diretta, al punto che avrei tentato di ricercarlo in Fear of the Dark e nei successivi, ma non c’era già più. La metà delle canzoni erano una merda, ma come accade con le cose con cui cresci, a Tailgunner e Bring your Daughter… to the Slaughter diedi fin da subito un peso specifico molto più alto del dovuto.

Fear of the Dark – un acquisto obbligato dal fatto che suonavo la title-track insieme al gruppo della scuola. Aveva un pezzo o due in più del precedente, e, in particolar modo, Be Quick or be Dead era il prototipo di apripista esplosiva che ogni album degli Iron Maiden avrebbe meritato di tenere in prima fila. Avevo la maglietta, avevo la musicassetta, e un giorno ne avrei comperato perfino il compact disc. Per mia fortuna non fu messa in produzione la carta da parati di Fear of the Dark, che lì per lì identificai in una sorta di “classico”, di “must have”. Era il 1995 quando ci entrai in contatto, un anno più tardi mi sarei considerato a tutti gli effetti un metallaro.

Virtual XI – il videoclip di The Angel and the Gambler e il tour insieme agli Helloween mi fecero comprendere due cose. La prima era che non si poteva scegliere una suite lunga dieci minuti come singolo, neppure tagliandola per l’occasione, specie se questa era affetta da un ritornello occupante più di metà brano e per giunta brutto. Il videoclip stesso, aggiungo, niente era se non l’aggravante al problema strutturale di cui ho accennato sopra. Inoltre al concerto mi resi conto d’esser lì per gli Helloween di Better Than Raw, un album semplicemente meraviglioso, anche se la cosa mi fece provare un relativo senso di ingratitudine nei confronti della nave madre. Ma ben presto gli avrei chiesto scusa per questo, e per altri ingloriosi precedenti.

L’unico espediente per innamorarmi definitivamente di loro fu Brave New World. Non ci crederete, ma gli Iron Maiden per me sono stati una scoperta postuma. Nel 1997 già possedevo ogni loro album eppure facevo lo schizzinoso, e, per farla breve, mi consideravo schierato fra quelli che Paul Di Anno sì, Bruce Dickinson solo fino a un certo punto. Non avevo niente contro l’ex cantante dei Samson di Shock Tactics, ma credo che a ognuno di noi sia capitato di metterci tanto a farsela prender bene per qualche gruppo storico. Ancora oggi nel rock d’antologia digerisco malissimo i Dire Straits e non vado oltre un paio d’album dei Def Leppard, ad esempio. Con gli Iron Maiden era muro contro muro: i primi due album, e poi le due robette con cui ero cresciuto giusto per un fatto di cuore. Il resto era in stallo, ma aspettavo il momento giusto per giudicarlo davvero.

 

Nel 2000 uscì Brave New World e all’improvviso Bruce Dickinson divenne una sorta di rimedio contro tutti i mali, come se per qualche anno avessero ingaggiato il panettiere o se questo Blaze avesse commesso qualche imperdonabile fatalità, tipo accoltellare sul pianerottolo Steve Harris dopo che quest’ultimo era andato in giro a screditare i suoi Wolfsbane, e dopo aver rinvenuto il biondo Janick, esanime, seccato con un colpo di pistola alla testa in un casolare della campagna inglese. “Scusate per tutte le stronzate che faccio sul palco”.

Non ero mai impazzito per Bruce Dickinson e ora attendevo così tanto Brave New World?

Il Gods of Metal a Monza fu la scintilla finale: arrivai alla loro esibizione che già conoscevo a menadito i pezzi di questo Brave New World. Le cose stavano più o meno così:

Primo. La produzione di Kevin Shirley era una roba più da hard rock melodico che allineata alle mie esigenze. Eppure ebbi modo di rivivere le stesse sensazioni avute da ragazzino con No Prayer for the Dying: l’imperfezione di un album che alla fine ne diventa una insostituibile peculiarità. Brave New World era perfetto così: oggi lo risento e non c’è una sola levetta che sposterei, lì dentro. Altrimenti perderebbe tutta la sua personalità, un po’ quel che hanno fatto con Enemies of Reality spolverandolo e lucidandolo come fosse un negozio di cristalli.

Secondo. La necessità di ascoltare pezzi recenti nella scaletta di un gruppo che ha scritto Powerslave, Killers, The Trooper. Magari questi qua per fare una Dream of Mirrors dovevano tagliar fuori una The Prisoner, avete presente il concetto? A me quel concetto andava benissimo, io li pretendevo quei pezzi e fu un metro per ritenere Brave New World importante, per non dire epocale. Brave New World è l’ultimo album mostruoso di una band che di lì in poi avrebbe sbagliato pure le copertine, dal commissionare un artwork al sacro Dave Patchett fino a modificarglielo in modo orrendo, per poi perdersi in quelle derive progressive e in quella logorroicità di fondo che ha caratterizzato tutte le loro produzioni postume. Brave New World era prolisso in molte sue parti, ma, esattamente come nel caso dei suoni, non necessitava affatto di una differente impostazione. Ascolto questo classico, poiché di nient’altro si tratta, con maggior piacere di quanto ne provi al cospetto di alcuni loro titoli inattaccabili di fine anni Ottanta: non sono mai andato matto per Seventh Son of a Seventh Son, per dirne uno, anche se ha qualcosa come quattro pezzi spaventosi che però cozzano con una forma a me indigesta.

Ritornato a casa da quel festival smaltii la sbornia che già ne iniziava un’altra: mesi e mesi ad ascoltare i vecchi Iron Maiden, album e classici che mi pareva di conoscere a memoria, e che ora, soltanto ora, rileggevo sotto un’altra ottica, apprezzandone sfumature che mi ero sadicamente tenuto nascosto da solo. Soltanto allora stabilii che Piece of Mind era il mio album preferito della vergine di ferro, ma una cosa me l’ero messa in testa subito: Brave New World era bellissimo, e su questo aspetto non ho mai voluto discutere o ritrattare. (Marco Belardi)

15 commenti

  • Fear of the Dark rimane PER ME uno dei loro migliori dischi dell’intera discografia. Comprato al day one all’epoca e subito lo adorai, non riuscendo davvero a capire come le recensioni dei vai giornali di allora lo stroncarono. Per me era e rimane il fottuto TOP!!!!

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  • Giusto, Brave New World è bellissimo: per come suona, per quello che ha significato, per quanto lo abbiamo aspettato, perché insieme al singolo di Wicker Man c’era allegato un sottobicchiere (da birra) con la faccia stilizzata di Eddie, perché un bel disco degli Iron Maiden fa piazza pulita di tante altre cazzate. Perché, comunque sia, Brave New World è METAL.

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  • Andrew 'Old and Wise'

    De gustibus, etc… etc… Ognuno ha la sua storia e la musica spesso si salda a essa in un modo che nemmeno si può spiegare. Brave New World sono riuscito ad ascoltarlo anche meno volte di Dance Of Death, anche se qualcuna in più degli orrori venuti in seguito ( tutti comprati, meno Book of Souls, lì proprio non ce l’ho fatta più). Fear of the dark? Noioso, e del brano omonimo non ho mai capito la fama da cui è circondato, lo considero l’inizio ufficiale delle lagne harrisiane successive. Per dire, ho iniziato a sentire sul serio i Maiden con Seventh Son of a Seventh son, e lo considero un album eccellente, quasi all’altezza di Powerslave e Piece of Mind, mentre NOTB è il vertice assoluto, as for me. Insomma, il bello dei Maiden è che nessuno li odia, anche se ognuno ha il suo album preferito. Forse solo l’orrore di Virtual XI mette d’accordo tutti….

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  • Io conobbi i Maiden con Fear of the Dark, e con loro fece l’ingresso il metal nella mia vita. Non capivo nulla: ricordo di gente che scriveva alle riviste estasiata parlandone come del più grande capolavoro mai fatto, ecc.
    Oggi lo vedo con un disco molto modesto, con alcuni pezzi memorabili ma poco più (a parte la title track, per me un capolavoro, ma che un mio amico ha sempre odiato lamentandosene puntualmente a tutti i concerti! 😀 )

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  • per me, classe 88, tutto cominciò con il video di The wicker man in rotazione su Rete A (sic!),
    quindi da questo momento in poi seguirò finalmente Avere vent’anni con la memoria del testimone oculare.
    Comunque gran disco.

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  • Condivido buona parte del tuo discorso….. quando sono andata a vedere gli iron al palatenda di Lampugnano ……sono rimasta di merda nel vedere uscire dalle quinte Bruce…….mi sembrava una scimmia urlatrice…..avevo ancora davanti agli occhi Paul…..al concerto di supporter ai Kiss…..ci sono voluti anni x riscoprire le doti vocali di Dickinson….e purtroppo quelle andate a morire di Paul che ho rivisto mio malgrado ad un moto raduno …….analisi finale: x me gli iron sono la soundtrack della mia esistenza…….da vecchia metallara conservo tutto da chiodo a magliette a pigiamino con su Eddy……..

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  • Brave New World é uno dei migliori album dei Maiden, un colpo di coda bellissimo, spinto da una produzione e da un Dick cazzo duro. Dopo, a parte qualche pezzo da Dance, ho sentito poca roba buona.

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  • Io mi sono innamorato degli Iron Maiden 30 anni prima!

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  • Transilvania 1980

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