Prenota le tue vacanze estive con METAL SKUNK


Vi racconterò quello che ho vissuto poco più di un anno fa, affinché possiate evitare di commettere il mio stesso errore.

Mi si libera un weekend. È una di quelle cose rare, come il contachilometri che indica 066666, quei motivi per i quali varrebbe la pena di fermarsi un minuto e rifletterci sopra. Prenotiamo presso un hotel in Versilia per passare un po’ di tempo al mare ed andare a trovare una coppia di amici che abita da quelle parti. Fin qui tutto bene: serenamente lascio che mia moglie, e compagna da circa undici anni, si occupi di individuare su Booking il soggiorno più adatto. Quello che non sapevo è che mi avrebbe involontariamente punito per tutto il black metal ascoltato in questi anni.

Il viaggio va alla grande, A11, il solito asfalto spettacolare che a Firenze non esiste proprio. Al nostro arrivo non c’è l’ombra di un parcheggio in tutto il quartiere, ma l’hotel assicura di averne uno privato e la strada in cui esso si colloca è talmente stretta, che rischierò di grattare a morte gli specchietti retrovisori della mia umile monovolume. Romperne uno significherebbe il fallout. Alzo lo sguardo e noto l’insegna dell’hotel: sapevo benissimo come si chiamasse, ma l’avevo prevedibilmente dimenticato a venticinque secondi dalla avvenuta prenotazione. È un nome di persona, però mi ritorna in mente il suo retrogusto religioso, e tutto ad un tratto inizio a sudare freddo; provo a cavarmela con una di quelle battutine del cazzo che ti escono quando vuoi sdrammatizzare a tutti i costi. Ma che è, un convento? In fin dei conti si trattava dell’unico albergo libero nella settimana di Ferragosto, ci tengo a sottolinearlo, a cifre fattibili. Vengo ignorato, parcheggio a fatica in spazi pensati per una Smart a due posti, ed esco dall’abitacolo per occuparmi dei bagagli. Tutto intorno, piccole aiuole piene di fiori sistemate laddove dovresti fare manovra con gli pneumatici: mi sembra a tutti gli effetti una trappola. È a quel punto che arrivano loro.

Sono entrambe alte centocinquanta centimetri, hanno gli occhiali e un sorriso stampato in faccia che mi convince, in meno di un attimo, che la notte stessa entreranno in camera e mi uccideranno. I miei cani lo capiscono e la prendono subito malissimo. Si avvicinano sornione e fanno anche loro qualche battuta sui piccoli mammiferi, sempre per sdrammatizzare. Realizzo che si sbarazzeranno di essi per primi, nella stessa misura in cui taglieresti i cavi dell’elettricità per isolare l’abitazione in cui intendi colpire. Una di loro, la più alta – centocinquantadue centimetri – nonché maggiormente severa, sfoggia un accento sudamericano e mi invita a entrare, perchè chi dirige quel posto è fuori per delle commissioni e tornerà a breve. Assomiglia al commissario tecnico del Cile. L’altra è affetta da un malaugurante mutismo che mi fa ripensare alla bellissima Silence Is Deafening dei Napalm Death.

Sembra il set di Suspiria, soltanto ribaltato a tema religioso: la presenza coatta di due soggetti così inquietanti mi fa pensare che, se la terza deve ancora arrivare, e la terza è colei che comanda, presto mi ritroverò al cospetto di Nyarlathotep o qualcosa di altrettanto lovecraftiano. Passano i minuti, bagagli tutti da disfare, poche ore prima della cena con gli amici locali. Mentre mi ripetono che è fuori per comprare il salmone, posso solo far caso al fatto che ci sono foto di santità dappertutto. E che noi abbiamo davvero prenotato qui. Mia moglie inizia a svalvolare, io, a riordinare dal migliore al peggiore gli album dei Marduk alla maniera di Loudwire: è allora che arriva il Comandante, la Mater Prenotarum, che cazzia all’istante le altre due per non averci già dato le chiavi della stanza. Panzer Division Marduk, Opus Nocturne, Nightwing, Those Of The Unlight, Plague Angel, Serpent Sermon, Heaven Shall Burn, mi interrompo. La sento parlare, mi volto, è ancora più bassa delle sue dirette subordinate e mi avverte che alle 7.00 di domattina dovrò avere spostato l’automobile perché lei, a quell’ora, esce dal cosiddetto parcheggio per recarsi a Messa. Il lato oscuro della Versilia, ben oltre i trans muscolosi e tricotici di Migliarino, i gamberi killer del lago di Massaciuccoli e le acque torbide che bagnano Viareggio: dopo quel confine ci sono soltanto loro tre, e in quel momento, io – metallaro ancora per poche ore – gli appartengo.

Inizio a temere che da qualche parte ci sia una sorta di cappella privata, magari nei sotterranei in cui finirò prigioniero. La camera è la cosa più austera che abbia mai visto in vita mia, il corridoio per raggiungerla presenta icone religiose a cadenza regolare, raffigurate su quadri sempre più grossi. Di fronte alla nostra stanza, lo capiamo subito, c’è quella del Comandante come a ribadire che Dio mi vede e soprattutto mi sentirebbe se facessi determinate cose: entriamo, il crocifisso è enorme, in scala 1:2 e da un momento all’altro temo possa iniziare a parlarmi male degli Slayer. Uscirà puntualissima per andare a Messa, e dal rumore emesso dalla Fiat Panda sembrerà che ci sia montata una di quelle marmitte gigantesche proprio come facevamo con gli scooter nel 1997. Il salmone, inoltre, non le ha minimamente dato noia nonostante la prolungata esposizione alla calura nei quarantacinque minuti che hanno preceduto il suo rientro: lo davo per scontato, e se solo fosse stata umana, la dissenteria l’avrebbe colta in nottata come accadeva ai prigionieri della Guyana francese. Impreco ogni volta che entro nell’ascensore per andare su e giù: è un solo piano, ma quali incontri potrei fare passando per le scale?

La notte era trascorsa senza rumori sinistri o ferite che non si rimarginano. Al mattino finiamo nella sala dove è prevista la colazione: la gente che alloggiava lì. La gente che alloggiava lì, eccetto noi, sapeva benissimo di trovarsi lì. Le loro facce, i loro modi. Nessun fan dei Sarcofago aveva mai messo piede in quel luogo, e tecnicamente avrei dovuto prendere fuoco parcheggiando, rotolandomi sulla trappola floreale per spegnermi, e implorando che i miei fidi Cavalier King Charles Spaniel facessero qualsiasi cosa, tipo pisciare sulle fiamme, pur di salvarmi. Chiediamo un cappuccino, ci arriva questo brodo di caffè e latte, e sembra una mareggiata di quelle che lasciano grossi rami troncati di fronte al Bagno Nettuno. E mia moglie non sa che cosa ci si perde a non essere metallari (cit.), ma, in questo caso, molto meglio per lei. (Marco Belardi)

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