Brevi recensioni alla cazzo di cane: IRON SAVIOR, THORNBRIDGE, FIFTH ANGEL

IRON SAVIOR – Kill Or Get Killed

Purtroppo, alla data stellare 303800, è accaduto che le batterie degli Iron Savior si sono esaurite del tutto ed ormai la nave, in orbita geosincrona sul pianeta da più di vent’anni, è destinata a impattare sulla superficie nel giro di qualche anno. D’altronde era facilmente immaginabile: un solo compositore, stesso genere di sempre, dischi a cadenza biennale e, non ultima, indubbia provenienza tedesca, sono i fattori che hanno determinato l’ormai definitivo scadimento qualitativo del gruppo composto da Piet Sielck and the boys, come li chiama lui. Un po’ mi spiace perché, al di là di evidenti vincoli contrattuali, la passione indubbiamente c’è ancora, però è passione alla crucca, ovvero quella per la formula ripetuta all’infinito perché tanto funziona sempre e ormai sappiamo fare solo così. Che poi qualche pezzo carino pure c’è, non è proprio la merda, però insomma, su. ‘Sto disco non serve a un cazzo e non ha senso in nessuna maniera possibile. Mi spiace per Piet and the boys, che hanno sempre la mia simpatia, e mi auguro che si riprendano prima di andare a fuoco al rientro in atmosfera nella speranza che, nell’infausta ipotesi, almeno, si schiantino con tutto l’Iron Savior sulla Merkel e su Schauble, e finisca tutto in un’orgia di fuoco nucleare purificatore.

THORNBRIDGE – Theatrical Masterpiece

Sempre dalla Germania arrivano questi Thornbridge, ovvero quattro tizi giunti al secondo disco e innamorati dei Blind Guardian (diciamo del periodo Nightfall, tanto per rendere l’idea) e del power metal crucco più in generale, il cui difetto più evidente risiede nella voce del chitarrista/cantante Patrick Rogalski, che peraltro ha il giusto fascino da punkabbestia con cane pulcioso al seguito che t’aspetteresti da qualcuno che suona, boh?, folk del cazzo (o non saprei, che cazzo ascoltano i punkabbestia? Punk? Ska? Liscio?), ma non power metal tedesco coi cori e la doppia cassa, diciamo. L’altro chitarrista, un po’ più sobrio, è il perfetto emulo di André Olbrich, d infatti l’ho apprezzato in più di un passaggio, specie nella veloce Revelation, dove effettivamente l’influenza Blind Guardian emerge prepotente più che in altri frangenti del disco, e dove peraltro ad aiutare il nostro punkabbestia arriva la voce di Andy B. Franck dai Brainstorm, alzando non poco il livello del brano. Ecco, forse l’unico altro appunto che potrei fare ai Thornbridge è un certa ripetitività nei ritornelli, più che altro per l’abuso dei cori che dopo un po’ fa sì che tendano un po’ a somigliarsi l’un l’altro. Per il resto un disco tutto sommato gradevole, dai. Promossi.

FIFTH ANGEL – The Third Secret

I Fifth Angel sono un gruppo americano, attivo nella seconda metà degli anni Ottanta e poi scomparso dalle scene, che incise un paio di album, pare molto apprezzati all’epoca. Io personalmente non li ho mai ascoltati, sicché questa reunion dopo mille anni non è che l’attendessi particolarmente (ovvero non ne sapevo assolutamente nulla). Devo dire che The Third Secret è un ottimo disco: ovviamente si sente che provengono da un’altra epoca, ma è gente di più di cinquant’anni che ci mette l’anima pur sapendo di non cavarci alcunché se non rimettendoci proprio e quindi, amici cari, già solo per questo più che apprezzabile. Com’è apprezzabile, anzi un po’ di più che apprezzabile per la verità, il lavoro dietro al microfono del chitarrista Kendall Betchel (in sostituzione del cantante originale, non presente in questa formazione), autore di una prestazione maiuscola e che, secondo me, potrebbe tranquillamente buttare via la chitarra per dedicarsi al canto in pianta stabile. Pezzi migliori This Is War, The Third Secret, Stars Are Falling e Can You Hear Me ma tutto il disco scorre che è un piacere. Se vi piace l’heavy metal classico di scuola americana ve lo consiglio caldamente, poi fate come vi pare. (Cesare Carrozzi)

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