LORDS OF CHAOS: il film sul black metal senza il black metal

Io all’inizio non volevo scrivere niente su questo film. Anzi, di più: non volevo che nessuno scrivesse niente su questo film. Poi è accaduto l’imprevedibile: ad alcuni dei miei sodali qui non è dispiaciuto, e mi sono quindi sentito in dovere di metterci una pezza. Io pensavo fosse chiaro come il sole che questa robaccia fosse un grottesco insulto, una spocchiosa derisione che ci ferisce nell’intimo, perché questo è, e questo rimane anche se facciamo i superiori dicendo che è solo un film, non fare il fanboy, eccetera. Siamo o no da ormai decenni totalmente consumati all’ascolto della nostra musica dal momento in cui ci alziamo al momento in cui ci addormentiamo? Abbiamo o no speso cifre folli per quantità spropositate di dischi, concerti, trasferte, magliette e tutto il resto? Abbiamo o no trascurato parecchie cose per dedicarci alla musica? E vedete che questo non è normale. È proprio questo che ci rende diversi, in quanto appassionati terminali di musica, dal resto della popolazione che magari è appassionata di qualcos’altro o, il più delle volte, non è appassionata ad alcunché. Ed è chiaro, chiarissimo, e lo è stato sin dal primo momento, che una produzione del genere, con questi costi, queste persone coinvolte, questi soldi investiti da qualcuno che si aspetta un ritorno commisurato al tantissimo che ha speso, è chiaro che non potesse essere rivolta a noi. Noi siamo pochi, molto pochi, e siamo pure rompicoglioni. È rivolta al grande pubblico, e tutta la faccenda dell’Inner Circle non è che un pretesto, un soggetto a caso scelto tra le sceneggiature che circolavano sulle scrivanie dei produttori, in mezzo a quella sul cane rapito che riesce a fuggire e ritrova la via di casa, e a quella sul detective dal grilletto facile che sgomina la banda di criminali che vogliono uccidere il governatore del Wisconsin.

Perché il problema vero di Lords of Chaos, il suo nocciolo e la sua ragion d’essere, è che non c’è la musica. In tutto il film vengono nominati solo due gruppi: Mayhem e Burzum. Manca completamente l’elemento fondante di tutto ciò che è successo in quegli anni, il collante che lega insieme ogni evento e ogni personaggio, nonché il motivo per cui ancora ci ricordiamo di quelle persone e non degli Absurd o delle Bestie di Satana.

Gli Absurd e le Bestie di Satana hanno ucciso persone. Molte di più, peraltro, rispetto a quelle uccise in Norvegia in quel periodo. Hanno desecrato tombe, bruciato chiese, molestato suore, sono stati protagonisti di torbide storie di messe nere nei cimiteri e varie simili amenità; ma nessuno se li ricorda, e a nessuno importerebbe nulla se ci facessero un film stravolgendo ciò che effettivamente successe. Ma le loro imprese criminali non avevano altro scopo se non sé stesse: sì, gli Absurd erano un gruppo musicale, ma nulla di più; e le Bestie di Satana, beh, erano quattro coglioni il cui unico posto nel mondo era un manicomio criminale.

La vicenda narrata in Lords of Chaos è completamente diversa. Ogni singola persona che girava intorno all’Inner Circle suonava in un gruppo della madonna e componeva capolavori assoluti, pietre miliari della musica estrema che nessuno aveva mai composto prima e a cui nessuno delle decine di migliaia di imitatori successivi si è più neanche avvicinato. Darkthrone, Immortal, Enslaved, Emperor, Satyricon, Thorns, e tutto il sottobosco di gente che gravitava intorno, coi loro primi album hanno scritto pagine assurde della storia della musica, quando erano quasi tutti minorenni, mantenendo sempre inequivocabile il proprio stile al punto che ognuno di quei gruppi da solo avrebbe con la propria influenza dato vita ad un sottogenere; e tutto questo è avvenuto a causa di Euronymous. Niente di tutto quello che è successo, musicalmente parlando, sarebbe successo senza Euronymous. Sono loro stessi a dirlo. I Darkthrone facevano death metal con le tastiere e dopo averlo conosciuto hanno scritto A Blaze in the Northern Sky, il primo disco della scena black norvegese in assoluto, che portava questa scritta all’interno.

Ed Euronymous era vivo e vegeto, all’epoca.

Se togli tutto questo, cosa rimane? Un branco di ragazzini sfigati che giocavano a fare i cattivi e bruciavano le chiese. Come le Bestie di Satana. Ma allora che cazzo. Non prendere in considerazione l’aspetto musicale vuol dire sputare su tutto ciò che è stato, tutto ciò che in modo incredibile e totalmente inaspettato ha portato alla nascita del black metal norvegese, un genere così peculiare e fuori dagli schemi che nella sua forma pura e originaria è durato pochissimo, se non nelle copie carbone degli imitatori. Perché tutto ciò fosse credibile, perché la sospensione d’incredulità prendesse il sopravvento in noi ascoltatori ma soprattutto in quei ragazzini che stavano creando tutto ciò, c’è voluto qualcuno che in qualche modo che noi possiamo solo intuire è riuscito a creare un manifesto spirituale e a coagulare delle urgenze intime e canalizzarle verso un genere musicale nuovo ed incredibilmente evocativo, forse evocativo come nessun altro mai. E in questo ambiente esasperato e portato all’estremo si sono formate delle spinte creative a cui Euronymous ha saputo dare corpo, creando una rete di gruppi a livello mondiale e facilitando la creazione di scene almeno teoricamente analoghe in Svezia, Grecia, Mitteleuropa e persino Giappone.

È ovvio che il grande pubblico non può capire tutto questo. Capirà benissimo invece il film dei Motley Crue che sta per fare Netflix: perché quella è davvero una storia di persone che fanno casino, copulano, si drogano, e fanno musica da scapocciarci su. Qualunque spettatore con l’orecchio vagamente allenato al rock, tipo l’ascoltatore medio di Virgin Radio, può entrare nelle corde del film dei Motley Crue. Se io ascolto rock, ma non ho mai sentito i Motley Crue, è impossibile che non mi metta a scapocciare con Live Wire; è impossibile che non mi piaccia Girls Girls Girls. Qui invece stiamo parlando del black metal norvegese, non so se avete presente. A chi può piacere il black metal, seriamente parlando, se non a noi, diciamo così? Ce lo vedete un fan di Vasco che sente il black metal norvegese per la prima volta e dice “mah, non è male sta roba”? Il black metal non funziona, non è roba per il grande pubblico A MENO CHE non lo metti, in piccole dosi, in un film su dei ragazzini che si ammazzano e che SICCOME sono strani e sfigati e potenzialmente violenti suonano anche una musica di merda casinara a volumi immondi. Allora sì, funziona. Come musica di merda casinara a volumi immondi sì, funziona.

Ed è precisamente quello che è successo in questo videoclip di due ore, con personaggi tagliati con l’accetta, ruoli standardizzati come l’Euronymous che alla fine è un bravo ragazzo che voleva solo fare un po’ di casino ma poi si è ritrovato trascinato dagli eventi e da quel cattivone di Varg Vikernes, perché lui in fondo si era pure trovato la fidanzatina che gli taglia i capelli, gli fa mettere la camiciola bianca e lo redime, lontano da quella musica di merda casinara a volumi immondi. Minuti interminabili sprecati a indulgere morbosamente in dettagli di carni tagliate, gole squarciate, cervella sparse, amplessi insistiti, e neanche un secondo ad approfondire una qualsiasi delle migliaia di cose che si potevano approfondire, a partire dalla figura di Metalion, che qui sembra l’amichetto ciccione scemo che fa le foto e invece ha avuto un ruolo che pochissimi altri nella Storia hanno avuto nella diffusione del metal estremo in Europa e nel mondo. Incredibile, per essere un ragazzino ciccione, no? Sarebbe potuta uscire una bella storia, no? Invece si è preferito inventare la storiella della fidanzatina di Euronymous, mai esistita in realtà, darle un ruolo importantissimo, ovviamente sempre inventata, e perdere tempo a fare, boh, non saprei cosa. Ma senza musica tutto quello che è successo è NULLA. Polvere, cenere, sangue sparso per futili motivi, idee contorte e luoghi comuni di ragazzini borghesi della Norvegia Meridionale. Non ha senso farci un film, o almeno non ha più senso di quanto ne avrebbe fare un film sulle Bestie di Satana o su un qualsiasi caso di cronaca nera scelto a caso.

Immaginate un film su Leopardi in cui si parla pochissimo della sua opera. Non ho visto il film che hanno fatto recentemente (come non volevo neanche vedere Lords of Chaos, ma in quel caso sono rimasto inflessibile), quindi non so come l’hanno reso in quel caso e neanche lo voglio sapere. Però immaginate un film incentrato semplicemente sul fatto che Leopardi puzzava, non si lavava, era pieno di parassiti, bruttissimo, gobbo, vergine, sfigato, i suoi concittadini gli tiravano addosso le uova quando lo vedevano passare e aveva un amico che lo sfruttava e che si scopava tutte quelle di cui lui si innamorava; senza mai parlare della sua opera poetica e teorica se non come un ammasso di idee balzane ma in fondo affascinanti che sgorgavano dal fondo dell’animo nobile del genio gentile che però che cazzo, si poteva fare una doccia ogni tanto. Vi parrebbe normale? Sarebbe secondo voi una cosa rispettosa di Giacomo Leopardi e della sua eredità intellettuale? Non verrebbe anche a voi di chiudere in un barile ogni persona coinvolta e di farli rotolare giù da una montagna alta e piena di spigoli? Perché è esattamente quello che è accaduto con Lords of Chaos. È chiaro che al regista videoclipparo che tempo addietrò posò per quindici secondi il suo culo svedese sul seggiolino della batteria dei Bathory il black metal non piace, o meglio: non gliene frega un cazzo. Perché se passi la tua vita, pure giustamente se è ciò che ti aggrada fare, a tirare cocaina dal canaletto delle menne di una modella russa diciottenne sul bordo di una piscina a Beverly Hills poi è pure abbastanza conseguente che, a te, di entrare nelle corde di questi quattro stronzi che suonavano male e registravano peggio non riuscirà poi tanto facile. Questo è uno dei più grandi registi di videoclip viventi, che cazzo vi immaginavate che ne uscisse fuori, fratelli del vero metal? Eh ma non è indirizzato a te, mi direte. Lo so: è prodotto da Vice, e quindi è indirizzato al pubblico di Vice: hipster con la giacchetta vintage che fanno l’aperitivo scalzo alla Cascina Stocazzo e sono al massimo appassionati dei Deafheaven e di quella roba là evoluta male. Pubblico di Vice che si è appropriato di ciò che non gli appartiene solo per il gusto di potersi sentire meglio di qualcuno; che è agli antipodi del nostro mondo e soprattutto è agli antipodi dell’approccio che qui su Metal Skunk cerchiamo modestamente di portare avanti. Non credo che esista una persona che legga sia Vice che Metal Skunk; e se esiste, beh, c’è qualcosa di molto sbagliato nel concetto.

E poi dai, due ore di videoclip che più che un film è un elenco di scene che si susseguono spesso senza apparente criterio causale, con l’escamotage della voce narrante di Euronymous che cerca di mettere in relazione le cose. A un certo punto sono in sala di registrazione. Così, di botto. C’è un tizio nuovo con loro, con la cresta, che canta una trentina di secondi di Funeral Fog. Da buon regista di videoclip Akerlund indugia molto su di lui, con primi piani, zoom, e via dicendo. Poi BUM come arriva sparisce. Non si vede più, nessuno pronuncia mai il suo nome. È il cantante del tanto sospirato disco dei Mayhem, colui che è stato scelto per sostituire Dead, e non si possono perdere neanche due minuti due per, non so, introdurlo? Vi pare una cosa normale? Peraltro l’esperienza di Attila Csihar nella settimana in cui ha registrato l’album ad Oslo conteneva pure un paio di aneddoti che sarebbero potuti essere divertenti, in questa sede. E invece niente, e tutto questo perché Akerlund è un regista di videoclip che non riesce a vedere al di là della storia banalizzata e stereotipizzata della rivalità di Vikernes ed Euronymous, e tutt’al più riesce a contornarla con qualche altro avvenimento morboso: il suicidio di Dead e gli aspetti più devianti della sua personalità distorta, l’omicidio commesso da Bard Faust, le storie d’amore, le scopate, il sangue. Creare un minimo di coralità in una vicenda che è profondamente CORALE non è nelle sue corde, perché evidentemente non ne è in grado.

E siccome ancora mi immagino tutti quelli che altezzosamente storcono il musetto accusandomi di essere un ragazzino che se la prende a male perché gli hanno toccato il genere preferito, io ripeto: immaginatevi un film su Leopardi incentrato sul fatto che puzzava, aveva i pidocchi ed è morto vergine, e in cui ogni tanto si sentono quattro-cinque versi di una poesia mentre vengono inquadrate due signore che si tappano il naso per la puzza. Se vi sembra normale, rispettoso e persino interessante da farci un film, allora boh, contenti voi.

Che poi un’ipotesi non campata in aria è che sia un enorme scherzone ai danni di Varg Vikernes, qui ritratto come un goffo teppistello interpretato dall’attore più incapace di tutto il film, che per giunta è ciccione e pure ebreo. Tutti gli altri si sono sforzati di renderli abbastanza vicini agli originali; lui invece che era magro, belloccio e nazista lo hanno fatto grasso, brutto ed ebreo. Dev’essere così: è tutta una trollata di quelli di Vice a Vikernes. Fa parte della loro campagna per salvare l’Occidente dal temibile nazismo che ritorna dalle ceneri. Il loro sbarco in Normandia: così come quelli misero in pericolo la propria vita per uccidere i tedeschi, ora quelli di Vice sacrificano la dignità del black metal norvegese per insultare Vikernes. Il problema è che il black metal è cosa nostra, non loro; quindi sacrificano una cosa nostra per insultare noi. Questa è la dimostrazione che, per citare un famoso proverbio romano che di sicuro non troverete mai su Vice, sono tutti froci col culo degli altri. (barg)

18 commenti

  • Michele Romani

    mitico!severo, ma giustissimo, ineccepibile!

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  • Ok…non lo vedrò, nemmeno se me lo passassero su Netflix o Amazon Prime. La rece del buon trainspotting e quella precedente mi hanno convinto.

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  • Io leggo sia Vice che Metal Skunk. Però Vice mi fa cagare, tanto che quando ho visto “THE SACRAMENT” l’highlight the film è stato propio quando crepa un giornalista di Vice…

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  • Secondo me in questo film manca la presenza di Tony Servillo nella parte di uno qualsiasi

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  • Petrvs Epicvs Metallicvs

    Barg, grazie.
    Grazie perchè non avevo ancora visto il film, proprio temendo qualcosa di questo genere…ora sono convinto al 100% che non ci perderò tempo.
    E adesso torno ad ascoltarmi A Blaze in the Northern Sky…
    an Epic Hail.

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  • Che cazzo ti devo dire, fratello, hai ragione su tutto. A me il black metal non piace, ma in 25 anni mi sono letto ogni cosa che ho potuto, come per ogni area del metal, e quindi si deve rivendicare il fatto che questo film è una baggianata.

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  • Non c’è la cazzo di musica. Quella su cui si regge il pur fragile Bohemian Rhapsody. Ecco l’hai scritto, il resto è fuffa. E paura di finire in pasto a gente che non c’entra un cazzo con la passione malata che ci portiamo dentro. Vi avverto però: è già successo. Pitchfork esiste a prescindere da questa insulsa pellicola. E voi avete rotto il cazzo. Se ne parlate ancora vi vengo a cercare, porco dio. E vi piscio nel cranio divelto.

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  • Io, però, il film sui Motley Crue sono curioso di vederlo. Ed esigo, ESIGO, che ci siano tante, tante tette.

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  • Trainspotting il tono di questa recensione mi ha fatto venire in mente quando parlasti di The underground resistance dei Darkthrone. Alla fine per un lato insensato e un po’ morboso del mio carattere ora che me lo state sputtanando in ogni maniera possibile e immaginabile lo dovrò vedere per forza, solo per poi poter dire “cazzo era davvero una porcata immane” con cognizione di causa…

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  • Senza alcun problema, ti dirò che non posso ritenermi un profondo conoscitore del Black Metal, della storia dell’Inner Circle né tantomeno un fan; ma due o tre cose sul sentimento che ci lega nel nostro essere Metallari le ho imparate, e ti dirò che ho avuto più o meno la stessa reazione dopo pochi secondi di visione del trailer (ancora mi chiedo con quale logica, l’algoritmo di Youtube possa averlo inserito fra i “consigliati” dopo un paio di pezzi dei Dopethrone e un makeup tutorial per un cosplay). Quindi, anche se questo insieme di ragionamenti – lapidari, ma ineccepibili – assomiglia di più a una riflessione personale dell’Autore che a una recensione, il mio più sincero applauso va a questo articolo.

    Non è una questione di “film belli, film brutti”. E nemmeno stiamo parlando della differenza tra “Bohemian Rhapsody” e “Fusi Di Testa”. Una cosa è fare una commedia divertente dove la musica è un pretesto, un’altra è prendere per i fondelli i sentimenti e i valori di una cultura intera, grazie alla fighettizzazione di massa che ha ispirato il desiderio di soldi facili del regista. Ecco perché ho riso sguaiatamente con un film come “Deathgasm”, che di contributo musicale ne apporta ben poco, ma se sei metallaro/a ti fa passare un’oretta easy, di risate a denti stretti, come davanti a certe battutacce da pub…
    Ecco perché non avevo bisogno di leggere la tua recensione per sapere che, se non voglio farmi venire una crisi isterica, non devo vedere questo film; ma fa comunque piacere leggere i pensieri di qualcuno che non si è concentrato su questo o quell’altro aspetto tecnico/musicale/cinematografico del prodotto in questione, ma semplicemente sul sentimento “a pelle” che ispira in noi questo tipo di rappresentazione dei personaggi, degli eventi, della storia.

    Complimenti all’autore… anche per la precisione nell’aver descritto il processo di identificazione dell’ “ascoltatore medio di Virgin Radio”. Saluti dal Vuoto Cosmico.

    Colonel L.

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  • Alberto Massidda

    Come al solito, barg, sei stato il prisma che scompone il raggio bianco della realtà in tutti i suoi colori distinti, cosicchè noi poveri mortali possiamo comprenderla meglio.
    Sublime, come al solito.

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  • Nikos The Impaler

    Sono nuovo del blog. Complimenti per gli articoli e per questo in particolare. Vi seguo.

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  • Grandissimo….pur non essendo un grande ascoltatore di black metal sino d’ accordo su tutto…gente senza nè arte nè parte che arriva e pensa di appropriarsi di cose altrui….alterandole a proprio piacimento….fare il frocio col culo degli altri…..

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