Avere vent’anni: MY DYING BRIDE – 34.788%… Complete

Retrospettivamente 34.788%… Complete è probabilmente un album che bisognava aspettarsi dai My Dying Bride. Pensate un attimo alla fine che avevano fatto gli altri grandi del genere nel 1998: Paradise Lost? One Second uscito l’anno prima. Anathema? Eternity uscito due anni prima e Alternative 4 quello stesso anno. Questo solo rimanendo nella plumbea Albione. E i Katatonia in Svezia che fanno?! Se già non era bastato Brave Murder Day a farvi capire l’andazzo, sempre nel 1998 arrivò Discouraged Ones – gli October Tide per quanto mi piacciano li ho sempre considerati quasi come uno sfogo di Renkse e Norrman e non sono così incisivi come i nomi appena citati. Il death doom metal, insomma, si era sostanzialmente dimostrato un fuoco di paglia.

Like Gods of the Sun poteva aver dato l’impressione che i My Dying Bride fossero immuni dalla deriva gothic rock (?) che aveva colpito in maniera diversa i più importanti nomi del genere. Principalmente con ottimi risultati, in realtà: per esempio, non ho potuto scrivere nulla per il ventennale di Alternative 4, ma posso dirvi qua che credo sia il mio album preferito degli Anathema, secondo solo a The Silent Enigma e alla pari con Serenades. Invece i My Dying Bride non solo si lasceranno influenzare dallo spirito del tempo, ma pubblicheranno quello che è considerato credo unanimemente il peggiore album della loro discografia.

Perché se le prime tre tracce potevano ancora far sperare in un album tutto sommato almeno mediocre, a partire da Heroin Chic il gruppo di Halifax toglie proprio tutti i dubbi riguardo la natura insulsa di quanto si sta ascoltando. C’è tutto quello che basta per rimanerci di merda: niente più violini, Stainthorpe che stona, elettronica senza alcun senso… Il fatto, poi, è che 34.788%… Complete è proprio noioso. Cioè, se con The Cry of Mankind su The Angel and the Dark River il gruppo riusciva a propinarti lo stesso giro di chitarra per dodici minuti ammaliandoti e ipnotizzandoti, qua bastano i primi venti minuti di tutto l’album per non volerlo più ascoltare.

Non so bene cosa ne pensate voi, ma a me 34.788%… Complete fa lo stesso effetto di altre schifezze pubblicate da gruppi al loro apogeo. Penso per esempio a Cold Lake dei Celtic Frost o a Lego dei Sadist, che sono due dei dieci album che, se avessi per caso le ultime copie esistenti al mondo con me durante un naufragio, le lascerei sull’isola deserta una volta preso il largo come Tom Hanks in Cast Away. Così nessuno saprebbe che sono esistiti. Ok, forse 34.788%… Complete non è così grave e non giustifica tutto questo mio odio, anche perché la pacchia (si fa per dire) poi riprese piano piano. Però riascoltarlo mi ha fatto incazzare. E la domanda che ti poni è comunque sempre la stessa: perché? (Edoardo Giardina)

15 commenti

  • Ai tempi ero in fissa per loro. E dopo aver scoperto dischi come Turn loose the swans e The angel and the dark river come darmi torto. Già Like gods mi aveva fatto storcere un poco il naso. Questo mi fece entrare un giramento di coglioni che per una decina d’anni non li volevo nemmeno sentire nominare. Poi col tempo ci siamo un pò riappacificati.

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  • vado contro corrente e dico che questo disco mi è sempre piaciuto e continuo ancora oggi a risentirlo. La svolta si vede, ma l’anima oscura della band è sempre presente. Semmai il contesto che è diverso. Io ho sempre visto questo disco come un lasciarsi alle spalle tutto il contesto “gotico”, parlo di testi ed immagini, dei lavori precedenti ed entrare un mondo urbano fatto di droghe e mignotte.

    PS: a me non dispiacque nemmeno “Lego”, ma probabilmente ho gusti di merda…

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  • Anche io vado controcorrente, l’ho sempre trovato molto atmosferico e in un certo modo inquietante… coraggioso per l’epoca. Avrei preferito se fossero andati avanti con l’evoluzione del loro sound che si è evoluto di disco in disco fino a qui.
    Dopodichè suppongo le scarse vendite causa talebanismo del metallaro medio sono ritornati a fare i soliti dischi tutti uguali (che infatti ho smesso di ascoltare).

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  • Sorseggiando il mio te sotto un cielo uggioso e senza pensarci su molto, mi permetto di dissentire di brutto. Rileggo la scaletta: quattro capolavori, un pezzo bah, uno carino, uno di cui… ehm… non ho memoria.
    Ricordo di averlo difeso a spada tratta all’epoca (a rischio della mia credibilità di metallaro), e stasera me lo riascolto tutto!

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  • Appena finisco sto mattone degli Yob (bel mattone però) lo rimetto su anch’io.
    Disco in effetti confuso, non a fuoco. Ma coraggioso. O almeno lo ricordo così.

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  • Non sono per nulla d’accordo, pur non essendo un capolavoro è un disco più che dignitoso. Come è stato scritto più sopra fu un tentativo di abbandonare le loro classiche ambientazioni gothic per calarsi in un contesto di degrado urbano. Solo heroin chic è effettivamente un pezzo mediocre, per il resto ha un’ispirazione sincera che poi perderanno del tutto finendo per diventare il solito gruppo pleonastico da metallaro medio, praticamente la stessa fine degli attuali Paradise Lost. Mi ricordo che lessi una loro intervista su grind zone (credo) all’epoca, dove Aaron spiegava che il titolo del disco era nato da un sogno del batterista, nel quale un certo santo di cui non ricordo gli aveva confidato che l’umanità aveva consumato il 34,788% del proprio tempo a disposizione sulla terra. Un gran brutto trip, direbbe il Drugo.

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    • stiamo sulla stessa lunghezza d’onda…dei successivi “The light…” è un gran signor disco, il successivo tiene ancora botta, poi non mi rimane in testa nemmeno un brano dei successivi…mi sarò imborghesito o semplicemente rotto il cazzo dei sospiri amorosi di Aaron…

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    • Ahahahhahah ricordo anche io quell’intervista, fantastica.
      Sono d’accordo con voi, all’epoca mi aveva positivamente colpita questo album. Forse anche noi come loro, eravamo stanchi dei pipponi gothic, ergo, la svolta “urbana” ci stava addosso. Non saprei, ma lo trovo ancora un album coraggioso e ben fatto. Poi, vabbè, a me piacciono anche i successivi pur non facendomi mai impazzire del tutto!

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      • Assolutamente sì. The light at the end…, The Dreadful hours (opener da brividi assoluto e con un testo micidiale) e Map sono grandi dischi. Gli altri parecchio, parecchio meno. Anche l’ultimo non mi piace.

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  • Personalmente ho sempre pensato che si trattasse di un clamoroso passo falso. Tentarono di fare i Portishead esattamente come i Paradise Lost tentarono di fare i Depeche Mode senza averne le capacità. Mal prodotto, in alcuni casi cantato (e suonato) male con dei suoni tremendi, decisamente non a fuoco. Non so nemmeno se sia il caso di parlare di coraggio, evoluzione o sperimentalismo, secondo me hanno provato a fare qualcosa di diverso ed hanno pisciato fuori dal vaso. Se proprio devo meglio “Alternative 4”, “Discouraged Ones” o gli Antimatter: gente con le idee molto più chiare.

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    • Pensa che la cosa che ho notato e apprezzato di più è che a fronte di una semplificazione delle idee musicali (riff da due accordi) c’è una grande cura per i suoni e per gli arrangiamenti a strati. Saranno la mia autoradio o il mio stereo da due soldi, ma questo album suona ancora ‘na bomba!

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    • Pensa che la cosa che ho notato e apprezzato di più è che a fronte di una semplificazione delle idee musicali (riff da due accordi) c’è una grande cura per i suoni e per gli arrangiamenti a strati. Saranno la mia autoradio o il mio stereo da due soldi, ma questo album suona ancora ‘na bomba!

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    • Edoardo Giardina

      @nxero Più o meno quello che penso anch’io e che, parlandone con amici, mi sembrava pensasse la maggior parte delle persone. Ma a quanto pare non è così. Non è sperimentazione: è andare in fissa con suoni a cui il tuo pubblico non è abituato, salvo poi dimostrare che non sono fatti per te.

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  • Nessuno cita mai Pentecost III.

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