Avere vent’anni: RUNNING WILD – The Rivalry


I RUNNING WILD! sono un gruppo talmente della madonna che andrebbe scritto sempre in maiuscolo e con un punto esclamativo. Parallelamente nella vita reale il nome RUNNING WILD! dovrebbe essere pronunciato gridando e alzando i pugni per aria. “Cosa stai ascoltando?” “I RUNNING WILD!”, e speriamo che qualcuno me lo chieda mentre sono in fila alla posta con le cuffiette, ché la gente in fila per pagare i bollettini ha disperatamente bisogno di essere edotta sulla musica migliore. The Rivalry è stato il primo disco loro che abbia mai sentito, appena uscito, e ovviamente ci rimasi subito sotto. Un album che si apre con la doppietta March of the Final Battle/The Rivalry va messo in un bunker sotterraneo a prova di bomba atomica, in modo tale che se il mondo dovesse finire i futuri abitatori del pianeta potranno anch’essi esaltarsi come suini ascoltando questa cosa meravigliosa. Perché poi The Rivalry è forse l’ultimo dei dischi veramente inattaccabili dei RUNNING WILD!, anche se magari la prossima volta, quando sarà il turno di Victory, dirò la stessa identica cosa. La verità è che un disco dei RUNNING WILD! puoi anche non ascoltarlo per anni (dico ipoteticamente, non è certo questo il caso), ma poi, una volta che ti ritrovi ad alzare puntualmente il volume al massimo col petto che ti si gonfia al suono dei riffoni pirateschi di Rolf Kasparek, ti sembra sempre puntualmente la cosa migliore che ti possa accadere; ma non nella musica, intendo proprio nella vita. Si guardi qui, ad esempio: spari Firebreather al massimo e non riesci più a rimanere fermo, ti parte la brocca e pensi che non c’è nulla di meglio che tu possa fare in questo momento che ascoltare FireCAZZObreather a manetta. 

Che poi non è che dobbiamo stare qua a raccontarcela: i RUNNING WILD! hanno fatto millemila dischi e più o meno quattro-cinque canzoni che si ripetono con minime variazioni; ma non è questo l’importante, perché come detto l’importante è l’amore e la fratellanza tra i popoli, e questa anzi è la dimostrazione pratica che il metallo tetesco, quando è portato alla sublimazione come nel caso dei RUNNING WILD!, è la cosa migliore che c’è. Un giorno l’uomo si è alzato in posizione bipede, ha iniziato a lavorare le selci e si fermato a pensare con malinconia al momento in cui avrebbe inventato il fuoco e la ruota cominciando così un lungo percorso evolutivo che a un certo punto avrebbe portato alla nascita del metallo tetesco. Noi invece siamo nati nel momento giusto, e così possiamo godere degli assoli di Rock’n’Rolf pensando a quanto sarebbe bello girare su un vascello per i Caraibi abbordando e depredando le navi mercantili di re Giorgio con Adventure Galley nelle orecchie. Oppure, ed è più o meno lo stesso, possiamo metterceli di sottofondo mentre giochiamo a Monkey Island 2.

Parlando del disco in sé, qua dentro ci sono quasi solo pezzi spettacolari senza il minimo cedimento; l’unica pecca è la batteria di Jorg Michael, troppo meccanica e poco fantasiosa, specie nei midtempo. Per il resto non c’è praticamente niente di sbagliato. Lo ripeto: un inizio con la doppietta March of the Final Battle/The Rivalry mette automaticamente il disco in cima alle cose migliori mai create da mano umana. Kiss of Death, Return of the Dragon, Ballad of William Kidd, The Poison, Man on the Moon, Agents of Black… e ne lascio fuori giusto un paio perché altrimenti tanto vale che posto direttamente l’immagine del retro del cd con la tracklist. Prendete e godetene tutti, e se non avete mai approfondito i RUNNING WILD! in vita vostra The Rivalry mi sembra un ottimo modo per cominciare: se non ci credete, alzate il volume al massimo, fate partire il video qua sotto e sentite come vi si gonfia il cuore. (barg)

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