Netflix e il gattopardismo: BRIGHT

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Bright si presenta come il primo blockbuster prodotto da Netflix nonché film più costoso di sempre della piattaforma streaming. I personaggi sono due poliziotti (umano e orco) interpretati da Will Smith e Joel Edgerton i quali, ovviamente, si ritrovano ad affrontare avventure sovrannaturali quando ne avrebbero fatto volentieri a meno. La cattivona di turno è Noomi Rapace, l’unica sopravvissuta dell’equipaggio di Prometheus. Ed è diretto da David Ayer, già alla regia in Suicide Squad e Fury, nonché variamente immischiato nella scrittura di quella ciofeca di X-Men le origini: Wolverine. Insomma, probabilmente una delle peggiori introduzioni che si possono fare ad un film.

Questo è, alla fin della fiera, il classico film coi due poliziotti-macchiette che affrontano le avventure insieme e si chiamano “partner” a vicenda. La novità (si fa per dire) è che si inserisce in una cornice fantasy contemporanea. Le atmosfere sono a metà tra quelle post-apocalittiche/distopiche e fantastiche/fantascientifiche delle saghe di UnderworldHunger Games Divergent, le ultime due molto in voga tra i ragazzini. O anche della serie The Shannara Chronicles – non avendola letta, non so se in linea con la saga letteraria o meno. E alla fine è questo che fa Bright: pesca un po’ dappertutto per potersi posizionare a cavallo tra vari generi così da poter piacere sia ai giovanissimi che agli adulti – i quali troveranno comunque un rassicurante film poliziesco abbastanza classico. E, secondo me, non è manco troppo brutto.

Cioè, Will Smith tutto sommato è più a suo agio in questo tipo di opere piuttosto che in pellicole seriose come Sette anime o Collateral Beauty (per non parlare di schifezze fantascientifiche come After Earth). Di ruoli che in qualche modo risultassero polizieschi ne ha interpretati a bizzeffe, a partire da Io, Robot, fino a Io sono leggenda. Tutti film di intrattenimento (tra l’altro sempre tra fantascienza, post-apocalissi e distopia) più o meno riusciti a seconda dei casi, tra i quali si possono inserire anche i vari Men in Black. Solo che quando catturava gli alieni era il poliziotto giovane e irruento, ora invece ha un po’ di pancetta, qualche capello bianco ed è diventato quello assennato della coppia. E l’altro… va be’, dell’altro chi se ne frega, tanto a quanto pare gli orchi non hanno espressioni facciali se non corrucciate, quindi come recita alla fine importa poco.

72234_pplAl netto del finale gestito malissimo, uno dei problemi più grossi è sicuramente la sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti: per esempio, perché mai la capa dei cattivi dovrebbe abbandonare volontariamente la sua arma più potente che la rende quasi invincibile? O anche il fatto che la gente che abita quel mondo non abbia neanche uno straccio di personalità, sostituita dalle caratteristiche identificative della loro razza. Gli orchi per esempio rimpiazzano gli afroamericani nei ghetti di Los Angeles, sono buzzurri, tonti, tendenzialmente cattivi e ascoltano sempre e solo heavy metal – sì, avete letto bene. Ma questo è anche un problema di molta letteratura (e cinema) fantasy. D’altronde una delle saghe più belle e ispirate del genere è proprio quella che cerca di scardinare questi tipici assiomi; e mi riferisco alle infinite trilogie sull’elfo oscuro Drizzt Do’Urden scritte da R.A. Salvatore – a una certa pure ripetitive, a dirla tutta. A fronte di tutto ciò, le scene d’azione sono tante e ottime (David Ayer le aveva già gestite benissimo in Fury) e gli sketch tra i due partners centellinati e generalmente ben riusciti. Guardatelo in originale però, ché “teppisti” come traduzione di gangster è solo una delle tante oscenità della versione italiana (confrontate i due trailer sopra e sotto).

MK1_6771.CR2Quello che mi fa ridere è la diatriba che si è aperta dopo la sua uscita il 22 dicembre, più sul suo distributore che sul film stesso. Bright (del quale è già previsto un sequel) è un semplice blockbuster, un film d’intrattenimento che punta alla maggiore commercializzazione possibile; e in quanto tale ha pregi e difetti. Netflix non ha rovinato il cinema e soprattutto non l’ha fatto con questo lungometraggio: ne ha cambiato solo le modalità di fruizione. C’è chi ha paura che nel futuro nessuno andrà più nei cinema e tutti guarderemo le “pellicole” davanti a uno schermo di 15 pollici (quando va bene) e da soli. Per fare un paragone (un po’ azzardato, lo ammetto), sarebbe come dire che Spotify e compagnia bella hanno rovinato la musica e per colpa loro nessuno andrà più ai concerti. È un po’ come attribuire la disfatta della Nazionale di Ventura all’assenza dello ius soli, come qualcuno ha fatto: non importa se sei pro o contro, hai appena detto una stronzata.

A mio modo di vedere, al momento Netflix sta solo cercando di allargare il più possibile il suo mercato prima che la competizione si faccia più agguerrita. La Disney per esempio, che s’è appena comprata pure la Fox e se vuole si compra pure tua madre, ha annunciato che per il 2019 aprirà la sua personalissima piattaforma streaming. Un film come Bright, così accattivante, con Will Smith in locandina e sotto Natale, ti sfonda comunque il botteghino, e di sicuro frutta maggiormente al cinema. Quando non sarà più necessario difendere la posizione al momento dominante o fidelizzare la clientela, state pur certi che almeno alcuni film di Netflix saranno passati anche nelle sale. Che poi, se devo essere tanto sincero da rischiare il linciaggio, l’altra sera dopo cena sono andato al cinema a guardare Star Wars: Gli ultimi jedi. Era talmente noioso che verso la fine del primo tempo mi sono addormentato sulla poltroncina per una manciata di minuti. Bright invece l’ho guardato di notte nel mio letto e non mi si sono chiusi gli occhi manco una volta. (Edoardo Giardina)

10 commenti

  • cazzo il tuo articolo l’ho letto tutto d’un fiato in pochi secondi perche’ mi aspettavo un film alla training day, visto le premesse,ma mi sa tanto di cagata(il film non l’articolo).

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  • Perdonami, la cosa migliore è il link che spiega perché abbiamo perso i mondiali.

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  • Intrattenimento, punto e stop. L’ho guardato qualche mattina fa per curiosità e si è lasciato guardare, niente di più niente di meno.
    Anche secondo me mancano un po’ “perchè” a giustificare certe cose, ma non credo si siano impegnati troppo nella sceneggiatura^^’

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  • Io sono già contento se Netflix continua a fare belle serie come Stranger Things o Mindhunter. I blockbuster li fanno già in tanti, non ne sento proprio ulteriore bisogno.

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  • Il paragone con Spotify e compagnia bella è ben poco calzante: certamente non fanno sì che la gente non vada più ai concerti; anzi, visto che hanno ridotto enormemente le vendite di dischi, e in generale la qualità media degli album e il valore della musica, spingono tutti a fare concerti pur di raggranellare due soldi, ché hai voglia a campare di album venduti. Poi, per carità, è senz’altro piacevole poter ascoltare di tutto gratis o quasi in ogni momento, ma a che prezzo sul sistema complessivo?
    Quanto al film, sarà la solita roba coi mostri. In tutto questo, il gattopardismo dove sarebbe? Probabilmente non ci arrivò io, ma non mi pare che Netflix si faccia promotore di un sovvertimento radicale dei sistemi di produzione e fruizione cinematografica in senso lato pur con il segreto intento di lasciare intatto lo status quo.

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    • Perché gratis? Io non uso la TV, se non per vedere film animati con mia figlia (settore che produce grandissimi film, molto meglio del resto), quindi nessun abbonamento di nessun tipo. Invece pago volentieri Spotify premium.

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      • La versione gratis ti consente comunque di ascoltare un bel po’ di roba con una pubblicità ogni tanto. In questo senso “gratis o quasi”. Resta che la remunerazione dei musicisti e delle etichette da parte dei servizi di streaming è risibile rispetto ai costi di produzione e agli sforzi promozionali (ormai praticamente spariti, a parte qualche banner strategico e qualche newsletter per gli iscritti).

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    • Edoardo Giardina

      Se leggi bene c’è scritto “un po’ azzardato” appunto per questo motivo. Poi si possono comunque paragonare perché sono entrambi nati per motivi simili e hanno cambiato il modo di fruizione di musica e film/serie TV oltre al modo in cui vengono fatti soldi in questi settori.
      Netflix non se ne fa promotore attivamente, ma sono gli altri a fargliene una colpa.

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      • In realtà lo streaming video nasce prima di Netflix, mentre lo streaming audio è il tentativo di contrastare con mezzi legali il download pirata. Un po’ azzardato ok, ma il gattopardo? Netflix ha semplicemente adattato al settore dell’intrattenimento video la strategia già utilizzata in ambito musicale e poi, visti gli alti profitti, ha esteso la propria attività da quella di mero distributore di prodotti altri anche a quella di produttore in proprio. Non vedo in ciò strategie gattopardesche, e dunque chiedo per capire. Grazie della risposta.

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  • sergente kabukiman

    tralasciando una cerca frettolosità di base, a me è piaciuto. Bello il fatto che lecreature magiche siano mischiate alla quotidianità e non vengono invece elevante ad esseri superiori, mi è piaciuto molto nick l’orco,ben caratterizzato e capace di creare una certa empatia con lo spettatore che porca troia lasciatemi stare nick che è buono andate a rompere i coglioni agli ispanici con la faccia tatuata. Non mi hanno fatto impazzire alcune soluzioni troppo facilotte e sopratutto will smith, sempre troppo impegnato a vincere il premio di “papà d’america”, sempre attento a fare la cosa giusta per la sua merda di figlia, cazzo neanche in quella merda di suicide squad sono riuscito a renderlo scorretto nonostante in teoria fosse cattivo.

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