Il disco dell’anno

Messa così potrebbe sembrare pretenziosa, ma voi affezionati 24 lettori di Metal Skunk avrete ormai capito che il sottoscritto ha sempre ragione e sono dunque sicuro che, se mi deste retta e ascoltaste il disco, sareste costretti a convenire: Far From Light è il disco dell’anno. Perché se leggete questo blog ce l’avrete di sicuro anche voi quell’angolo di cuore che sa apprezzare il metallo per i giusti motivi. Il metallo non è univoco, come saprete: anzi, il metallo sa essere ondivago e incostante, e c’è un sacco di gente che frequenta i nostri stessi ambienti i cui gruppi preferiti sono però i Whitechapel o gli Amon Amarth, e quindi magari non bazzica qui ma su altri siti teoricamente affini. Sono in mezzo a noi ma non sono come noi, come grossomodo diceva quel tizio negli anni novanta. Invece la nostra è una concezione del metallo molto particolare, forse vecchia, probabilmente sfigata, però sicuramente giusta. Noi siamo nel giusto. Noi abbiamo gli anni che abbiamo e siamo giunti a comprendere il vero spirito del metallo, il nocciolo duro assoluto e spoglio da qualsiasi superfluo orpello, la sua idea platonica. È come se ascoltassimo una decina di cose, sempre le stesse, e tutti i gruppi che si alternano nel lettore non sono null’altro che variazioni di quelle cose. Tipo la teoria che ogni canzone dei primi quattro dischi dei Black Sabbath ha dato vita ognuna a un genere diverso. I Lunar Shadow sono tedeschi, esteticamente parecchio brutti e sfigati, e a primo impatto sono un gruppo clone degli Warlord. Ovviamente in tono minore, soprattutto per quanto riguarda il lato tecnico; voglio dire, ve le ricorderete le linee di batteria degli Warlord. Però è vero che dagli Warlord prendono qualsiasi cosa, o quantomeno ci provano, dalle atmosfere rarefatte alle linee di chitarra solista fino alla voce di Alex Vornam, il quale nelle notti più impetuose si sveglia tutto bagnato dopo aver sognato di essere il Damien King III trionfante sul palco del Wacken. 

persone serie

Non so se vi ho mai parlato della Cruz del Sur. In realtà sì, ma colpevolmente troppo poco, immagino. Ne parlai però sul Metal Shock cartaceo già nel 2003, perché mi innamorai del primo disco che fecero uscire, After the Fire dei Pharaoh, il gruppo di Tim Aymar dei Control Denied. L’etichetta nel frattempo è cresciuta, specializzandosi nel recupero di certe sonorità e vibrazioni ottantiane che in qualche modo, chi più direttamente e chi tramite innumerevoli giri, finiscono quasi sempre per portare all’epic metal, qualsiasi cosa esso sia. Un giorno ne parleremo più estensivamente, ma sappiate che è la stessa etichetta degli Atlantean Kodex, a mio insindacabile parere uno dei migliori gruppi tra quelli usciti negli ultimi quindici anni. Questi ultimi non sono comunque granché paragonabili ai Lunar Shadow, se non nel fatto che entrambi attingono a un immaginario archetipico comune; diciamo che in linea generale i Lunar Shadow volano parecchio più basso, a partire dalle influenze stilistiche per finire al concept lirico, che negli Atlantean Kodex è quello che è mentre qui si limita, diciamo così, a temi della letteratura di genere di inizio secolo. A tal proposito credo che la migliore del disco sia Cimmeria, che però è anche la meno rappresentativa, traendo in gran parte dallo speed americano degli anni ottanta che il resto del disco non prende proprio in considerazione. Far From Light è comunque il classico disco che non soffre di nemmeno un minimo calo di tensione, a parte la ballata Gone Astray, che non serve nemmeno per aggiustare il minutaggio visto che il disco sfiora i sessanta minuti di durata. Si nota un certo andamento progressivo con lo scorrere delle canzoni, nel senso che l’influenza Warlord, evidentissima almeno nelle prime due Hadrian Carrying Stones e They that Walk the Night, tende poi a fare spazio  a una certa sensibilità svedese, o per meglio dire danswanesca, fino a includere sporadiche parti in growl e melodie di chitarre in stile Edge of Sanity. Alla fine c’è la succitata Cimmeria, un riuscitissimo incontro tra parti speed alla vecchia maniera ed evocazioni doom. Earendil, in chiusura, è poco più che un outro. Ribadisco: disco dell’anno e già che ci siete recuperate anche l’EP di debutto, Triumphator. (barg)

Edit: dopo aver ascoltato Far From Light più di cento volte, ed essermi deciso a fare la recensione, Charles mi comunica che è uscito il nuovo Manilla Road, commentando: “è il disco dell’anno”. Vi terremo aggiornati sugli sviluppi.

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