Non si scherza con i morti: METALLICA – Hardwired… To Self-Destruct

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Quando avevo circa 16 anni avevo una “fidanzatina” che si chiamava Valentina. Onestamente non era particolarmente intelligente. Non era nemmeno troppo stupida, dai, ma posso affermare con certezza che non prenderà mai il premio nobel, ecco. Era bella, però. Molto. Anzi, moltissimo. Non so perché la desse a me, visto che facevo davvero schifo al cazzo a 360 gradi, ma ai tempi andava così. Aveva un viso da bambolina, due tettone a missile pazzesche e un culo a mappamondo che mi faceva sborrare solo a guardarlo. Aveva due occhi verdi incredibili, enormi, con un solo sguardo ti faceva arrivare il cazzo al mento. Insomma: ci siamo capiti. Ad un certo punto la storiella finì. Non ricordo nemmeno dopo quanto tempo e il perché, ma, come tutte le cose, belle o brutte che siano, terminò anche quella. Non la vidi più.

Diversi anni dopo, un giorno come un altro, vado in banca per delle firme salcazzo da mettere per un leasing salcazzo o roba del genere. La banca è ancora chiusa e allora decido di fare un giro. Ad un certo punto mi sento chiamare. Mi volto e vedo una tizia con due piccoli mostri al seguito, uno nel passeggino e l’altro vicino a lei. “Chi cazzo è questa?”, dico tra me e me. Mi si avvicina. “Ciao! Non mi riconosci? Sono Valentina!”, mi dice con tono da festività natalizie. Quella culona imbruttita era proprio lei e i due terribili mostri erano i suoi figli. Rimango un po’ interdetto e le faccio un sorriso di circostanza. Le chiedo come le vadano le cose, visto che si fa così in casi del genere. Avrei dovuto continuare a camminare ignorandola, perché come risposta alla mia domanda ipocrita mi ha raccontato la storia della sua stronza e disgustosa vita da separata con due figli piccoli di cui onestamente non mi fregava un cazzo. Ero impressionato dalla visione di quella donna sciatta che mi raccontava i cazzi suoi mentre il suo mostriciattolo più grande le gridava frasi tipo: “MAMMA, QUANDO CE NE ANDIAMO? MAMMA, HO FAME! MAMMA, DEVO FARE LA CACCA! MAMMA, MAMMA, MAMMA!!!” senza soluzione di continuità come un disco rotto. Era una scena apocalittica. Avrei voluto prendere i due piccoli mostri per il collo, scaraventarli su Marte e poi scappare via il più lontano possibile da quella insopportabile miseria umana. Ho ascoltato solo il 20% delle sue parole, perché ad un certo punto lei ha cominciato a parlare tipo moviola pronunciando solo un infinito e lentissimo BLAAAABLAAAABLAAAAA che mi penetrava le viscere sino ad arrivare al cervello. Seni cadenti e martoriati dagli allattamenti, culo che faceva provincia, capelli retti da un mollettone viola dei cinesi… Non c’era niente in quell’essere che ricordasse la mia Valentina. Persino gli occhi erano cambiati, intrisi di malinconia e tristezza, capaci solo di comunicare oscena mediocrità da film romantico di serie zeta su canale 5 alle tre di pomeriggio. “Non sei cambiato tanto”. Intercetto questa sua frase ad un certo punto, anche perché poi si ferma. Avrei voluto gridarle “MA CHE CAZZO VUOI, MOSTRO? MA PERCHE’ CAZZO MI HAI FERMATO? EH? VAFFANCULO! HAI CAPITO? VAFFANCULO, VAFFANCULO, VAFFANCULO E MUORI! SPARISCI, CAZZO! EVAPORA! NON VOGLIO VEDERTI MAI PIU’!” e poi allontanarmi correndo come Bolt, ma invece sorrisi senza dirle niente. Avrei potuto risponderle con il classico “anche tu non sei cambiata”, ma avrei detto una puttanata colossale. “Scusami, ma devo andare…”, glielo sparo dritto in faccia. Vuole che ci scambiamo i numeri di telefono per vederci. Le do un mio vecchio numero che non uso quasi mai e me ne vado. Proverà a chiamarmi diverse volte dopo, ma lo troverà sempre spento. Quell’incontro mi rovinò la giornata.

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Sono una persona abbastanza pragmatica. Fondamentalmente credo solo in ciò che vedo o che sento e penso che il destino di una persona dipenda almeno per un buon 80% dalle sue azioni. Nello stesso tempo, però, credo anche nei “treni”. Nei momenti, nei contesti, nelle circostanze e, soprattutto, sono fermamente convinto che tutto, ma proprio tutto, abbia un inizio, un apice e poi un inesorabile declino sino ad arrivare alla fine, alla conclusione. Persino la nostra esistenza, fatta di pisciate, cacate, scopate e un’infinità di altre cose, più o meno scontate, ad un certo punto, senza preavviso, finisce. Boom e stop. Game over. C’è un tempo, un luogo, uno spazio, un contesto per qualunque cosa e ad un certo punto arriva la fine, cioè il momento in cui per quella determinata “cosa” non c’è più posto.

Non avrei più dovuto incontrare Valentina. Quella figura sarebbe dovuta rimanere adolescente, bella, spensierata, fresca e ragazzina, cristallizzata nel tempo e nello spazio in quella maniera, com’era in quel periodo. Per sempre. Vederla in quello stato è stato quasi disturbante. Non era più la dolce ragazzina dei tempi andati, ma una squallida casalinga frustrata distrutta dal tempo che non riusciva ad arrivare alla fine del mese con gli alimenti che le passava l’ex marito. Vederla dopo tanti anni è stato violento, brutale e, soprattutto, innaturale. Perché, come dicevo prima, tutto ha un inizio, un apice e poi un’inesorabile fine, esattamente come la morte. E alla morte non c’è rimedio. Finisci sotto qualche metro di terra e basta, il tuo ciclo termina per l’eternità. Non succede mica come nei film di Romero, quelle storie di zombie, ecc. No: questa è la realtà ed è così. E non ci possiamo fare niente.

Avrei potuto riagganciare i contatti con Valentina. Ci saremmo beccati qualche volta. Probabilmente avremmo scopato. Glielo avrei ficcato in quel culone pieno di cellulite, avvinghiandomi a quei cazzo di maniglioni antipanico che aveva sui fianchi. Magari si sarebbe fatta ingravidare, giusto per avere un altro povero coglione che la mantenesse. O magari no. Forse avremmo parlato e basta. Mi avrebbe riempito la testa di puttanate sulla sua cazzo di vita di merda, giusto per sfogarsi. Magari sarebbe venuto fuori un bocchinello tra una cazzata e l’altra e poi via, vaffanculo per sempre. O ancora… non lo so. Sicuramente non sarebbe successo niente di buono. Perché avevamo già dato quando c’era da dare, poi la fiamma si era spenta. Va bene.

Inizio-apice-fine, A-Z, vita-morte. Basta così. (Il Messicano)

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