Sulla strada: BLACK SABBATH (Verona, 13/6)/ OFFSPRING (Rimini 14/6)

 

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Scetticismo e bestemmie. Dopo trenta secondi dall’apertura delle prevendite i biglietti per i Black Sabbath all’arena di Verona mi risultano già finiti. Diffidenza e bestemmie. Dopo un minuto i biglietti sono sui siti paralleli di compravendita a prezzo come minimo triplicato. Sfiducia e bestemmie. Cerchiamo biglietti per il concerto in Polonia. Per il concerto a Praga. Tutto finito. Si inghiotte la disgrazia e si prova a rincuorarsi dicendosi che li abbiamo già visti due anni fa, a Bologna, quindi pazienza e bestemmie.

Ma come si fa ad essere così malvagi? Sfruttare la passione per i Black Sabbath per tirare su due soldi. Io posso capire i papponi che circuiscono ragazzine rumene promettendogli un buon lavoro nel Bel Paese per poi sequestrargli i documenti e costringerle a prostituirsi altrimenti gli ammazzano la famiglia. Io posso accettare che in Italia ci siano negri che raccolgono ortofrutta quindici ore al giorno a due euri a settimana. Io posso giustificare che in Indocina ragazzini di sei anni montino componenti elettroniche strafatti di anfetamine. È per questo che abbiamo, nell’ordine: i bocchini anti-crisi a 15 euri sulla Togliatti, scatolame di facioli a 27 centesimi a barattolo, la possibilità di comprare portatili di fascia medio-alta già a 1200 euri e non al quadruplo. Va bene tutto, ma non speculare sui Black Sabbath. È veramente immorale disgustoso repellente. È disonesto. Rapisci una bambina, sgozzala, filmala mentre ti scopi la trachea e vendi il video sul deep web. Taglia cocaina all’80% con farina di vetro. Rapina una vecchia di merda per strada. Fatti prete. Infilati ovuli di eroina in culo e fatti un viaggio aereo Città del Messico – Roma. Hai milioni di modi per fare soldi, perché devi rompere il cazzo coi Black Sabbath?

Qualche giorno dopo un mio caro amico del liceo mi telefona. Mi dice che ci sono gli Offspring a Rimini. Vogliamo andare? Una bomba mi esplode nel cervello. In seconda media compro la cassettina di Americana e non ascolto altro per tipo tre anni. Ho ascoltato esclusivamente quella cassetta per 36 mesi. Esclusivamente. Facevo finta di suonare la batteria con due bacchette dei cinesi e devastando la poltrona in soggiorno. La copertina bellissima, ci fantasticavo su per ore. Il disegnatore è Frank Kozik, uno che ogni tanto lavora per cose più commerciali al fine di prendersi un sacco di soldi e reinvestirli in quel cazzo che gli pare. Fece una pubblicità per la Nike, e con i soldi guadagnati fondò la Man’s Ruin Records, con cui ha pubblicato tra l’altro: Kyuss, High on Fire, Entombed, Turbonegro e Queens of the Stone Age.

Le mie preferite erano i pezzi più tirati (sic): No brakes, Staring at the sun, Americana. Gli dico di si urlando. Lo faccio per il fanciullino di Pascoli, perché noi cresciamo, ed egli resta piccolo. Se non vado il fanciullino mi strangola nel sonno, prima o poi. Non ho la più pallida idea di che cazzo abbiano fatto negli ultimi anni, e neanche me ne frega nulla. Degli Offspring ho tutti i dischi fino Conspiracy of One e perfino i singoli, originali. Per i più giovani: i singoli sono una gigantesca truffa. Contenevano il singolo, un paio di sue versioni remix orripilanti, e se eri fortunato una cover demmerda o una traccia live registrata male. Non credo i singoli esistano più, dopotutto non si vendono neppure più i cd. Giusto i più froci tra voi ogni tanto comprano gli lp. Ellepì che, attenzione, spesso sono versioni digitali riversate su supporto analogico e questo fa di voi, oltre che froci, pure un bel po’ coglioni. Soprattutto quando state lì a decantare le immaginifiche qualità superiori dell’lp, roba che Fourier esplode ogni volta nella tomba, e voi dovete solo ringraziare che sono pigro e non mi va di andare a Tor Bella Monaca a comprare un fero con la matricola limata, rigorosamente un calibro 22 con proiettili Winchester, serie H.

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           Il Signore lo colpirà con malaccio inguaribile

Una settimana prima del concerto dei Black Sabbath il mio diretto superiore a lavoro mi dice che un suo conoscente ha due biglietti per l’Arena. Li vende a prezzo vero. Mi chiede se sono interessato. Mi ritrovo nella condizione paradossale per cui se non vado a lavoro per vedere i Black Sabbath sto facendo un favore al mio capo. Dico si, piango. Black Sabbath il 13 giugno, Offspring il 14.

Poco prima di prendere il treno per Verona entro nella libreria di stazione Termini per comprare un libro appositamente per il viaggio. Lo faccio sempre. Mi guardo intorno a caso e i miei occhi cadono su Le 120 giornate di Sodoma di Sade, versione economicissima Newton Compton. Lo prendo. Arriviamo a Verona e chiudo il libro durante la descrizione di Hercule, ventisei anni, il cui maestoso utensile era sempre in aria e che, in otto sborrate, riempiva giusto una pinta.

L’arena è molto bella. Verona è molto bella. Eravamo convinti che non ci fossero negri, e invece ce ne sono tanti. Solo che non stanno per strada vendendo cianfrusaglie alla miriade di turisti, ma li vedi andare in bicicletta, mezzo comune da queste parti. Ci viene addirittura il sospetto che quelle biciclette non siano rubate. L’arena vista da fuori sembra piccola, una versione diversamente abile del Colosseo. Dentro invece si dimostra grande, e suggestiva. La torma di metallari comincia ad accumularsi in piazza Bra già dalle 13. Noi andiamo a toccare le tette di Giulietta e torniamo verso le 15. Pur di non cedere al ricatto morale di comprare Heineken in bottiglia piccola a quattro euro mi faccio sei chilometri a piedi, becco un discount e compro birra calda Hollebrau in lattine da 66 cl a 40 centesimi. Faccio tutto a piedi perché, incredibile, non puoi salire su un autobus senza biglietto, visto che lo paghi al conducente. Col cazzo che pago un mezzo pubblico, non mi arrenderò mai a cose simili, costasse 20 centesimi un biglietto giornaliero.

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                     Your truth is in Hollebrau and weed and Black Sabbath

 

Il concerto è stato meraviglioso. La scaletta incredibile. Non c’è bisogno di dire che Iommi e Butler sono stati perfetti, ma ci tengo a far notare che Ozzy è in gran forma. Canta bene, molto meglio del concerto di due anni fa (spesso lasciava cantare solo il pubblico, e ricordo una tremenda God is dead?). Inoltre zompetta, corre a destra e a manca, si sbraga per terra. Evidentemente essersi lasciato con Sharon, che si vede bene come sia un dito al culo notevole, gli ha permesso di tornare a rispettare un regime di droghe piuttosto rigido. Si prospettavano pioggia e temporali. Fanno due schizzi a inizio concerto, poi ventimila persone cominciano a bestemmiare paurosamente e Dio si spaventa, bloccando tutto. Pioverà di notte. Spero vivamente che questo non sia l’ultimo tour dei Black Sabbath e Iommi ci ripensi perché davvero è stato tutto memorabile. Vi siete persi una gran bella cosa, compresi i dipendenti dell’Arena probabilmente non abituati ai metallari e che spesso si guardavano basiti quando la loro attenzione veniva richiamata da rutti liberi, bestemmioni ingiustificati, urla animalesche, panzoni tatuati a petto nudo. Un controllore dell’Arena ferma un panzone seminudo, gli dice Almeno indossare una maglietta sarebbe stato opportuno, lui lo guarda di sbieco e grugnisce L’ho persa, poi rutta.

Unico problema: col merchandise. Per arrivare allo stand principale occorreva uscire dall’Arena e rientrare per un altro ingresso, quello specifico per le poltrone numerate. Poi ci dicono che una volta usciti, non si può più rientrare. Io ho pagato e nun me fanno entrà. Si crea un gruppetto di persone, smanioso di sperperare pecunia in puttanate col logo Black Sabbath, ma i buttafuori sono inamovibili. Il banchetto sta lì, a tre metri, ma non riusciamo a convincerli, né con le buone né con le cattive. Ecco un altro difetto di Verona: fossimo stati a Roma i buttafuori non avrebbero fatto di certo il loro lavoro, probabilmente gli allungavi 5 euro e ti facevano passare, o forse se ne stavano a farsi una canna chissà dove.

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Il giorno dopo prendo due o tre regionali che mi portano a Rimini. Su uno di questi, accanto a me, c’è una ragazza che legge Baricco: Seta. Che pena. Io guardo la mia versione economica de Le 120 giornate di Sodoma, copertina morbida orripilante, grafica criminale, già la colla con due pagine staccate; apro il libro a caso, leggo: Incula un cigno, mettendogli un’ostia nell’ano, e mentre scarica strangola lui stesso l’animale. Mi rendo conto di quanto io sia nel giusto, su questo regionale di merda.

Arrivo a Rimini, incontro il mio amico, e andiamo diretti a Rimini Fiera. Ecco, qui mi sento un po’ più a casa. Ci sono quelli che vendono le magliette tarocche, per esempio. All’ingresso del parcheggio ci sono dei napoletani che vendono braccialetti luminosi a cinque euro. Praticamente ti entrano in macchina dal finestrino e te li mettono in mano. Se dici di no, ti dicono ‘Sì sicuro? Péé carità comm te par’, è na scelta toia eh. Accà nisciun ti sta mica obbligand, però pensaci bbene!’ con quell’espressione vagamente intimidatoria che ti fa capire che se non compri il braccialetto poi non ti devi lamentare con San Gennaro se guarda caso la tua automobile a fine concerto verrà ritrovata senza sportelli, carbonizzata.

Prima degli Offspring suonano Good Riddance e Pennywise, che non so chi siano, non mi interessa neanche. Ero curioso di sapere quale sarebbe stata l’età media. Gli Offspring sono ancora famosi? O non se li incula nessuno dai primi 2000? Evidentemente la seconda. Durante i Good Riddance ne approfitto per spendere 20 euro in birra e andare a fare la fila per pisciare. Accanto ai pisciatoi c’è la zona VIP. Ormai la zona VIP sta pure nelle feste di paese. In questo caso è una struttura rialzata di mezzo metro, un paio di metri quadrati, lato laterale oltre la metà del campo, e puzza di piscio. Però sopra ci sono due o tre troie, non so se spettatrici paganti o facenti parte del servizio. Durante i Pennywise comincio ad avvicinarmi sotto il palco e mi viene in mente un gioco divertentissimo. Carico saliva e la sputo in avanti. Dopo un po’ padroneggio la tecnica e sputo una parabola perfetta che finisce sui capelli di una ragazza. Questa si tocca la testa con la mano, se la odora, e poi guarda il cielo chiedendosi se sta per piovere o se qualche strano pennuto le ha cacato addosso. Non è pioggia, è mezzo chilo di catarro e rimasugli di pane e sarsiccia che c’ho messo un quarto d’ora a scartavetrarmi dai denti. A un certo punto i Pennywise coverizzano Territorial pissings dei Nirvana ed io finalmente capisco perché Kurt Cobain si sparò in bocca.

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Scarafaggi enormi, bambini disabili, Cthulhu, innocenza e anni ’50

Gli Offspring iniziano con una canzone che non conosco, ma sembra carina. Il batterista è nuovo, non so chi cazzo sia. Incredibile ma assisto a una specie di miracolo: la voce di Dexter Holland reggerà più o meno bene per praticamente tutto il concerto, cosa assurda se avete mai visto qualcosa di loro dal vivo. Generalmente Holland dopo venti secondi abbassa tutto di quindici toni. La seconda è Want you bad. Dallo stesso disco prendono pure Original Prankster. Poi Have you ever e Staring at the sun una dopo l’altra. So tutti i testi a memoria. Pretty fly. Why don’t you get a job. Americana. The kids aren’t alright. Ne recuperano quattro da Smash: Bad habit, Self Esteem, Come out and play, What happened to you?. Una sola da Ixnay: All I want. E a me torna in mente quando giocavamo a Crazy taxi sul Dreamcast. Altre due o tre canzoni nuove che non conosco e mi spezzano la poesia. Una è una specie di ballatona semi acustica rivoltante nella sua bruttezza inconcepibile da descrivere. Io e il mio amico passiamo larga parte del concerto abbracciati e facendoci sguardi da gay ingenui. Le canzoni degli Offspring funzionano alla grande dal vivo, dati i super cori e tutti i wooowoowoowowoo che sono un po’ il loro marchio di fabbrica. Poi dopo un’ora finisce tutto. Manco avessero ottant’anni. Manco suonassero death metal a 300 bpm. Io resto un po’ così, da coitus interruptus. Tutti intorno a me sono felicissimi, forse il ricordo del concerto del giorno prima mi influenza giusto un pochino la performance degli Offspring al ribasso. Ma dai sono felice anche io, era una cosa che prima o poi avrei dovuto fare ed è andata meglio di quanto potessi immaginare.

Finito il concerto prendiamo la macchina e andiamo a Recanati, sul Colle dell’infinito, a pisciare, guardando i campi di grano. In onore del poeta.

 

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