Avere vent’anni: SATYRICON – Nemesis Divina

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Difficile non farsi prendere dai sentimenti quando si cerca di trovare delle parole valide per descrivere un capolavoro come Nemesis Divina. E, soprattutto, difficile rendersi conto che sono passati già 20 anni da un disco che probabilmente rappresenta l’ultima vera espressione della gloriosa scena norvegese dei tempi che furono. Da lì a poco, infatti, le varie case discografiche cominciarono a capire come questo genere avesse i requisiti per uscire definitivamente dalla sua cappa underground per diventare fenomeno di massa, con le varie Nuclear Blast, Century Media ecc ecc che si buttarono a capofitto su qualsiasi cosa uscita dalla terra dei fiordi. Poi arrivò Enthrone Darkness Triumphant e il resto della storia più o meno lo conosciamo bene tutti.

Ma alla fine ci frega poco di tutto questo perché siamo qui per parlare di Nemesis Divina, dell’Armageddon imminente, cosa che ci tiene subito a precisare un appena ventunenne e incazzatissimo Satyr nella dichiarazione di guerra iniziale di The Dawn of aNew Age, l’inizio di una nuova era, la battaglia della battaglie tra le forze di Cristo e quelle di Satana, scontro che ovviamente potrà avere un solo ed unico vincitore…Uno dei brani più feroci e allo stesso tempo permeati da una cappa di misticismo nordico (con tanto di litania finale della sacerdotessa pagana Andrea Haugen alias Nebelhexe) che non ha eguali nella storia del genere. Dopo l’altrettanto micidiale Forekhset si arriva a quello che è considerato all’unisono come il brano simbolo dei Satyricon, un tributo commosso alla propria madre terra che non necessita di ulteriori parole ma solo di un ennesimo ascolto in religioso silenzio e totale devozione.

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La cosa che salta subito all’orecchio mano a mano che il disco scorre è la produzione per certi versi rivoluzionaria che caratterizza Nemesis Divina, che, pur lungi dall’avere un sound pulito, è lontanissima dal tipico grezzume sonoro che caratterizzava le produzioni black di un tempo. In particolare la batteria di quel mostro disumano di Frost non è mai in secondo piano ma risulta sempre piuttosto nitida, così come un suono di chitarra secco e tagliente come non si era mai sentito prima, merito anche della presenza di Nocturno Culto (sotto le mentite spoglie di Kveldulv) a macinare riff uno più devastante dell’altro. E a proposito di Darkthrone non si può non citare l’ennesima perla nera di questo capolavoro, il delirio anticristiano di Du Som Hater Gud (Tu che odi Dio), il cui testo interamente in norvegese  è uscito direttamente dalla penna di Herr Gylve “Fenriz” Nagell. Un brano di una ferocia inaudita, una dichiarazione di guerra e profondo odio per quello che è denominato il “cancro cristiano”, quello stesso cancro che ha ridotto la Norvegia e le sue tradizioni pagane in rovine, tematica già affrontata in lungo e in largo dal duo malefico Satyr-Fenriz in Nordavind del loro mai troppo considerato side project Storm. L’assolo di tastiera finale del suddetto brano non ha bisogno di ulteriori commenti, e, a proposito di come usare le tastiere nel black metal, non si può non citare la magnifica Immortality Passion, uno degli esempi più lampanti sul come rendere questo strumento al servizio del brano senza renderlo mai invadente. A terminare il tutto ci pensa la piuttosto ordinaria Transcendental Requiem Of Slaves (interamente strumentale), che pone il sigillo a quello che per molti rappresenta il definitivo canto del cigno dei Satyricon, che mai in futuro si riavvicineranno lontanamente a livelli simili.

Nemesis Divina è un disco fondamentale per capire cos’era il black metal a cavallo di metà anni ’90, sia dal punto di vista sonoro che da quello concettuale, e il non averlo ascoltato e soprattutto amato vuol dire non aver capito assolutamente nulla dello spirito di queste genere. Semplicemente immortale. (Michele Romani)

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