CLUTCH – Psychic Warfare (Weathermaker)
Un disco dei Clutch è un po’ come un pornazzo: ci si può filosofeggiare sopra solo dopo averlo utilizzato per il suo scopo primario, che nel primo caso è farsi una sega e nel secondo scapocciare e muovere il culo. Tutti i discorsi possibili vengono cronologicamente dopo che le relative funzioni base sono state espletate. Io mi ero messo a scrivere la recensione ascoltando l’album, ma non mi è stato possibile mettermi lì a battere le ditine sulla tastiera provando a fare l’intelligentone rockologo: è una cosa che male si abbina all’ascolto di un tizio che sbraita “dynamite!!” con la vena al collo e l’occhio iniettato di sangue. Allora mi sono concesso una quarantina minuti di headbanging e poi ho ho spento lo stereo per cominciare a lavorarci. Bisogna muovere le chiappe: quindi in questo già ci siamo e il disco funziona, ma proviamo ad argomentare meglio.
Dare un seguito ad un album-bomba come Earth Rocker non era una faccenda per niente facile. Quel disco, nonostante siano passati un paio d’anni, non se ne è mai realmente andato dallo stereo; e, a ripensarci, in effetti non so neanche come sia possibile che non sia stato eletto top album dell’annata relativa (ma il 2013 è stato insolitamente carico di roba eccellente, in effetti). Questo, unito al live clamoroso di cui si era parlato all’epoca, ha fatto in modo che, alle prime notizie riguardanti la nuova uscita del gruppo, in molti qui dentro si siano fatti prendere da entusiasmi infantili nonostante la non più tenerissima età.
“Oh l’hai vista la copertina del nuovo dei Clutch? L’hanno pubblicata oggi su fb!”
“Sì sì, fichissima!! Ma che roba è?”
“Ma come? Sono due cannoni!”
“Ah sì certo… i cannoni! Figata! Ma sei sicuro? A me sembravano più che altro delle mega marmitte giganti. No sai… tipo un palazzo con le marmitte.”
Il palazzo con le marmitte. Beh certo, come no. È dove ha la sede il ministero dei Clutch, centrale operativa in cui operosi impiegati passano le proprie giornate a mettere il sigillo di qualità sul rock and roll; l’istituzione che oggi, dopo attente analisi, ci mette a disposizione Psychic Warfare. Un album che soffrirà pure il confronto con il predecessore, e che nel complesso risulta meno pompato ed esplosivo, ma che è anche davvero difficile definire inferiore. I primi due brani vanno esattamente come te li aspetti, tra testosterone a pacchi e bourbon liscio mandato giù tutto in un sorso. Ma, già al terzo pezzo, Psychic Warfare comincia a svelare il suo vero volto e si comincia un discesa nel cuore melmoso dell’America. Si percepisce con chiarezza che la band è stata a lavare i panni nel Rio Grande, il sound si fa più densamente blues e ci si riappropria del gusto del raccontare storie tipico della tradizione. In A Quick Death In Texas il canovaccio è un grande classico della commedia dell’arte delle vallate del Sud: il protagonista fa il birichino con la moglie di un altro, il marito della suddetta non è un tizio con cui si possa ragionare più di tanto ed è anche un grande appassionato di armi da fuoco, e vi lascio immaginare il resto. Gli ZZ Top sono molto più che una semplice influenza, e Gibbons viene addirittura esplicitamente chiamato in causa. Non c’è bisogno di mettersi a suonare bluegrass per fare musica tradizionale americana, i Clutch lo dimostrano per tutta la durata di Psychic Warfare e in piena consapevolezza si pongono come veri ed unici eredi di una storia e un discorso che, partendo da lontanissimo con gli MC5, passa per il già citato gruppo con le barbe ma anche per i conterranei Pentagram (periodo First Daze Here), e che oggi arriva in mano a loro. Il secondo lato in questo senso è illuminante: una breve introduzione (che a me ha fatto venire alla mente gli Earth) e poi parte il pezzo atipico, con la lenta e solenne Our Lady Of Electric Light che approfondisce l’aspetto epico/magico della band del Maryland. Quello dei Clutch è un mondo rurale, giovane e forte, in cui gli uomini non si depilano le sopracciglia, non si fanno le fotine ma bevono birra e prendono a ceffoni le proprie donne quando parlano troppo. E tutti sanno che è giusto così. Un suono di basso grassissimo guida una band dalla pompa esagerata, quaranta minuti all killer no filler che sono una spremuta di virilità. Mazzate quali Sucker For The Witch (chi di noi non lo è?) e Noble Savage dal vivo procureranno non pochi problemi alla security di turno. Il finale poi si chiama Son Of Virginia ed è davvero qualcosa. Occhei, ma è meglio o peggio di Earth Rocker? Ah boh, non lo so, diciamo solo che se dovessero suonare Psychic Warfare per intero nel prossimo tour non avrei proprio nulla da ridire, anzi. Di quante altre band che sono in giro da altrettanto tempo si può affermare la stessa cosa? C’è poco altro da dire, i Clutch oggi fanno categoria a sé e, se questo non vi dovesse bastare, vi ricordo ancora una volta che sulla copertina hanno un palazzo con le marmitte. (Stefano Greco)
Aspettavo la rece fatta da Greco e non sono stato deluso visto com’è scritta bene!Si poteva ridurre tutto a due titoli: doom saloon/our lady of electric light, perchè basta quest’accoppiata per mandare a casa qualche milione di band in circolazione. Sono seriamente convinto che l’unico motivo per cui i clutch non sono la band più famosa del mondo è perchè l’uomo non è pronto per la loro magnificenza, e probabilmente non lo sarà mai.
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se da un lato gli auguro di fare tanti soldini, dall’altro sono contento che continuino a rimanere una cosa solo per ‘noi eletti’, teniamoceli stretti
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mi sa che hai ragione, comunque questo è il mio secondo disco dell’anno(il primo è l’ultimo high on fire) e mi fa girare gli ingranaggi il fatto che in america stiano girando con c.o.c., graveyard e mastodon mentre in italia l’ultima volta che sono passati hanno aperto per quello schifo di volbeat.
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pure per me entrambi in top di fine anno. annata non eccezionale ma quelli buoni sono belli davvero. le posizioni sono ancora da vedere
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