Avere vent’anni: YNGWIE MALMSTEEN – Magnum Opus

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Mi pare che qui sopra del vecchio Yngwie abbia già scritto in un paio d’occasioni il sempre ottimo Charles, e per lo più non erano certo lodi. Lo capisco benissimo ma non condivido, almeno non totalmente. Tipo, prendete quest’album, Magnum Opus: ha un titolo del cazzo, una copertina anche peggiore (anche se non è la peggior copertina che Malmsteen abbia mai tirato fuori; quel titolo spetta a Facing The Animal, per quanto mi riguarda), però è bello un casino. Non ai livelli di Seventh Sign – che ha segnato in un certo senso la rinascita artistica del nostro nella prima metà degli anni novanta, dopo un periodo di appannamento dovuto in gran parte all’arrivo del grunge, decadenza dell’assolo propriamente detto e blablablasapetegiàtutto – ma comunque bello. Oltretutto immagino che buona parte delle canzoni derivino dallo stesso felice periodo compositivo, visto che i due album sono rispettivamente del ’94 e del ’95 e che quasi sicuramente il materiale di Magnum Opus era per buona parte già pronto.

Ora, di Malmsteen si possono dire un sacco di cose, tra le altre che sia un coatto panzone ed arrogante, che faccia album tutti uguali, che suoni senza trasporto e sentimento e tante altre carinerie che negli anni, complice la senescenza del nostro, non hanno fatto che appannarne l’immagine. Cioè, è vero che è un coattone, è vero anche che si tratta fondamentalmente di un arrogante, ma rendetevi pure conto che quest’uomo a neanche vent’anni ha davvero rivoluzionato la maniera di suonare la chitarra. Nessuno suonava come lui, nessuno. E’ stato realmente uno spartiacque tra il prima ed il dopo, ha influenzato un casino di gente, da Paul Gilbert a Vinnie Moore, da Michael Romeo a Jason Becker, nonché Tony MacAlpine, Joey Tafolla, Timo Tolkki, pure il primo John Petrucci e ancora di più.

Per farvi capire il concetto, c’è “gente” che se la tira per una cazzo di serata scroccata alla sagra della fregnaccia e passata su un palco di quattro metri quadri, alto forse mezzo metro, a suonare l’ennesima cover dei Pink Floyd, dei Litfiba, di Ligabue o anche dei Bluvertigo (…),  personaggi che, mannaggia la puttana, sarebbero da asfaltare seduta stante, la stessa “gente” che non a caso se la tira pure nell’unico negozio di strumenti musicali del paesello, quello che non c’ha mai un cazzo di niente tranne ‘sti cazzo di soggettoni allucinanti che puzzano di sfiga lontano mille chilometri a gravitargli inesorabilmente intorno. Questa poi è la “gente” che critica Malmsteen, che a sentir loro suonerebbe “senza feeling” o che “è tutto uguale”, dove invece cazzo il chitarrista dei Bluvertigo “spacca tutto”. “Gente” che a momenti non sa fare manco tre accordi in croce, tipo. Che poi non capite male: io non ho nulla contro i tre accordi in croce o i Bluvertigo o che ne so. Sono convinto più che altro che la musica funzioni così: tutta la tecnica occorrente è quella che ti permette di suonare quello che hai in testa, quello che ti piace. Se ti piacciono tre accordi, va benissimo. Basta non tirarsela. O per lo meno, non alla cazzo di cane.

E quindi ci sta un casino che Yngwie Malmsteen se la tiri. Cazzo, se non se la tira lui chi dovrebbe farlo. Poi sì, lo stile è quello, che dire, o ti piace o non ti piace. A me fino ad Alchemy piace praticamente tutto e Magnum Opus pure tanto, anche se a differenza di altri album non ci sono canzoni che spiccano in particolare, non c’è una Never Die oppure una Anguish And Fear o ancora una Far Beyond The Sun, quei pezzi trascinanti che ti portano naturalmente a riascoltare l’album nella sua interezza e più volte. Qui la qualità c’è, è molto buona ed equamente distribuita su tutti i pezzi, diciamo. Il cantante è il superlativo Michael Vescera, che poi fu scaricato proprio durante il tour di Magnum Opus, pare perchè gli trombasse la moglie (ex moglie, appunto). Tra l’altro proprio durante quel tour fece una data a Roma dove cantò lui stesso un set fatto di pezzi originali ma anche di divagazioni blues e cover assortite. Chi c’era mi dice che fu superlativo, e non stento certo a credergli.

Al momento Malmsteen vivacchia, pare una sorta di Elvis coi capelli lunghi e l’ultimo disco, del 2012, è una porcata inenarrabile. Che volete fare, il tempo passa. Nel frattempo ha anche scritto la sua autobiografia e s’è pure dato alla pittura moderna (non nel senso che adesso fa l’imbianchino, ma che ha preso a farsi fotografare mentre suona con tempi di esposizione lunghissimi, col risultato di ottenere effetti di luce che possono risultare più o meno suggestivi), però se vi capita di vederlo dal vivo sappiate che spacca comunque. E se poi se la tira, bè, ricordate sempre che lui è Yngwie J. Malmsteen e voi non siete un cazzo di niente. Già. (Cesare Carrozzi)

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