VENOM Inc. @Traffic, Roma, 01.10.2014

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I Vader saltano all’ultimo momento, costringendo gli organizzatori ad abbassare in corsa il prezzo del biglietto, a causa di una furibonda lite (questioni di vil denaro, parrebbe) che avrebbe opposto il líder máximo Piotr agli altri membri del gruppo. Secondo le indiscrezioni raccolte dal vostro umile cronista, gli stessi Venom Inc. avrebbero agito da pacieri cercando invano di convincere il frontman polacco a desistere dal proposito di non presentarsi sul palco. Che cazzo, Piotr, te lo stanno chiedendo i Venom. È come se te lo chiedesse Satana in persona. Davvero non c’è più religione. L’orario di inizio delle prestazioni delle altre band di supporto viene quindi posticipato e, nonostante tutti gli sforzi dell’Atac in senso contrario, pur perdendomi i Witches, riesco a godermi quasi tutta la performance degli inglesi Divine Chaos. Death/thrash roccioso e novantiano con qualche curioso svarione melodico dal sapore techno/death. Niente male, anche se si tratta di un genere che dopo un po’ mi stanca. Il tempo di una birra fuori con il sodale Enrico e il Conte Max, che si è portato dietro un collega dell’ufficio che non era mai stato prima a un concerto heavy metal (cercare di guadagnare nuove anime al Demonio è sempre dovere di ogni buon metallaro, ricordatelo), e si rientra: il locale è strapieno e vogliamo cercare di piazzarci il più avanti possibile.

Attendevo il concerto dei Venom Inc. con grande curiosità. Dopo la deludente prestazione di Cronos (che al momento ha i diritti sul moniker Venom) e dei suoi giovani amici al Rock Fest di Barcellona, ero curioso di scoprire se Mantas e Abaddon, insieme al redivivo Tony Dolan (con il quale avevano inciso ben tre album: l’eccellente Prime Evil e i tutt’altro che disprezzabili Temples Of Ice e The Wastelands), avrebbero fatto meglio. La risposta – e un po’ me l’aspettavo – è sì, per due motivi principali. In primo luogo, i Cronos & friends avevano fatto poco più che timbrare il cartellino. Sarà stato il contesto festivaliero che non si prestava, però, a differenza dell’ex compagno, i Venom Inc. si sbattono come matti, cazzeggiano con il pubblico, non stanno fermi un attimo e hanno l’aria di divertirsi un mondo. Il secondo motivo riguarda i suoni. A Barcellona pareva di ascoltare una cover band con il cantante originale. Quella batteria piatta, quella chitarra troppo compressa e tagliente, manco fossero i Lamb of God. E a me, attenzione, i quattro dischi incisi da Cronos in seguito alla, chiamamola così, “reunion solista” sono piaciuti grossomodo tutti. Stasera è diverso. Stasera ci sono il sudore, la rabbia, la cagnara, le madonne, la gente ubriaca che si devasta sotto il palco brandendo bottiglie di scotch. C’è un pubblico partecipe, dall’età mediamente elevata (alcuni astanti avranno avuto sessant’anni ed erano i più fomentati di tutti) e dal giusto coefficiente di degenerazione. A metà concerto vengono portate via a braccia un paio di persone in coma etilico. E soprattutto c’è l’anima, la vera anima dei Venom, quel suono, grezzo, maleducato, primordiale e sferragliante che noi tutti identifichiamo con i satanassi di Newcastle.

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DAJE, VENDITTI!

Ad aprire le danze è Prime evil, unico estratto dai lavori incisi con Dolan. Secondo me è un peccato, quantomeno perché si tratta di una fase della carriera dei Venom troppo ingiustamente sottovalutata. Una Arachnid buttata là ci sarebbe stata bene. C’è poco da recriminare, ad ogni modo: il resto della scaletta pesca unicamente da Welcome To Hell, Black Metal e singoli limitrofi (le obbligatorie Warhead e Die Hard) e zompa del tutto At War With Satan e Possessed, con un paio di recuperi da strapparsi i capelli quali Schizo e Seven gates of hell. L’atmosfera è di autentica festa. Dolan tiene il palco come se stesse a casa sua e agita il suo lucido capoccione con l’impeto di un ragazzino. Ha il physique du rôle del classico hooligan inglese di mezza età che al pub ti spacca una bottiglia in faccia solo perché i colori della tua maglietta gli ricordano quelli della squadra avversaria. Mantas è un’altra sagoma: la stempiatura imponente e i Ray-Ban calcati sul volto per tutto lo show spingono qualcuno ad apostrofarlo con un devastante ‘Daje Venditti!’. Abaddon, nel macello, ogni tanto si incasina e perde il tempo ma è questo che vogliamo sentire a un concerto dei Venom, mica i trigger. Il pogo raggiunge livelli di violenza importanti, siamo pressatissimi ma felici, la tizia davanti a me agita i pugni e ogni tanto mi dà un cazzotto in faccia senza avvedersene. Chiusura affidata a una bordata di classiconi da restarci secchi: Welcome to hell, Black metal, Countess Bathory e Witching Hour, dove i livelli di caciara toccano apici tali che pare di ascoltare la cover che avevano fatto i Mayhem su Deathcrush. Chissà perché, non suonano In league with Satan, che era stata esclusa anche dalla scaletta di Cronos. Magari c’è qualche aneddoto inquietante legato al brano che non sappiamo.

Il verdetto del vostro affezionato è lapidario: quegli altri faranno pure dischi carini ma, almeno dal vivo, i veri Venom sono questi qua.

Scaletta:

Prime evil
Die hard
Don’t burn the witch
Live like an angel (die like a devil)
Buried alive
Raise the dead
One thousand days in Sodom
Warhead
Schizo
Seven gates of hell
In Nomine Satanas
Bloodlust
Sons of Satan
Welcome to hell
Black metal
Countess Bathory
Witching hour

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