Avere vent’anni: CATHEDRAL – The Carnival Bizarre

Veri eredi dei Black Sabbath, prima di tutto perché inglesi, riportano in Europa il baricentro del sabba nero negli anni ’90 e, quando il doom europeo si stava spostando sempre più verso il gothic, loro, i Cathedral, tornavano indietro nel tempo per ribadire il messaggio originale di Tony Iommi: lo personalizzano, lo elaborano, lo rallentano e lo rendono unico e irripetibile.

Volendo affrontare uno qualsiasi dei primi e grandi capolavori dei Cathedral non si può veramente prescindere dal fare una immensa introduzione sulla figura di Lee Dorrian, delle sue origini punk/HC/grind, dei Napalm Death, delle sue influenze, dei Black Sabbath, del doom, dei Pentagram, dei Saint Vitus, della Rise Above e così via. Non c’è abbastanza tempo. Forse basterà dire che Lee Dorrian è veramente uno di noi, è un modello a cui i ragazzini di oggi dovrebbero ispirarsi, è uno che ha dedicato la sua vita alla musica del demonio, a scriverla, scoprirla, farla emergere; Lee Dorrian siamo noi perché noi siamo venuti su con la sua musica ed oggi continuiamo a farlo attingendo ai frutti della sua ricerca continua, senza la quale saremmo tutti più poveri dentro e sicuramente più ignoranti. Lee Dorrian è una figura immensa nel panorama metal e doom, uno di quei personaggi ingombranti e importanti, il cui nome ritorna di continuo; uno che ha l’esperienza giusta per poter organizzare eventi grandiosi e che gestisce ed accresce il bacino musicale del narcosatanismo più importante del mondo; non è una star, non uno che si atteggia a grand’uomo, ma lo è, così come Tony Iommi, una delle persone più umili mai viste il cui basso profilo nasconde una profondità di storia, competenza, genio oscuro, che non possiamo neanche concepire. La grandezza di una persona la vedi anche da queste cose e Dorrian, degno erede di quella genìa malefica, è uno che infonde rispetto; così pure quello dei Cathedral è un argomento da trattare con cautela perché questa è gente che la mattina va a fare colazione al bar con Mefistofele. 

The Carnival Bizarre forse non è il miglior disco dei Cathedral, questo in fondo dipende dai gusti, ma sicuramente è un momento di passaggio importante per la storia dell’hard rock successivo e anche per l’evoluzione della band. Veniva dopo un incredibile EP in cui Dorrian si era concesso il lusso di sperimentare e mischiare il doom con quanto gli passasse per la mente. Statik Majik è un dischetto a cui era molto affezionato al punto di dichiarare che Cosmic Funeral fosse il suo pezzo preferito di sempre, un brano dal groove settantiano maestoso e dalla complessa articolazione doom/psichedelica. È un momento di passaggio, si diceva, di cui lo stesso Iommi fu partecipe ed autore, intuendone forse la caratura, siglando con la sua hand of doom gli immortali riff di Utopian Blaster. Tony decise di far da testimone a questo momento così come Dorrian fece con Paul Chain. Mi piace pensare che Satana abbia articolato questo piano di evangelizzazione nera utilizzando quelli che al momento riteneva i suoi migliori alfieri del Male.

The Carnival traghetta la band in una dimensione sempre più hard rock e meno doom, se paragonata con i nerissimi, lenti e inquietanti esordi di Forest of Equilibrium. L’inquietudine però resta nonostante il suono si faccia più aperto e il ritmo più veloce. Restano le voci demoniache di Dorrian, i ruggiti profondi, i rumori infernali, accompagnati dai riffoni sabbathiani del grande Gaz Jennings (il quale – attenzione – oggi suona nei Lucifer, realtà da tenere sott’occhio). Quindi un disco di hard rock venato di psichedelia (la title track ne è un chiaro esempio) che regge la botta al confronto del grandioso ed insuperato The Ethereal Mirror, album che già muoveva il suo suono verso queste sponde mantenendo ancora predominante l’aura doom. In The Carnival si passa da due a una chitarra, con l’uscita di Adam Lehan. Da questo momento, e fino alla fine, la band di Dorrian rimarrà un quartetto, in ottemperanza alle disposizioni di Sir Iommi; leggenda vuole, infatti, che all’epoca della registrazione di Utopian Blaster, Sua Oscurità disse che i Cathedral avrebbero fatto bene a continuare con questa formazione. Così è stato. Impossibile non menzionare le opere di Dave Patchett, con le sue inquietanti e demoniache visioni boschiane, senza le quali un disco dei Cathedral non sarebbe tale, essendo sempre un’esperienza visiva prima ancora che uditiva. È un album che, nonostante duri un’ora, tiene la mente sempre sveglia e spinge l’immaginazione verso epoche oscure – Hopkins (The Witchfinder General), il brano dedicato al film di Reeves, Il Grande Inquisitore – e profonde dimensioni infernali.

Quasi tutte le band stoner/doom di oggi dovrebbero versare un grande tributo a Lee Dorrian e ai Cathedral. (Charles)

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