IRON MAIDEN: leggere i segni in THE BOOK OF SOULS

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La notizia più importante è che Bruce Dickinson sta bene ed è guarito dal cancro. La presentazione di The Book of Souls, che era già pronto da un po’, era stata ritardata proprio in attesa che si sapesse qualcosa di più circa le condizioni di salute del cantante. Ebbene, l’universo mondo giornalistico ha già provveduto a diffondere il lancio del sito ufficiale, limitandosi perlopiù a tradurre quanto riportato, quindi sarete già tutti abbondantemente informati sul cosa ci aspetta: un’ora e mezza di torture chiusi dentro un’arrugginita Vergine di Norimberga. Che il nuovo, doppio album degli Iron Maiden, operazione mai tentata prima, possa nei fatti essere qualcosa di diverso da una tortura è la speranza in cui tutti riponiamo fede ed essendo l’ultima a morire faremo il possibile per sopravvivere ad essa. In attesa che nuovi e più emozionanti dettagli ci vengano svelati, non possiamo che dire qualcosa sui due elementi che al momento risultano disponibili: il nuovo Eddie e il logo.

Il sesto membro del gruppo si diceva tanti anni fa, quando i Maiden avevano il numero giusto di chitarre. Intuizione iniziale di Rod Smallwood, primo e più importante manager degli inglesi negli anni ‘70, Eddie the Head, insieme ad un logo accattivante e riconoscibile, rappresenta una delle chiavi del successo degli Iron Maiden. Un volto con cui non si voleva identificare uno zombie o cose del genere, anche se quello di oggi ne ricorda le fattezze e l’attuale, preponderante, moda delle soap opera per casalinghe depresse, tipo The Walking Dead, potrebbe portarci a pensarla così, ma semplicemente un volto umano scarnificato. Senza voler fare troppa storia, 35 anni dopo la sua prima apparizione nella penombra di un pericolosissimo vicolo (Running Free), l’Eddie di oggi ci appare in primo piano, come in una foto segnaletica, ma senza la sua bella cresta punk. Quella, infatti, era la prima intenzione del suo disegnatore storico, Derek Riggs, cioè trovare qualche similitudine con l’immaginario punk ma adattandole al contesto heavy metal. “Volevo dipingere una figura semi scheletrica che si aggirasse nelle vie di Londra”, diceva Riggs, affinché, cambiando da disco a disco, potesse diventare, come è avvenuto, il marchio di fabbrica più importante dell’HM. L’ultimo Eddie nasce dalla mano di Mark Wilkinson che già aveva collaborato coi Maiden e pure con i Judas Priest (sua fu la realizzazione della nuova estetica dei Priest di Jugulator). La nuova copertina è minimale e, senza starvi a leggere chissà quali significati, sembra voler ricordare proprio l’Eddie del primo album, ricalcando un po’ lo stile Riggs. Poi ci diranno a cosa si sono ispirati ma nel frattempo ricordiamo pure che Eddie nelle intenzioni del suo creatore, da sempre contrastanti da quelle di Harris & Co, non doveva avere nessuna connessione coi testi dei vari dischi. Queste sue idee e la sempre maggiore insistenza con cui i Maiden gli chiedevano (ai tempi di No Prayer for the Dying) di raffigurare il mostro mentre spaccava delle cose, lo porteranno ad allontanarsi dal gruppo. Un peccato mortale, perché gli ultimi Eddie sono veramente orripilanti: quello di The Final Frontier assomiglia troppo a Predator e non parliamo di quello di Dance of Death la cui copertina, la più brutta mai fatta per i Maiden, fa talmente schifo che anche il suo (presunto) autore, David Patchett, ne disconobbe la paternità. L’ultima produzione veramente bella (come pure il cd che racchiude) è quella di Brave New World che esce dalle mani del ripudiato Riggs, guarda un po’; una speciale menzione anche per l’Eddie del best of Edward the Great, di Tom Adams.

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Finalmente il logo con le punte!” ho letto da più parti. Sì, cazzo, finalmente. Tutti i veri fan dei Maiden gioiranno di questa piccola e insignificante riconquista. Il logo con le punte, con la R, le N e la M che superano la linea del testo, era stato abbandonato, insieme al concetto di buon gusto, nel lontano 1998 con Virtual XI per tornare in qualche sporadico best of e nel live Flight 666. Quello piatto era veramente inguardabile. E poi il logo originale non è una cosa affatto banale; viene anche prima di Eddie, secondo me, nell’identificazione della band ed ha, diciamo così, nobili origini. Ricordiamo che Harris lo disegnò copiando ispirandosi alla locandina del film di fantascienza L’uomo che cadde sulla Terra, con David Bowie, che data inizi del 1976, in corrispondenza, dunque, della costituzione della band. Nota per i maideniani più feticisti: prima ancora, il particolare carattere era stato abbozzato sulla copertina di Green Eyed God, primo e unico album dei proggers inglesi Steel Mill, datato 1972.

Visto che è stato citato Brave New World, ricordiamo pure che questo doppio album è stato registrato negli stessi studi parigini in cui nacque l’ultimo gran disco degli Iron Maiden. Speriamo che almeno questa coincidenza significhi qualcosa. (Charles)

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