Avere vent’anni: FAITH NO MORE – King for a Day, Fool for a Lifetime

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Vent’anni fa usciva King for a Day, Fool for a Lifetime e in un’intervista dell’epoca Mike Patton affermava: Abbiamo fatto quello che avevamo in mente di fare. Non so se avremmo dovuto farlo, ma almeno lo abbiamo fatto. Penso che questo sia un disco pop ed è ciò che il pubblico americano chiede, aggiungo io. Per capire entrambe le affermazioni bisogna andare con ordine, facendo un piccolo passo indietro nel tempo a quegli anni che vanno dal periodo post Angel Dust al ’95, provando a raccontare questa storia attraverso le parole dei membri della band.

Angel Dust fu l’ultimo album con Jim Martin alle chitarre; si sentiva parlare tantissimo di scontri e dissidi all’interno del gruppo sorti, secondo l’opinione di una cordata interna alla band, principalmente a causa dello stesso Big Sick Ugly Jim e correvano anche voci circa il possibile e improvviso scioglimento dei Faith No More. In realtà, lo dico per inciso, credo che Martin si trovò a ricoprire il ruolo non richiesto di capro espiatorio di una lunga serie di problemi sedimentati nel tempo che ora stavano venendo a galla. Sono anche anni di grande successo, la cui onda lunga partiva da The Real Thing (il video di Epic girava vorticosamente su MTV): in Europa AD era andato benissimo (in America un po’ meno) e la cover di Easy di Lionel Ritchie era in heavy rotation su tutte le radio. In quello stesso periodo Roddy Bottum (tastierista ed eminenza grigia dei FNM) confessa la sua omosessualità lasciando spiazzati gli altri membri del gruppo che non avevano subodorato nulla fino a quel momento, o almeno così andavano affermando. Solo Jim, il duro e puro, il macho del gruppo, pare se ne fosse accorto. Diceva Billy Gould, il bassista storico della band: Ho scoperto questa cosa leggendola su una rivista di musica. Io davvero non avevo capito che fosse gay. La cosa non era mai stata discussa prima, quindi un po’ mi sono incazzato. Non che essere gay sia un problema, ma non avrei voluto apprenderlo in questo modo. Credo di essermi sentito personalmente offeso. Bottum, per inciso, lasciò scemare la polemica dicendo semplicemente che nessuno glielo aveva chiesto. Ma in quegli anni Bottum era anche un consumatore accanito di eroina tanto che Gould stesso, l’amico d’infanzia, ebbe a dire: Nel periodo del tour di Angel Dust era un’altra persona e non il ragazzo che conoscevo da vent’anni. Non mi piaceva per niente. Si aggiunga alla lista dei problemi personali la morte del padre, la separazione dal suo fidanzato storico e il suicidio di due amici, uno dei quali sarà Kurt Cobain che, racconta, tenterà di dissuadere dal compiere atti estremi. 

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Ulteriore piccolo flash-back necessario: quando scrivo a proposito dei FNM mi capita di parlare anche troppo spesso di Patton, ma è doveroso ribadire che il gruppo venne su dall’amicizia tra Gould e Bottum, un’amicizia nata tra i banchi di scuola in Hancock Park, lussuoso quartiere residenziale di Los Angeles praticamente attaccato a Hollywood, dove i due vivevano da ragazzini insieme alle loro famiglie entrambe più che benestanti, essendo i genitori degli avvocati di successo. A diciotto anni, sempre insieme, lasciano quartiere e famiglie per iscriversi all’università di San Francisco dove, nell’81, conoscono Mike ‘Puffy’ Bordin e lo prendono come batterista della nascente band. Alla luce di quanto detto è più facile comprendere perché Gould rimase così deluso da questo coming-out, visto pure che, come raccontava egli stesso, Bottum non lasciava trasparire nulla, anzi era sempre pieno di donne (tra queste si contava anche Courtney Love, l’ultima donna con la quale, pare, fosse uscito).

Torniamo al nostro anno 0, il 1993; si diceva che i FNM prosperavano commercialmente e che AD arrivò al nr. 2 nelle charts britanniche ma non andò come si sperava negli USA, un’assurdità per un gruppo all american. Questo successo a metà cominciava, come spesso accade, ad insinuare il dubbio che target e immagine della band non fossero totalmente a fuoco e rispondenti alle ‘reali intenzioni del gruppo’. Per meglio comprendere di cosa stiamo parlando è bene dire che lo stile compositivo dei 5 di Frisco è sempre stato visivo o visuale, che dir si voglia. Diceva Gould a tal proposito: Noi iniziamo descrivendo una scena. Diciamo che c’è un tizio in una Cadillac scassata con la tappezzeria strappata. Dietro ci sono scatole vuote di Kentucky Fried Chicken e bottiglie di liquore di malto. E c’è un seggiolino per bambini. Aggiungerà poi che In realtà, l’immagine divenne ‘Edge Of The World’ che poi è cambiata un po’ nel tempo (le lyric di Patton parlano di un molestatore di bambini). Sempre a tal proposito, ma parlando di King for a Day, Patton dirà: La cosa che preferisco in particolare in questo disco è quello di scrivere testi e non dire alla band di cosa sto parlando, così poi loro devono indovinare. Di solito mi fanno ‘Stai dicendo quello che penso tu stia dicendo?’ che poi risulta essere pure meglio di quello che ho scritto io.

fnmCome le immagini nei testi, che per questo motivo restano quasi sempre incomprensibili, così l’immagine di band in quanto tale diventa il naturale proseguimento del discorso e in quel preciso momento l’immagine dei FNM era incarnata nella figura di Jim Martin: un tizio grande e grosso fissato con l’heavy metal, che va in giro vestito da cavallaro ma con tre paia di occhiali colorati portati uno sull’altro. Capite da soli che tutto ciò faceva pesantemente a botte con un determinato concetto di music business. Jim ha sempre avuto una sua immagine, dice Gould, portava un cappello da cowboy, sigaro e barba. In un certo senso abbiamo dovuto prendere una decisione, perché aveva un’immagine ben definita e un sacco di persone associavano quella della band alla sua. Un bel personaggio dunque (pare che vivesse ancora con sua madre), ma da qui a cacciarlo per motivi di standing ce ne vuole. Infatti la faccenda è più banale: la grana, è sempre quello il problema, e di grana i FNM ne stavano tirando su a palate. Per avere il quadro ancora più completo si aggiunga pure che nel ‘93 i FNM giravano in tour con i big dell’epoca, Guns N’ Roses e Metallica (anche se a Bottum quei tizi non erano mai piaciuti, né prima né dopo aver fatto il tour con loro), e leggenda vuole che la Slash Records considerasse Angel Dust un suicidio commerciale da cui occorreva riprendersi il più presto possibile.

Encore sul capitolo dissidi interni. A parte il fatto che Bottum e Martin erano uno l’antitesi dell’altro (uno homo e l’altro macho), il vero problema risiedeva nella personalità strabordante di Mike Patton: quando entrò nei FNM era un ragazzino (netta e percepibile è la differenza nella maturazione della voce da The Real Thing dell’89 ad Angel Dust) che il disco praticamente era già stato scritto. In AD, invece, sarà fortissima la sua influenza: si lancia con prepotenza nel songrwriting, non limitandosi più alla mera scrittura dei bizzarri testi, e di fatto buttando fuori Martin dal processo compositivo/decisionale. E dire che all’inizio il ragazzo non era neanche ben accetto da tutti. Diceva Gould: Per i primi due anni Mike non mi piaceva, ho pensato che alcune delle cose che ha fatto fossero piuttosto immature. Quando si unì alla band era un moccioso del cazzo, un piccolo bambino arrogante. Sembrava terribile, ma lui era l’unico ragazzo tra quelli che abbiamo provato che realmente avesse funzionato. Ecco, questo ragazzo ingenuo che non aveva mai sorseggiato alcol prima, non è mai stato in un bar… Mi sentivo abbastanza responsabile di aver portato questo bel bambino felice nella band.

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evidenti differenze di stile…

Mike, superata la fase verginale, diventa rapidamente il nuovo centro di gravità e minaccia di lasciare la band perché non in completo accordo con Martin. Durante un famoso concerto dichiarerà apertamente il suo odio nei confronti del Big One, spingendosi al punto di gettargli un microfono addosso. Da qui parte la ‘macchina del fango’ contro Jim Martin e tutta la band si mostra coalizzata contro questo strano tipo che la gente comune, dato il look così atipico, iniziava a riconoscere come la vera icona del gruppo. Secondo Gould Jim è diventato totalmente insoddisfatto rispetto alla direzione che aveva preso la nostra musica e se in un primo momento era solo un po’ ‘fastidiato’ rispetto ad ogni idea che ci veniva – tipo faceva la faccia disgustata – ha iniziato in seguito a non presentarsi proprio alle prove. Su un sacco di pezzi di quell’album (Angel Dust. ndr) ho dovuto riempire io le parti di chitarra. Credo che l’unico pezzo su cui ha avuto un impatto reale fosse ‘Jizzlobber’. Martin era l’anima funky e metal allo stesso tempo (quella funky muore praticamente con AD, quella metal ne viene fortemente ridimensionata) ma è vero che le ultime musiche scritte esclusivamente da Martin sono proprio quelle di Jizzlobber: un pezzo che non ha molto da invidiare a uno qualsiasi degli Slayer di quel periodo. In pratica è il testamento di Jim Martin.

Due cose su King for a Day, arrivati a questo punto, bisogna anche dirle. Il ’94 è l’anno in cui si sublima il rapporto simbiotico e la relazione a doppio filo tra FNM e Mr. Bungle, con l’arrivo di Trey Spruance al posto di Jim (prima di lui avevano provinato Kevin “Geordie” Walker dei Killing Joke). Quando arrivò, ci fa sapere Gould, lo sottoposero ad una specie di rituale di accettazione facendolo spogliare completamente all’interno di un cerchio di candele. La scelta di Trey (ricordiamo che era stato sempre il vecchio Martin a far ascoltare agli altri la demo death metal dei Mr. Bungle) non era né scontata né a portata di mano perché Patton, in quel periodo, non andava d’accordo nemmeno con lui (abbiamo avuto un passato un po’ squallido dice Mike). Tutti, però, erano concordi su un punto fondamentale, quello di semplificare lo stile musicale e sgrezzare (o ripulire, come preferite) l’immagine della band. Bordin: Invece di mettere tutto in ogni canzone, abbiamo voluto prendere le cose e renderle un po’ più semplici. Forse questo è ciò che si può definire ‘pop’ o una ‘sensazione di leggerezza’. E Bottum: Volevamo andare in una direzione diversa, volevamo un suono nuovo e Jim ce lo impediva. Così approda Trey: Credo che nel mio caso sia stato molto doloroso per Patton rendersi conto che dove non ci sono subordinati non c’è insubordinazione. Siamo un popolo di narcisisti patologici dopo tutto e Mike era quello più avverso all’idea di farmi entrare nel gruppo. Ma, si sa, di necessità virtù…

Ovviamente, a tutto ciò ci sono arrivato molto tempo dopo perché quando uscì King for a Day, Fool for a Lifetime per me i FNM erano quelli e nient’altro, e tutto mi suonava così meravigliosamente sublime. Oggi, però, posso dire che con l’uscita del Big One una parte dei FNM, quella che ancora preferisco, sia definitivamente morta o cambiata in modo irreversibile. Inquadrato il disco in questa rilettura della storia della band, appare evidente che da qui in poi i Faith No More, da metal band affetta da insane tendenze alla contaminazione e che sfuggiva a qualsiasi definizione più precisa, grazie a King for a Day (l’album ‘pop’, l’album ‘leggero’, l’album ‘americano’) diventano una band di alternative-metal, ma dal potenziale ancora gigantesco. (Charles)

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