HELLFEST 2014, l’alfabeto del devasto

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A come ANZIANITÀ. La nostra, che non siamo più i panzer di una volta. Oddio, la fiamma nera del metallo ci protegge, quindi alla fine sopravviviamo sempre. Io però a un certo punto mi sono addormentato sotto il boschetto di fronte ai palchi centrali e mi sono risvegliato mentre suonavano i Sepultura. Per l’anno prossimo a Charles era venuta l’idea di andarci in camper ma mi sa che è saltata, Carlè. In camper arriviamo massimo all’Agglutination.

B come BLASHYRK. Una enorme cornacchia nera su una piattaforma in posizione strategica che è diventata il nostro punto d’incontro, sia per la posizione strategica sia soprattutto perché era per l’appunto una enorme cornacchia nera, che associavamo al possente corvo Blashyrk che sorveglia le anime dei morti e che dava l’opportunità a Michele Romani di strillare screaming al cielo quando non si sentiva osservato.

C come CROWDSURFING. Avete rotto il cazzo.

D come DEATH TO ALL. Per quanto mi riguarda la sorpresa più grande dell’Hellfest. Sono riuscito a vedere solo una ventina di minuti, ma è stato probabilmente il concerto migliore dell’intero weekend da parecchi punti di vista. Mai mi sarei aspettato qualcosa di così enorme. Il suono era perfetto. Non so se riesco a rendere l’idea dicendo perfetto. Era come sentirsi un cd dei Death su uno stereo professionale sparato al massimo. Purtroppo non esistono riprese professionali dell’evento, ma da qualche video su youtube si riesce a intuire. Inoltre raramente ho sentito gente suonare così bene dal vivo: del resto avevo di fronte metà dei Cynic e Steve DiGiorgio che suonavano cose come Flattening of Emotions e Spirit Crusher, voglio dire. Hanno chiuso con la doppietta Zombie Ritual/Pull The Plug e in quel momento ho deciso che avrei dovuto andarmeli a vedere da qualche parte al più presto e a ogni costo, senza badare troppo ai soldi o all’incolumità psicofisica, perché questo è uno di quei casi in cui, se sei metallaro, tutto il resto passa in secondo piano. Lo consiglio anche a voi: se amate i Death, prendete il primo aereo disponibile e correte a vederli ovunque suonino.

arredamento del paninaro corso

arredamento del paninaro corso

E come EPIDEMIA. Quella che abbiamo rischiato noi e tutti gli altri avventori del mefitico stand di panini all’esterno del festival, gestito da corsi. Un posto così lurido che al confronto i peggiori centri sociali impallidiscono. L’ultimo giorno il tizio che serviva le patatine le prendeva a manciate senza coprirsi l’enorme cerotto che aveva sul pollice, completamente zuppo di olio rancido, sangue e pus, una roba che si sarebbe messo a vomitare pure Bear Grylls.

F come FOTO CON LA GENTE COLLASSATA. Devono assolutamente diventare la nuova moda di internet, e insieme alle capre che urlano dovranno soppiantare le immagini coi gattini pucciosi.

G come GLOBALIZZAZIONE. Due esempi opposti: il primo è un tizio indiano, coi capelli lunghissimi e la maglia di In The Nightside Eclipse, beccato nelle prime file durante gli Emperor e che conosceva tutti i testi a memoria. Calcolate che neanche io e Mighi Romani conosciamo a memoria tutti i testi di quel disco sia perché lì la voce non si percepisce benissimo sia perché nel booklet le liriche sono scritte in maniera discorsiva, senza il punto e a capo. Abbiamo cantato Inno A Satana tutti e tre abbracciati e quello sembrava quasi sul punto di piangere.
L’altro esempio è un coglionazzo mulatto che, dopo la vittoria del Costa Rica sulla Nazionale, ha sentito Carlo in fila al bar e ha dato il via a questa conversazione:

“Sei italiano? Io sono costaricano!”
“Mi fa piacere.”
“No dai, scherzo, sono francese ma voi avete perso col Costa Rica, ahahah!”
“Quindi sei francese? Strano, dal colore della tua pelle mi sembrava fossi davvero costaricano”.

Il tizio lo ha imbruttito ma Carlo gli ha riso in faccia ed è rimasto fermo, facendolo andare via con la coda tra le gambe. Perché noi possiamo pure uscire ai gironi, però voialtri state calmini eh. Hail a valanga al beneventano più amato dagli Dèi del metal, che Satana protegga per sempre il blackster indiano e che lo spirito di Marco Materazzi possa spezzare i malleoli del mentecatto col passaporto francese per l’eternità. 10379904_10152186063832536_1222822066584961647_o

H come HORTUS CONCLUSUS. L’Hellfest è davvero un piccolo mondo antico del metallaro, e i tre giorni di durata secondo me sono studiati apposta in base alla resistenza media dello spettatore di un concerto del genere. C’è pure una valuta interna per la birra. Peccato solo che letteralmente di hortus non abbia moltissimo perché è posizionato su una specie di potenziale cava di ghiaia dalla quale si scatenano micidiali tempeste di sabbia e polvere al più leggero alito di vento. Mettetevi un fazzoletto o una bandana davanti a bocca e naso e bagnatela ogni tanto, altrimenti finirete come noi che non l’abbiamo fatto perché pensavamo fosse una cosa poco eterosessuale e adesso abbiamo ancora tutte le vie respiratorie otturate dopo una settimana.

I come ILLUD DIVINUM INSANUS. Io e Ciccio lo abbiamo trovato a 5 euro e l’abbiamo comprato. È un oggetto d’arredamento indispensabile in ogni salotto che si rispetti e poi credetemi che in quei tre giorni di cose hardcore radikult ne abbiamo fatte parecchie.

J come JOHN DOE. Lo sapete, è il nome dato negli USA a quelli che vengono ritrovati in giro senza documenti e senza che si abbia la minima idea di chi siano. Alcuni di quei tizi visti in preda di un collasso particolarmente estremo avranno fatto la stessa fine anche a Clisson, ne sono sicurissimo.

K come KRONENBOURG 1664. A quanto ho capito è l’equivalente della Peroni in Francia, anche se poi tanto ai concerti la birra nel bicchiere di plastica ha sempre quel sapore di Levissima torbata. Del resto è l’unica spiegazione del fatto che se te ne bevi tre litri in un pomeriggio alla fine stai relativamente tranquillo e devi solo stare attento a non prendere malattie ai bagni chimici perché ci andrai circa una volta ogni mezz’ora.

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L come LACRIME. Versate in quantità copiosa per i Black Sabbath ma qui, come ha ricordato Ciccio, è inutile parlarne. Quelle versate per gli Emperor, invece, sono state frutto della realizzazione di uno dei miei sogni proibiti d’infanzia. Sono andato all’Hellfest solo per loro (nel senso che se avessero suonato in qualunque altro posto, anche da soli, sarei andato lì) e ho anche preso a calci nel sedere un paio di furbastri che cercavano di spingermi via dal posto che avevo guadagnato dopo un’ora e mezza di attesa. Hanno fatto tutto In The Nightside Eclipse, il primo disco black che abbia mai ascoltato ormai quasi vent’anni fa, più due pezzi da Wrath of the Tyrant. Il vederli con Mighi Romani affianco ha probabilmente fatto allineare le stelle in modo da favorire il risveglio dei Grandi Antichi.

M come MAINSTAGE. Di palchi principali ce n’erano due affiancati, e i concerti partivano alternati a cinque minuti l’uno dall’altro. Si sentiva un po’ uno schifo: gli Iron Maiden ce li siamo più che altro immaginati, i Dark Angel avevano il suono del quintultimo gruppo di spalla di qualche festival thrash metal della Versilia con gli Xentrix headliner. Emperor e Black Sabbath già più decenti anche se lì eravamo davvero sotto il palco. Da lontano non si sentiva nulla: gli Aerosmith è come se non li abbia mai visti, e di altre cose osservate di sfuggita come Behemoth e Soulfly ricordo solo un suono come di uno sciame di zanzare dentro a una busta di plastica. Lì davanti c’era solitamente il più grosso assembramento di persone e per un secondo, durante la calca per avvicinarsi ai Maiden, ho temuto un effetto-Heysel quando  c’è stato un ondeggiamento di troppo; per qualcuno conservare il posto guadagnato era in cima a qualsiasi priorità, come quel tipo che durante i Maiden pur di non correre in bagno si è cacato addosso. È un mondo difficile. Comunque i palchi principali sono all’aperto e vi consiglio vivamente di prendere in considerazione l’ipotesi di usare una bandana bagnata come dicevo prima.

N come NO PROGRAMMI TROPPO ARDITI. Noi ogni giorno pensavamo di guardarci dieci-dodici concerti di fila e poi finivamo puntualmente collassati nel boschetto. Ho perso gli Unleashed e mezzi Kylesa, maledizione a Giovanna D’Arco.

O come ODIO IL KEBAB. Colonna sonora ufficiale della spedizione:

Phil Anselmo c’era coi suoi Illegals ma non l’ha cantata, mannaggia. Di divertente però ha detto che i Motley Crue e gli Skid Row fanno schifo e che i francesi sono degli stupidi ad averlo fatto cantare a mezzanotte perché avrebbero dovuto immaginare che a quell’ora lui è sempre totalmente ubriaco. Al suo concerto ho visto una tipa da sola che sono quasi assolutamente sicuro fosse Ana, la bassista degli Haemorrhage, che su Facebook posta sempre canzoni di gruppi grind e sotto ci scrive temazo o maestros. A proposito di kebab, l’alimentazione del festival è mefitica e quasi sempre finirete per comprare cose a caso perché nessuno capisce l’inglese: addirittura delle bariste non conoscevano il significato delle parole water e hamburger. Cioè tu vendi hamburger e non sai che vuol dire hamburger. Tenete presente che ci si può portare il cibo da fuori, così quantomeno si è sicuri di non stare mangiando salsicce di pantegana o essere umano.

DSC02650 P come POZZE DI PISCIO. Stefano Greco ci aveva avvertito nel report dello scorso anno, ed effettivamente erano lì. Il problema delle file ai bagni maschili è stato completamente risolto con la dislocazione di numerosissime mangiatoie per cavalli indove noi raffinati stilnovisti ci recavamo a orinare, di solito con una mano per aria a fare le cornine. Questa cosa ha effettivamente eliminato qualsiasi tipo di fila ai bagni, ma verso il terzo giorno il sistema ha cominciato a vacillare e le temutissime pozze di piscio si sono formate. Per passarci sopra in alcuni punti ci avevano messo delle assi di legno ma, quando il terreno sotto ha cominciato a cedere per tutto il piscio, quelle stesse assi di legno schizzavano e facevano cic-ciac e vi assicuro, non era piacevole. Ho visto una ragazza fare la pipì nelle mangiatoie. Ciccio invece ha visto un tizio collassato sotto una di queste mangiatoie alla fine dei Turbonegro. Un saluto al grandissimo genio che ha pensato di mettere la ruota panoramica esattamente sopra ad un recinto pieno di queste mangiatoie.

R come ROOTS BLOODY ROOTS. Sentita due volte, a distanza di un giorno, dallo stesso palco, da parte prima dei Soulfly e poi dei rimasugli dei Sepultura. Entrambe le volte mi è sembrato di sentire due cover.

S come SNIEZKA. La vodka migliore di tutto il Carrefour. A proposito di vodka, due parole per i millemila russi che popolavano il residence sono d’obbligo; rigorosamente in mutande a ogni ora del giorno e della notte, con panze mostruose che esibivano fieri mentre bevevano qualsiasi cosa contenesse alcool sin dal primo mattino. Andavano a dormire dopo di noi, bevendo, e si svegliavano prima di noi, bevendo. Durante il giorno, indovinate? Bevevano. Uno di loro, in preda ai fumi dell’alcool, ci ha detto “Russia, Ucraina, Bielorussia, tutti fratelli!”. Come no. Nasdrovie!

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T come TEMPLE/ALTAR. I due palchi ‘estremi’ dell’Hellfest, uniti sotto un unico tendone da circo, che si attivavano alternativamente. Lì ho visto i miei primi due concerti, Destroyer 666 e Impaled Nazarene, e non ci ho capito nulla. Il suono, all’inizio del venerdì, era pessimo: basti dire che gli ImpNaz mi hanno suonato Motorpenis davanti, a dieci metri, e io non l’ho neanche riconosciuta. Un problema di fonico, comunque: come già detto, da un punto di vista di pulizia sonora i Death To All sono stati perfetti, e Carcass ed Enslaved più che buoni. Un innegabile vantaggio di questi due palchi è che, sotto a questo tendone, in pieno giorno è più fresco e di sera c’è un po’ di tepore.

U come ULTRAS TARANTO SENZA PADRONI. Un eroe con questa maglietta è stato visto aggirarsi all’interno dell’area del festival. Se ci leggi, hai una birra pagata dai tizi di Metal Skunk.

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V come VALLEY. Il palco stoner e affini, pure questo coperto. Era anche una specie di tappabuchi: l’anno scorso qui ci suonarono i Manilla Road (a saperlo ci sarei andato solo per loro, qua la parola ROSICATA va scritta in maiuscolo); quest’anno ci ho visto pure Phil Anselmo. Purtroppo non l’ho frequentato molto, e anche i Kylesa (uno dei miei feticci personali) non sono riuscito a vederli tutti perché dovevo prendere il posto per i Maiden. Ricapiterà.

W come WARZONE. Il palco punk/hardcore, grossomodo. Messo lontano dagli altri, defilato al limite del ghettizzato, dietro i cessi e le mangiatoie di piscio. Probabilmente il palco migliore del festival, per resa sonora e visibilità. Ci ho visto due concerti magnifici (Slapshot e Turbonegro) e uno imbarazzante dei Millencolin, che non pensavo esistessero ancora ma la cosa più incredibile è che a 40 anni ancora non hanno imparato a mettere quelle due note in croce.

X come XXX. Ho giurato e spergiurato alla mia ragazza che ai concerti metal ci sono pochissime femmine e che comunque il contesto è ANTIFIGA in generale; poi arrivano Stefano Greco e il Messicano e parlano solo di supermodelle e tizie che cercano di rimorchiarli. Io le uniche tette che abbia mai visto in vent’anni di militanza concertistica sono state quelle dei numerosissimi sosia del titolare della fumetteria dei Simpson perennemente a torso nudo che buttano litri di sudore pure a gennaio. Invece ho visto una cosa molto romantica: due fidanzatini, stravaccati per terra a notte inoltrata e completamente sbronzi, che cantavano I respect your feelings as a woman and a human degli Anal Cunt. Ho anche fatto un brindisi con loro.

Y come YOUNG AT HEART. Noi, sempre e comunque.

Z come ZOO. Certe volte là dentro sembrava davvero di stare in uno zoo. C’erano soggetti assurdi di tutti i tipi, vestiti nelle maniere più buffe e vistose, con l’apice raggiunto da un tizio ultraquarantenne che, alla fine dell’ultimo giorno, andava in giro con l’aria serissima e vestito solo di scarpe e perizoma. Il prossimo anno ci andiamo tutti vestiti da pirati anche se non vengono gli Alestorm.

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