ROTTEN SOUND – Species At War (Season Of Mist)

ImageNe approfitto per fare il paio con l’anticipazione che tempo fa il buon Ciccio aveva dato dell’Ep in uscita. E’ sempre la stessa roba. Magari il dischetto segna un lieve ritorno a sonorità più in linea con la tradizione, a patto che questa parolina significhi realmente qualcosa, o molto più semplicemente esso si presenta come il logico esito discografico di pomeriggi che la band ha passato a registrare roba tra mille impegni vari, tra i quali, ricordiamolo, il tour di addio dei Nasum con il buon Keijo alla voce, l’uomo che -non mi stancherò mai di dirlo- con la sua gimmick totalmente nasumiana e la presenza di un buttafuori con poco senso dell’umorismo, quel 22 giugno a Bologna ci diede realmente l’impressione che il tempo si fosse fermato a quando i Nasum vivevano il loro stato di grazia. Doveva essere il periodo di sgonfiamento dell’hype successivo alla promozione di Helvete. Quanti ricordi.

E insomma, per tornare al dischetto, è la classica cosa un po’ disorganica perché trova pochi appigli alla normale continuità a cui una band in evidente ascesa tende, soprattutto ora che la scena s’è un po’ svuotata di grandi nomi e dopo che gli stessi Rotten Sound hanno mostrato appeal anche per un pubblico profano all’indomani della pubblicazione di un discone come Cycles, ma anche perché quello che scarti dalle session per un possibile futuro disco nella prassi grind diventa quasi sempre un Ep o uno split. Senza dimenticare che di Ep la band ne rilascia a iosa.

Ora che ci penso, quando mi avvicinai al buon Keijo per scambiare due chiacchiere io nel mio inglese oxoniense (“Noio vulevam savoir…”) e lui nel suo, tra una maglietta venduta, un disco autografato e un tizio che gli offriva una sorsata di liquore, mi aveva accennato alla possibile pubblicazione di un dischetto, all’epoca non si sapeva se split o Ep. Ecco, oggi sappiamo che è un Ep.

Lasciate perdere per un po’ la deriva sperimentale (e deludente) di Cursed e pensate più all’impatto inarrestabile di Cycles. Fatevi una ragione se la produzione ultracompressa (tradizionale per i Rotten Sound ma tutto sommato nulla di nuovo, è proprio quella che, in un certo modo, ha inventato il compianto Mieszko) vi scassa i timpani e raffredda un po’ la resa tutta umana che un disco grind dovrebbe di regola possedere. Tanto lo sappiamo che hanno un grande batterista. Completa il tutto una puntina di sano ed ignorante swedish sound del tipo più classico.

Messa così, ci si aspetta un disco tutt’altro che deludente.

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