NOISEAR – Turbulent Resurgence (Willowtip)

Noisear - Turbulent Resurgence (2012)La splendida covata grindcore di diversi anni fa ha permesso alla scena di creare le basi per un certo ricambio di sostanza, in qualche modo. Numerose band che si nutrivano e ancora si nutrono di underground, ad esempio, sono venute allo scoperto solo dopo la pubblicazione della compilation in due volumi curata da Scott Hull (o Pino Scott, come preferisco chiamarlo per la sua dedizione stakanovista alla causa) This Comp Kills Fascists. Tra le varie band che svettavano in quella raccolta c’erano proprio i Noisear, accompagnati da un pugno di altri nomi degni di essere ricordati chi per impatto (Insect Warfare, ma loro erano veramente un caso a parte), chi per dedizione alla causa (i novantiani Population Reduction), chi per straordinaria presenza e originalità della proposta.

Ma se questo non ha cambiato radicalmente l’offerta musicale sul piano delle vendite (non ha garantito, cioè, che il genere potesse imporsi monolitico come trend o pseudotale), almeno ha reso evidente una notevole varietà di scelte stilistiche che nei migliori casi coincidevano con la proliferazione di nuovi acts. Non ha molto senso impegnarsi adesso in riflessioni sociologiche sul grindcore ma l’unica osservazione che mi sento di fare riguarda proprio il riconoscimento da parte dei membri delle singole band di un sound che è proprio di una filosofia di genere. Prendere o lasciare. E, se lo prendi, devi suonare così e cosà. Se poi sei davvero bravo, tanto meglio.

Ecco, detto questo, mi pare comunque sia chiaro che oltre certe follie concepite e realizzate da Brutal Truth o Discordance Axis sia praticamente impossibile spingersi. Per questo motivo tendo a salutare ogni uscita carica di sperimentazioni o altro con tiepido entusiasmo e a valutare effettivamente la proposta delle singole band più nel merito di una continuità storica che non in relazione alle effettive capacità tecniche messe in pratica disco dopo disco. Anche perché un po’ mi destabilizza che una band di genere veramente precario come il grind si preoccupi dell’ampliamento dei margini sonori da cui prendere ispirazione. 

Nel caso della band in questione, poi, ci troviamo davvero davanti ad una realtà sviluppatasi nell’arco di circa quindici anni, capace di portare avanti, disco dopo disco, tutta una serie di riflessioni che rendono sempre più ingombrante la presenza dei Discordance Axis stessi, come dei più recenti Gridlink, band per la quale lo stesso Brian Fajardo, batterista dei Noisear, ha prestato servizio (ma la continuità con altre band come Kill The Client o Phobia è ben più complessa). Questo solo per dire come un rapporto così complesso tra capisaldi ed epigoni non possa sciogliersi facilmente in favore degli uni come degli altri.

Sono convinto che resterò forse più legato a sonorità classiche e impetuose, grazie alle quali deve riuscirti sempre più facile fregartene del fattore tecnico o di produzione, ma sarò sempre piacevolmente colpito da anarchici tentativi di fuoriuscire dallo schema precostituito, soprattutto se, come nel caso dei Noisear, il risultato riesce ad accontentare sia lo scenester più al corrente delle novità, sia il metallaro medio.

I tecnicismi ci sono, sono evidentemente frutto di ore passate a risuonare riff intricati di canzoni della durata di appena trenta secondi, segno di quanto la dedizione sia sincera e il confronto con questo genere totalizzante. E magari questo disco supera pure il precedente Subvert The Dominant Paradigm, di cui a suo tempo parlò un boss più che entusiasta. Io no, per dire.

E’ un gran disco, dài, c’è tutto quello che si può apprezzare in una band che ricicla gli stilemi dei Discordance Axis ma non per farsi bella, diciamo,  riuscendo ad integrarsi in un tessuto ancora saldamente grindcore. O, per vederla da un altro punto di vista, un disco un filino più classico e meno schizoide, adatto a gente che non digerisce questa nuova ondata rumorista.

Ciao.

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