Le cose che contano #1. Di naufragi, collezionismo e somiglianze

Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d’Anchise che venne di Troia…

Una sera a casa di Ciccio per un attimo interrompo il frenetico gozzovigliare per percepire con inequivocabile chiarezza il raggiungimento del nirvana. Si stava mangiando salsicce del supermercato con crauti in scatola, si beveva birra Bavaria, si ascoltavano i Grave Digger, Knights of the Cross nello specifico, album sottovalutatissimo a parer nostro. Condizione di serenità e beatitudine. La gente, povera lei, non lo sa e forse non lo saprà mai, ma noi invece lo sappiamo bene. Partendo da queste basi concettuali, che poi ragionando in senso lato salsicce-birra-heavy metal sono le chiavi di lettura di tutto Metal Skunk, la summa theologiae, la trinità che ci protegge da questa misera condizione umana, su tali basi dicevo si può erigere qualsivoglia costrutto metafisico che riguardi qualsiasi discorso vogliate. Perché queste sono le cose che contano, insieme a poche altre ancora come ad esempio la filmografia di Nicolas Cage, Vate e guru di questo blog, la cui benevolenza e il cui spirito sempre ci protegga (ma da quando ho appreso questa notizia mi sento in dovere di spendere una preghiera anche per Jean-Claude Van Damme). È con siffatta disposizione d’animo che mi accingo ad inaugurare codesto contenitore di commentari sparsi e a cuore aperto su ciò che più mi aggrada. La smetto ora di cazzeggiare perché sto ascoltando From the Depts dei Karybdis che è un affare serio. A volte basta poco per uscire dall’anonimato, infatti del gruppo mi aveva colpito principalmente la denominazione mitologica. Karybdis infatti non è altro che il mostro Cariddi la quale insieme a Scilla era responsabile, a sentire gli antichi Greci, dei numerosi affondamenti di navi che transitavano per le acque tempestose dello Stretto di Messina. Pericolosissime come solo le donne sanno essere. Perché abbiano scelto l’una piuttosto che l’altra non è dato sapere ma i richiami al mito sono presenti anche nella tracklist: Minotaur, Medusa, Maelstrom. Spenderò qualche parola in più proprio perché sono esordienti. Il caos irrazionale ed inspiegabile personificato dal mostro è ben rappresentato dalle sfuriate death metal, molto classiche e ben congegnate fra il tecnico e il melodico a seconda dei casi, e altre più hardcoreggianti, che quasi al solo nominare la parola di solito mi viene il mal di stomaco. Invece in questo caso le nevrosi hc non mi hanno dato fastidio più di tanto anche perché poco presenti tutto sommato, per mia fortuna. Loro, i ragazzi in questione, sono inglesi ma si vestono da americani con quella specie di mutanda in testa e i pantaloni bracaloni che è frequente osservare indosso a siffatta gente. Non sono dunque ignoranti e senza storia come la maggior parte dei cugini d’oltremare che non sanno dov’è l’Iraq figuriamoci lo Stretto di Messina. O forse non ci ho capito niente e loro si riferivano solo a Tano Cariddi. Album di esordio comunque molto promettente e, insieme a quella degli In Mourning, la copertina più immaginifica dell’anno. Dall’associazione di idee tra mutande e naufragi mi viene a mente quella volta in cui mi trovavo in barca a vela nella Maddalena quando fummo colpiti da una improvvisa, fortissima, tempesta; dopo 4h di maestrale che ti sparava secchiate d’acqua gelida in faccia, rollii e beccheggi spaventosi, con la prua che si inabissava sotto ogni onda, riuscimmo a tirarci fuori illesi, barca ed equipaggio, da quel casino terribile. A un certo punto affiancammo un’imbarcazione e notammo con una certa ansia -perché sarebbe potuto capitare anche a noi- che aveva le vele stracciate e sventolanti come una mutanda appesa, a causa della furia del vento e probabilmente di qualche manovra errata. Quella volta s’è rischiato sul serio di andare a scogli. 

Ma che ne sanno gli Alestorm

Delizioso comunque è anche l’ultimo album di Kiko Loureiro. Mi ricordo che all’epoca vendetti il cd di Angels Cry, che adoravo alla follia ma che avevo ormai memorizzato così bene da ascoltarmelo in testa senza manco dover accendere lo stereo, per tirar su qualche soldo necessario ad acquistare una copia super limitata-extra-lusso-cartonata-fregna da morire di Holy Land (appartengo alla categoria di quei polli che si fanno fregare sempre dal gusto del possesso di una special edition, come quell’altra volta che comprai il longform digipack di Power Plant e già provavo vergogna di me stesso mentre ero alla cassa a pagare, e pure invidio da morire Ciccio che possiede una versione limitatissima di Filosofem che una sera di queste lo accoltello in testa, gli mangio il cervello e me ne scappo con il digipack, poi do la colpa al coinquilino lucano che è la persona più buona e paziente che io abbia mai conosciuto). Ovviamente in seguito me ne pentii perché in mezzo ai 10 traslochi che ho fatto negli ultimi 15 anni ho perso almeno una cinquantina di cd compreso Holy Land e ora mi ritrovo con un pugno di mosche ma con molti bei ricordi. È stato proprio in onore a quei bei momenti passati con gli Angra, il cui mito per me ancora permane perché scientemente decisi di non ascoltare più nulla dopo Holy Land (vedi Napoli e poi muori insomma, e adesso non voglio nemmeno sapere cosa facciano), che mi sono “procurato” Sounds of Innocence (Kiko la crisi ce sta pe’ tutti, devi da capì), ennesimo album solista del brasiliano: soft prog, simil fusion, hard’n’heavy alla Satriani ma con meno scleri. Che poi l’altro chitarrista degli Angra, Rafael Bittencourt, assomigliava tale e quale a un amico mio ma ogni volta che glielo dicevo lui si incazzava. L’amico mio, non Rafael. Insomma io ne sarei andato fiero. È vero, non è una cosa della quale puoi menar vanto nel mondo delle persone normali perché se fai notare a una ragazza qualsiasi che assomigli a Rafael Bittencourt quella come minimo ti bolla come un povero sfigato e ti scansa manco avessi un brufolo purulento sulla punta del naso. Però se bazzichi per locali frequentati da metallari e ti vanti di assomigliare a Rafael Bittencourt, magari ti spacci per il fratello di padre diverso, e una macchina del tempo ti catapulta negli anni ’90 quando questo nome diceva qualcosa a qualcuno (mentre oggigiorno chi se lo fila il povero Rafael Bittencourt), beh insomma può darsi pure che ci scappi qualcosa, no? Poi il tuo nome comincia a girare, la gente ai concerti ti indica da lontano quando entri nel locale “Oh, quello è il tizio che assomiglia a Rafael Bittencourt!”, “Ammazza è uguale uguale!” e le tipe cominciano a frequentarti solo per poter dire alle amiche che sono state col tizio che assomiglia a Rafael Bittencourt. Cioè, che ne puoi sapere? Secondo me conta moltissimo assomigliare a qualcuno importante. Per esempio invidio Bargone che assomiglia tanto a quello che penso sia Lord Kaiaphas in questo video dal minuto 0:30 in poi (anche se lui dice di assomigliare a James Franco). A prescindere da chi sia è uno che sta in un video black metal, uno dei più brutti di sempre insieme a God Loves the Dead (grande pezzo) ma vabbé, quindi grande stima Robbé. Per non parlare di Matteo Ferri il quale ha l’onore di assomigliare all’attore che impersona Lord Baelish in Game of Thrones, ed è un doppio onore se ci pensate. Primo perché è uguale ad un personaggio chiave della serie tv più heavy metal di tutti i tempi, secondo perché tale personaggio nella storia gestisce un bordello. Fossi in Matteo andrei in giro vestito di lunghe tuniche e guarderei gli altri con fare snob e un po’ altezzoso ma allo stesso tempo con l’espressione di quello che la sa lunga perché gestisce un bordello, mica un banco-frutta al mercato. Ciccio poi, è evidente la sua impressionante rassomiglianza con Slash, se si mettesse un cilindro, una parrucca coi riccioli neri, i Ray-Ban e si facesse una lampada (anche se lui dice di assomigliare al tizio degli Husker Du e in effetti è vero in un modo inquietante). Il fatto che quando Ciccio suona il basso nel suo gruppo provi involontariamente ad imitare John Myung è un altro paio di maniche. France’, secondo me dovresti giocare di più su ‘sta affinità con Slash piuttosto che con Myung, certo il secondo è un bel modello a cui tendere ma qualcosa mi dice che con Slash si acchiappa di più. Come invidio pure il cantante dei The Rasmus che è paro paro a Dani Filth il quale a sua volta è uguale a Smeagol (come si spiega sennò la fama di entrambi?). Invece io non mi posso vantare di un fico secco visto che la somiglianza che di solito mi si attribuisce è quella con Thiago Lacerda Ribeiro, l’attore che impersona Matteo Battistella, bracciante di origini italiane sfruttato da un crudele proprietario terriero, tal Gumercindo Telles de Aranha, nella sua fazenda. Ora, sarà pure un bel ragazzotto e la cosa può farmi anche piacere ma datosi che recita in una sfigatissima telenovela brasiliana che va in onda su Rete4 al pomeriggio credo che l’unica groupie che mi possa aspettare sia la casalinga di Voghera e questa è la cosa meno heavy metal con cui abbia mai avuto a che fare in vita mia (a parte il fatto che l’attore ha lo stesso cognome del cantante dei Moonspell). Roberto invece dice che assomiglio al tizio di Desperate Housewives che sta con la Longoria che poi si chiama pure Carlos e mi spiega che è un uomo d’affari straricco che si è sposato il troione, poi quando scopre che lo tradisce col giardiniere tenta di uccidere il giardiniere. Poi passa varie vicissitudini, ma pur rimanendo un bonus pater familias che si spezza la schiena, la sua storia è sempre attraversata da scatti di violenza verso il prossimo, e superfregne. Ma Roberto è un amico e gli voglio bene. Purtroppo altri prima di lui mi hanno già fatto il lavaggio del cervello col tizio di Rete4. Ciccio non si arrabbierà se adesso dico due parole sulla sua copia carbone riccioluta. L’ultimo album di Slash -dovete sapere- non è niente male. Il precedente omonimo album del 2010 era un pout pourri di canzoni piacevoli ed orecchiabili, di volta in volta interpretate da un personaggio diverso alla stecca del microfono. C’era Ozzy, Ian Astbury dei The Cult, Chris Cornell che sta pure sotto al divano di casa vostra, poi quella gnocca di Fergie, Lemmy, Iggy Pop, Kid Rock, il tale dei Maroon 5, Biscardi, Pol Pot e la marmotta che impacchettava la cioccolata. Tutta bella gente che manco a Beverly Hills 90210. Insomma un bel baraccone voluto dal chitarrista dei Guns’n’Roses al fine ultimo di dimostrare a tutti che lui si era fatto un giro di amici più ampio di Axl ‘Kung-Fu Panza’ Rose. Una scelta molto intelligente perché in questo modo si è piazzato subito sul mercato e ora, che Apocalyptic Love si fa voler bene, ci resta e continua a macinare bei dollaroni mentre quel panzone di Axl fa la fame e dorme sulle panchine delle stazioni ferroviarie. Alla voce c’è il solo Miles Kennedy (anche lui nel carrozzone del 2010) uno cresciuto a Guns e Pearl Jam, le cui influenze nell’album si fanno sentire. Nel complesso niente di che ma spicca il brano Anastasia che se non avessi la testa già piena dei testi di gente come Faith No More, Elegy e Archenemy mi metterei a cantarla a squarciagola sotto la doccia. (Matteo Battistella)

7 commenti

  • lettura divertente, as usual

    Lord Baelish però è un bastardo, riesce a spiccare in una storia piena di bastardi eccellenti per bastardaggine, capacità da chessmaster e anche una sorta di obliqua simpatia che fa quasi perdonare il fatto che abbia tradito Eddard Stark. non il fatto che sia un mezzo pedofilo stalker però…

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  • Oh comunque è proprio vero che l’heavy metal cambia radicalmente il tuo modo di vedere la vita. Anche noi tra amici non possiamo fare a meno di trovare le varie somiglianze con questo o quell’altro musicista. Io sarei Hetfield(solo io non ce la vedo ‘sta somiglianza), poi c’è Dan Swano, Glenn Danzig e addirittura Jon Lord.

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    • Fa che trovo una tunica identica a quella di Lord Baelish e ti prometto che al prossimo incontro salsiccialcolico mi presento vestito così. Per la visita al bordello vedrò cosa si può fare , magari organizzatevi in gruppo in orari mattutini che c’è meno traffico.

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  • Oh è vero che Roberto è James Franco!

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  • ma precisamente come è fatto questo rarissimo digipack di Burzum – Filosofem? mi viene il dubbio che sia come quella che ho io, cioè con un libretto attaccato al digipack di 5 pagine in norvegese e tedesco + le solite bellissime immagini dei quadri di Kittelsen…

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  • grazie…allora mi sa che è proprio la stessa. il formato del mio è tipo libro 15×21 cm. Viva il conte!

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