GRAVE DIGGER – Clash Of The Gods (Napalm)

Metal Skunk esiste da circa due anni e mezzo e questa è la quarta uscita discografica dei Grave Digger di cui ci occupiamo. Dapprima The Clans Will Rise Again, il primo con Axel Ritt alla chitarra al posto di Manni Schmidt, seguito poco dopo dal consequenziale live album The Clans Are Still Marching; dopodiché, poche settimane fa, il singolone introduttivo Home At Last; e ora quest’ultimo disco, il loro quindicesimo, Clash Of The Gods. Per tacer del bagnoschiuma. Una prolificità sinceramente poco giustificata, se consideriamo che il periodo migliore della band di Chris Boltendahl risale ormai a venti anni fa (la tripletta Heart Of DarknessTunes Of WarKnights Of The Cross, e mettiamoci pure l’ep Symphony Of Death). I Grave Digger fanno tanta simpatia e spaccano sempre eh, per carità, però nella loro carriera hanno fatto grossomodo tre canzoni (veloce, midtempo, cadenzata) e ognuna di queste canzoni ha, sempre grossomodo, un suo precipuo riff e un suo precipuo ritornello. Così accade che, dopo solo dieci secondi di ascolto di ogni pezzo, uno possa già immaginarsi quale sarà la melodia principale; ad esempio parte Medusa e tu sai già che alla fine il ritornello sarà una cosa tipo ME-DUUU-SAAAH, con la batteria che rallenta sui tom eccetera. È raro sbagliarsi, e d’accordo che il metallo tetesco ci campi, del già sentito, ma insomma.

In generale, nell’anno in cui gli Accept rilasciano Stalingrad e i Running Wild Shadowmaker, le loro migliori prove da parecchi anni a questa parte, i Grave Digger ripiombano in un anonimato quasi inevitabile se si ha la smania di fare uscire un disco ogni due anni. È un peccato, perché il precedente The Clans Will Rise Again, pur non essendo un capolavoro, si faceva piacevolmente ascoltare e soprattutto aveva una sua cifra stilistica particolare che lo rendeva un minimo diverso dall’essere il solito disco dei Grave Digger. Ciò che è invece questo Clash Of The Gods: un album non brutto ma anonimo, banale e tendenzialmente noioso. 

Non sono male l’opener God Of Terror, la cadenzatissima (e SULFUREA, direbbero i recensori che ne sanno un casino) titletrack arabeggiante, e la melodica Walls Of Sorrow, che ricorda in maniera impressionante William Wallace ma che a conti fatti è forse la migliore del disco. Il resto è quasi tutta carne da cannone composta in cinque minuti con la mano sinistra e gli occhi bendati, tanto per giustificare la partenza in tour. Quantomeno da citare Death Angel And The Grave Digger: non tanto per essere l’ennesimo pezzo col riff di Heavy Metal Breakdown (anzi, quantomeno stavolta hanno avuto la decenza di non farci un video apposta come è successo per il disco prima) ma per il titolo demente che sembra il bill di uno di quei tour scrausi del sudest asiatico. A questo punto attendiamo, non so, che Piet Sielck scriva Testament And The Iron Savior, o che Kai Hansen componga Metallica And The Gamma Ray.

È, ribadisco, un peccato perché i Grave Digger sono gli unici o quasi ad aver cannato in questo 2012, fin qui mediamente ottimo per il metal classico e il power. Come già detto, l’edizione limitata di Clash Of The Gods conterrà un comodo borsello a tracolla in cui riporre insaccati e lattine di Faxe quando vi recherete gioiosi ad un concerto di metallo tetesco. A tal proposito i nostri hanno organizzato un tour atomico con Wizard, Majesty e Gun Barrel; e sono sicuro che sarà una cosa fenomenale, anche perché di Clash Of The Gods ne suoneranno a stento una. Si raccolgono adesioni. (barg)

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