SOULFLY – Enslaved (Roadrunner)

I Soulfly mi hanno sempre fatto schifo. Sempre. E non per pregiudizio: il debutto omonimo lo aspettai con la bava alla bocca, sicuro che fosse Max la parte buona dei Sepultura (capitemi, ero piccino) e che questo suo nuovo mirabolante gruppo avrebbe scritto pagine importantissime della storia del metal. Penso fu la prima seria delusione musicale della mia vita (anzi, la seconda: la prima erano stati i Prodigy con il trucido The Fat Of The Land, che peraltro è una specie di corrispettivo truzzo dei Soulfly – anche se a conti fatti migliore di qualsiasi disco dei Soulfly).

Inutile proseguire il blablabla di lagnanze retroattive: parlare del nuovo Enslaved è come parlare di uno qualsiasi dei dischi precedenti, non tanto stilisticamente quanto per tutto il carrozzone concettuale che si porta dietro. Non è tanto la retorica terzomondista, una roba tipo Serena Dandini meets Machine Head, quanto l’ostentato infantilismo, l’ignoranza innalzata a vessillo, il non-sapere come attitudine e stile di vita. Max Cavalera è uno che ancora adesso, a 43 anni suonati, si comporta e si veste e parla come ai tempi di Roots; però peggio. Sono otto dischi che va avanti coi Soulfly e ancora spara gli stessi identici proclami contro le multinazionali, i fascisti, i maschilisti, gli americani, gli xenofobi, i pedofili, gli interisti o che so io; ma sempre a livello di frasi fatte, senza mai esprimere un pensiero vagamente strutturato o personale. Una superficialità allucinante che assume importanza proprio perché Cavalera non si pone come un guascone amante della birra e delle tette grosse tipo, boh, Tom Angelripper. Cavalera ci rompe i coglioni da vent’anni con le sue ciance sulla spiritualità, il globalismo, il cambiare il mondo etc, e poi se ne esce periodicamente con una delle sue puttanate da quattro soldi che ti aspetteresti tutt’al più dal gruppetto di ventenni parcheggiati all’università di scienze-di-qualche-cosa che il giorno animano le riunioni del consiglio studentesco e la sera suonano alla saletta occupata per combattere il sistema. Il discorso lirico e quello musicale vanno di pari passo: è sempre il solito vuoto spinto, col riffone trutratutrutra con il doppio pedale e le linee vocali abbaiate; e io immagino che se Cavalera campasse fino a duecento anni ne farebbe altri cinquanta di dischi uguali a questo, con quel riff, quell’attitudine che per essere metal è ridicola e per essere hardcore è ridicola, i giri di basso come si usava a fine anni novanta negli studi di Ross Robinson, LA STESSA CAZZO DI VOCE dal 1994 e avresti pure rotto il cazzo, mai provare qualcosa di diverso, mai nemmeno cazzeggiare, sempre serissimo, sempre convinto di fare una cosa importantissima per svegliare le coscienze, sempre con quei cazzo di dreadlocks in testa che ormai ci avranno fatto il nido pure le cicogne, con i milioni sul conto corrente ma sempre e comunque vestito da punkabbestia, e dai che non ci crede più nessuno, ma per chi cazzo ci hai presi, manco tenessimo GIOCONDO scritto in fronte.

comprereste una macchina usata da queste persone?

Sul serio, Max Cavalera ha rotto il cazzo. Perdonate il mio inqualificabile turpiloquio, ma non saprei come esprimere meglio il concetto. E poi: visto che ormai è passato parecchio tempo, lo posso dire con più disinvoltura: ricordiamoci che questo è stato anni e anni e anni e anni a parlare in ogni intervista e in ogni disco del figlioccio morto in un incidente stradale; ed era un ricatto morale di cattivissimo gusto, perché ti prendeva proprio a male giudicare negativamente la musica dei Soulfly se lui ogni 2×3 ti ricordava che questa è dedicata al figlioccio, quest’altra l’ha scritta quando ha saputo che è morto il figlioccio, quest’altra parla di quello che lui si augura succeda a chi ha investito il figlioccio, quest’altra l’ha scritta quando il figlioccio era nella sua stessa stanza, eccetera. Cioè oh, e dai cazzo. Io detesto chi sbatte le cose proprie in piazza, soprattutto in casi come questo quando tu dovevi addirittura sentirti a disagio per dire che I SOULFLY FANNO SCHIFO AL CAZZO. Ma è un ricatto morale, porca puttana, e se tutti i musicisti facessero la stessa cosa con le loro tragedie personali qua dovremmo chiudere tutto e parlare solo di Chris Bay, ché lui è felice e vive nel fantastico mondo dei Teletubbies. Sul serio, io mi sento tuttora in dovere di giustificarmi. A me dispiace del figlioccio. Voglio essere chiaro su questo perché conosco i miei polli e ce n’è parecchi di minus habens in giro che poi commentano i post esternando la propria balogia –ed è per questo che commento di rado, e mi dispiace perché la maggior parte dei commentatori abituali sono pure molto simpatici e brillanti ma io non voglio rischiare di farmi invischiare in qualche flame perché sono decisamente troppo vecchio e stanco per queste cose. Quindi lo ribadisco: a me dispiace del figlioccio, mi è dispiaciuto all’epoca e mi dispiace tuttora. Però niente può cambiare il fatto che i Soulfly sono una presa per i fondelli e se si sciogliessero domani verso l’ora di pranzo il mondo sarebbe un posto migliore.

Non ho parlato di Enslaved, il nuovo album, perché non c’è molto da dire. Fondamentalmente è sempre lo stesso disco, la stessa zuppa insipida e senza alcun motivo di esistere, lo stesso inutile girare intorno allo stesso inutile punto. Il problema non è fare sempre lo stesso disco, e neanche fare sempre la stessa canzone, e neanche fare sempre lo stesso riff. Il problema è l’attitudine. Max Cavalera, molto sinceramente, da un punto di vista attitudinale non solo è patetico, ma è pure quanto più distante dal metal io riesca a immaginare. Quantomeno per quanto riguarda il metal come lo intendo io. E a me i Nailbomb piacevano, per dire. Poi vabbè, ovviamente i Sepultura vecchi sono uno dei migliori gruppi della storia dell’umanità. Io da ragazzino avevo un poster di Max Cavalera sopra alla scrivania. Era tipo il ‘97 e quello esteticamente era ancora com’è adesso; però i dreadlocks erano di colore naturale, ancora non se li tingeva per nascondere i capelli bianchi. Chiudo qui perché altrimenti rimango qui fino a domani a parlare male di Max Cavalera, e per quanto oggi possa sembrare assurdo c’è stato un periodo della mia vita in cui l’ho letteralmente adorato. È un mondo difficile. (barg)

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