Once upon a time in Norway #6 – De senectute

Più o meno una settimana fa, un profilo Facebook sedicente legato a Burzum ha pubblicato una serie di foto “promozionali” del nuovo album Umskiptar. La cosa aveva del surreale, così come i commenti alle foto, apparsi a migliaia nel giro di poche ore; parevano presi da Radio Radicale ai tempi d’oro.

Le foto raffiguravano Vikernes in mezzo a un bosco, vestito, mi si perdoni la schiettezza, da deficiente. Passi la divisa, passi l’elmetto, passi la balestra (?), ma l’elmo vichingo con il paranaso, la cotta di maglia, le pose in attacco verso la macchina fotografica pensavo di essermele lasciate alle spalle.

Il ridicolo – non voluto, quindi ancora più caustico – fioriva nei commenti dei suoi stessi fan, sia quelli del white pow(d)er del sottoproletariato europeo che quelli con un minimo di sale in zucca. I primi ad esaltarlo come grande guerriero, i secondi a spanciarsi dalle risate.

C’era una cosa, però, che mi pare più seria. Lo sguardo inespressivo, poco convinto, in fin dei conti stanco, il corpo seduto a riposarsi sul parafango di una jeep. Non so cosa nascondesse quello sguardo e non voglio specularci, ma era evidente una certa vecchiezza e una certa Gebrechlichkeit, proprio quella che cantava lui una quindicina d’anni fa, anche solo a guardare le rughe e l’ingrigirsi dei capelli.

Forse tutto ciò è normale per chi ha quasi compiuto quarant’anni e ne ha passati parecchi non proprio col drink con l’ombrellino sulla spiaggia. Ma mi ha stupito, questa mattina, trovare questo comunicato sul sito ufficiale di Burzum.

Pare che Vikernes se la prenda – oltre che con chi ha già messo in rete l’album, cosa comprensibile dal lato artistico e commerciale – con chiunque si spacci per lui sui social network; quindi, dobbiamo concludere, anche con chi ha pubblicato quelle foto e ha dato spazio a tutti quei commenti. L’unico canale ufficiale di informazione è il suo sito, dice, e questo ci basti. Però Vikernes stesso pubblica quel servizio fotografico su burzum.org, il che conferma che quelle foto, fatte così e cosà, non sono state rubate da Fabrizio Corona inviato in Norvegia, ma sono state scattate per suo preciso intento.

Forse è un problema di sopravvalutazione: le dichiarazioni post 22 luglio non mi hanno fatto cambiare idea su Vikernes – che rimane, a mio insignificante parere, uno stronzo patentato – ma non mi aspettavo una tale mancanza di senso del ridicolo. A ciò si aggiunge la chiosa del comunicato, che traduco a braccio:

Quindi, perché non ho e non voglio aprire un profilo su Facebook, Myspace, Twitter o siti del genere? Be’, è molto semplice. Prima di tutto ho burzum.org e non ho bisogno d’altro. Tutte le informazioni veritiere le trovate lì. In secondo luogo non voglio legarmi a un sito di proprietà e che esiste per il beneficio economico di alcuni sporchi banchieri e altri porci capitalisti – e credetemi, è proprio quello che fanno quei siti. Chi li gestisce è moralmente corrotto e malvagio, e sta facendo del suo meglio per distruggere l’Europa (in termini biologici), come luride zecche che succhiano il sangue di creature umane innocenti.”

Insomma, lì per lì uno sarebbe pure tentato di dargli ragione. Poi ti leggi il passo sottolineato (l’enfasi è mia, ovviamente), e sei subito rassicurato. È solo il solito Varg – almeno il solito da alcuni mesi a questa parte, come dicevo in un’altra occasione – che, probabilmente, sta invecchiando. Mio padre spesso ripete che il disprezzo della vecchiaia è prerogativa dei giovinastri: “diventerai vecchio anche tu – se sarai fortunato”, ripeteva un anziano esacerbato sul tram, rivolto ad alcuni adolescenti insofferenti che non volevano cedergli il posto a sedere. Forse, essendo più giovane di Vikernes, dovrei astenermi dal giudizio. Ma ben sapendo di fargli un torto, gli auguro una vecchiaia serena, magari con qualche prodotto caseario biologico in più e qualche comunicato stampa in meno. (Giuliano D’Amico)

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