BORKNAGAR – Urd (Century Media)

Parliamo dei Borknagar come se fossimo in birreria davanti a un litrozzo di bionda magari però astenendoci da rutti e bestemmie. Detta come va detta vi giuro che mi sono approcciato al nuovo album dei Borknagar con una buona dose di preconcetto nell’immaginare di trovarmi di fronte all’ennesima inattaccabile sequela di brani ben suonati ma senza carattere. Dopo un paio di minuti che ascoltavo Epochalypse ho cominciato a sperare in qualcosa di molto di più di un mediocre albumetto da cazzeggio del sabato pomeriggio e mi si insinuava la convinzione di trovarmi di fronte ad un album serio. Cazzo, con la successiva Roots, che poi è forse la meglio riuscita di tutto il disco, mi ero già fomentato come un picchio perché suona come il classicone alla Borknagar seconda maniera: sparato ma senza strafare, con momenti di epicità e cori ben alternati a parti urlate, una struttura canzone semplice ed efficace, accelerazione di doppia cassa – assolone da paura – arpeggio – coro – e via andare. L’attacco di The Beauty Of Dead Cities è spettacolare, riprende dritto dritto da The Archaic Course ma dopo un po’ scaca in una cosa strana e anche un po’ fastidiosa, si compromette qui e là con svarioni progressive che, in questa circostanza, non si sposano bene al giro di tastiere simil-viking che una volta tanto avrei preferito fosse messo più in evidenza, magari togliendo fronzoli inutili. Commento tecnico su The Earthling: spacca il culo ai passeri. E siamo alla seconda reminiscenza di The Archaic Course. In effetti quello fu l’album che preferii in assoluto. Gli dedicai forse più ascolti di quanti ne meritasse realmente ma sono da sempre convinto che rappresentasse l’apice della loro carriera perché da quel momento smisero di essere una buona black metal band e cominciarono a sviare verso l’originalità dell’avantgarde (che poi in questa parola ci si può infilare dentro tutto e niente). La brutale verità è che TAC fu la colonna sonora di un’estate bellissima nel parco del Gran Paradiso. Ho ricordi di una vacanza con una scolaresca mista di ragazzine francesi e nerd torinesi senza speranza. Visto che i torinesi erano degli sfigati irrecuperabili io spiccavo nel mio ruolo di metallaro campano terra terra che pensava solo a fare baccano quindi, a dispetto di ogni previsione, acchiappai un casino. Ecco spiegata pure la mia passione per la musica francese. Vuoi mettere?

non saranno francesi ma sono bone uguale

Il problema, dicevo, è che con Quintessence (‘na grande delusione fatemelo dire) in poi i Borknagar non se ne sono usciti con nulla di davvero interessante. Forse Empiricism era un poco meglio. Quotavo quanto diceva Roberto rispetto a Universal, il solito black metal un po’ anacronistico, banalotto ma per carità ben fatto. Urd invece non è affatto un disco inutile ma non posso inserirlo né tra i migliori né tra i peggiori lavori dei Borknagar (anche se ogni tanto ti spiazza con pezzi come Mount Regency dove pare a un certo punto di sentire i Drakkar che fanno power-black metal). Ad ogni ascolto si scoprono dei passaggi veramente notevoli (come in Frostrite) e altri che non hanno nessuna ragione apparente di essere; non si tratta di riempitivi ma di scelte stilistiche, secondo me, che non c’azzeccano niente. Il vero punto di forza comunque risiede nel comparto vocale: è tornato Vortex che ha una bella pompa e un timbro tutto particolare, c’è sempre Vintersorg e sapete chi è, e poi c’è Lazare, il genietto dei Solefald (che insieme a quell’altro genietto di Cornelius me li ha fatti -quasi- sempre adorare). Il vero punto debole di Urd invece è che ricorda troppe cose già sentite. Sì è vero, ricorda pure i migliori anni dei Borknagar, ma è troppo progressivo (e detta da me fidatevi che ’sta cosa è vera) e troppo poco viking. Tutto sommato i ragazzi di Bergen si fanno ancora voler bene se non si sta lì troppo a far loro le pulci come ho appena fatto. La strada imboccata è buona e mi auguro al prossimo giro esca fuori qualcosa di meglio. Se poi vogliamo valutare la qualità di un album unicamente dal numero di ascolti che gli si dedica allora Urd, nella mia graduatoria 2012, dovrebbe battere Umskiptar di molte lunghezze; e questo è un fatto. Aè, un’altra birra, grazie. (Charles)

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