RECORD STORE DAY, ovvero quando le copertine erano fotocopiate

E insomma mi arriva questa mail dal sempre ottimo Kekko che mi comunica che sabato prossimo sarà il Record Store Day, il giorno in cui non si comprano dischi su internet ma si torna al negozietto come ai bei vecchi tempi. I bei vecchi tempi. Ho passato undici anni della mia vita a Roma, grossomodo i miei twenty-something, e in quel periodo i negozi di dischi erano punti di riferimento stabili e immutabili in cui darsi appuntamento con gli amici o passare ore anche in solitudine. Perché poi per una determinata categoria di persone non sei mai solo in un negozio di dischi. Ora sono quasi tutti chiusi, a causa non tanto della pirateria quanto dei mailorder e delle grosse catene di distribuzione. Elencarli mi aiuta a ripercorrere il percorso che ho fatto per diventare quello che sono.

la prossima volta.

MESSAGGERIE MUSICALI: il primo negozio che ho frequentato abitualmente sin da quando ancora non abitavo a Roma, ma ci andavo ogni tanto per vari motivi. Era in via del Corso; dapprima in posizione più centrale, vicino a via dei Condotti; poi si è ingrandito, si è messo a vendere anche libri, dvd, videogiochi e puttanate varie, e da un annetto ha chiuso. La chiusura di Messaggerie, in fondo un negozio decisamente mainstream, è stato un bruttissimo segnale. Lì ho comprato il mio primo disco dei Metallica, per la cronaca And Justice For All, perché un tizio incontrato là dentro mi disse prendi questo perché c’è One. Il mio ricordo più vivo riguarda The Aeroplane Flies High, un cofanetto di singoli degli Smashing Pumpkins del periodo Mellon Collie And The Infinite Sadness. Era posizionato dietro al bancone della cassa, e mi ripromettevo sempre di comprarlo ‘la prossima volta’. Ovviamente non l’ho mai preso, ma è una lacuna che dovrò colmare. La prossima volta.

fossile ritrovato nel reparto usato di Disfunzioni

DISFUNZIONI MUSICALI: il mio primo negozio serio, vale a dire frequentato quasi esclusivamente da appassionati. Era piccolo, ma strapieno di roba. La consultazione avveniva su copertine fotocopiate e divise in scomparti generalisti. Il metal era diviso in HM e GRIND: in quest’ultimo ci trovavi tutto il metal estremo, gotico e non direttamente derivabile dal metallo classico anni’80. C’era un enorme poster dei Sonic Youth che campeggiava dietro alla cassa. Ci ho incontrato spesso Tommaso Zanella, in arte Er Piotta, che di solito cercava tra i vinili funk senza nemmeno togliersi il casco dalla testa, probabilmente per timidezza. Disfunzioni è il negozio a cui sono stato più legato in assoluto, anche perché era a San Lorenzo, vicino a casa mia. I ricordi legati a quel posto sono infiniti, ne cito giusto qualcuno:
-il 30 maggio del 2000, alle otto di mattina, ero lì davanti aspettando che aprisse, perché quel giorno usciva Brave New World. Insieme a me c’era un’altra manciata di scoppiati, tra cui un giovane Aldo Mancusi che io ancora non conoscevo. Appena aprirono la serranda ci dissero che il disco sarebbe arrivato il giorno successivo, e quella fu forse l’unica volta in cui sentii Aldo smadonnare.
-il rituale dei Cannibal Corpse. Dai tempi di Bloodthirst, ogni volta che usciva un loro disco mi presentavo lì con una maglietta dei Cannibal e chiedevo, con aria volutamente adolescenziale, ‘c’hai l’ultimo dei Cannibal Corpse?’, pagavo ed uscivo. Erano le uniche volte in cui non perdevo ore a guardare dischi. Questo rituale mi manca, mi aiutava a non perdere il contatto con ciò che sono. Da quando ha chiuso, ogni volta che esce un loro nuovo album ci ripenso e ho paura di essermi imborghesito.
-il commesso pelato, arrogante bottegaio indegno della roba che vendeva lì dentro. Sulla quarantina, tatuatissimo, muscoloso, quando gli chiedevi qualcosa di metal ti guardava come se tu fossi un povero stronzo e lui il depositario della Verità, una Verità in cui non c’era posto per te e per i tuoi gruppetti del cazzo coi capelli lunghi. Una volta si accapigliò con Paul Star, un mio amico di università con una disturbante mania completista per i Pearl Jam. Non so se ricordate, ma era il periodo in cui erano usciti una settantina di live dei Pearl Jam in edizione limitata. Il pelato aveva fatto l’errore di fare una battuta sarcastica quando il mio amico gli aveva chiesto se riuscivano a trovarglieli tutti. Quello che successe dopo è entrato nella storia; basti dire che il piccolo e solitamente  pacioso Paul rischiò seriamente di essere pestato a sangue dal nerboruto commesso pelato. E, mentre un altro commesso tratteneva a stento il suo imbufalito collega, Paul continuava a insultarlo. Come a dire picchiami, derubami e scopati pure la mia ragazza se vuoi, ma tu figlio di puttana lascia stare i Pearl Jam.
-il distaccamento dell’usato, ubicato a pochi passi dal negozio principale, che durò pochi anni ma che è responsabile di un buon quinto della mia collezione di dischi. Ero un giovane universitario a quel tempo, e spesso preferivo saltare un pasto piuttosto che perdermi le offerte dell’usato di Disfunzioni. Ci vedevo spesso anche Ciccio Russo, e ci salutavamo anche se all’epoca non ci eravamo ancora presentati e lui era poco più che un tipo con la maglia dei Nightfall che vagolava solingo nella mensa universitaria.
-certi dischi che rimanevano lì per anni e nessuno comprava, e te li vedevi sempre allo stesso posto. In particolare ricordo un album dei Deinonychus che probabilmente è rimasto lì per tutto il tempo in cui Disfunzioni è rimasto aperto. Scendeva di prezzo in continuazione, penso che anche loro si fossero rassegnati a non venderlo mai. A saperlo l’avrei comprato io, non erano manco male i Deinonychus, a parte il nome demente. 

“mi hanno trovato la limited dei Death In June, daje!”

DISCOTECA LAZIALE: tuttora aperto, anche se giurerei che non se la passano benissimo neanche da quelle parti. Non si chiama così perché gestito da fan di Giorgio Chinaglia ma perché si trova vicino alla Stazione delle linee laziali, da dove partono i treni regionali. Non è un posto particolarmente romantico, ma i prezzi sono sempre stati ottimi e riuscivano a trovarti qualsiasi cosa in poco tempo.

per Pink Moon sempre dritto e seguire gli ululati

PINK MOON: ubicato in culo ai lupi, mal collegato e minuscolo. Il miglior negozio di dischi di Roma. Ha resistito strenuamente mentre tutti gli altri chiudevano, ma gira voce che stia per chiudere i battenti anch’esso. Io ci sono andato troppe poche volte per esserci legato sentimentalmente, anche se ogni volta che mettevo piede in quel buco traboccante di dischi mi sentivo a casa mia. Pink Moon è attualmente il solo posto dove è possibile vedere Fabrizio ‘Doom’ Socci oltre al cimitero del Verano. Proprio il Doom raccontò di come i commessi di tale negozio si lagnassero del fallimento totale dell’edizione limitata di Crimson Thunder degli Hammerfall, quella con un tremendo fumettone allegato, che erano riusciti a piazzare solo ad un soggettone da competizione molto noto nella scena romana ma di cui non posso fare il nome perché magari mi legge e poi se la prende a male, cosa da evitare perché il tizio in questione sembra avere il dono dell’ubiquità e te lo trovi praticamente ovunque, dal concerto del gruppetto sfigato in periferia alla biglietteria della stazione Termini alle nove di mattina. Tra l’altro quell’edizione limitata ce l’abbiamo anche io e Luca Arioli, però loro non potevano saperlo perché non l’avevamo presa lì.

sì al metallo no alla mortazza

REVOLVER: grossomodo nella stessa zona di Pink Moon, ma più facilmente raggiungibile. Estremamente fornito, ma piuttosto ampio e quindi meno evocativo rispetto al suo vicino. Ora ha chiuso, e questa è stata davvero una brutta botta. Ci lavorava Fabio Loffredo. Fu lì davanti che Aldo, preoccupato della passione di Mighi per i gruppi stile Tristania, disse la mitologica frase ‘bisogna far uscire Michele Romani dal tunnel del gotico pipparolo‘. Qui trovai As Good As Dead dei Local H nuovo a 3 euro; lo stavo cercando da anni perché un mio compagno di scuola lo portò dall’America una volta che andò lì in viaggio-studio insieme a suo fratello. Bound For The Floor è probabilmente una delle mie 4-5 canzoni dell’adolescenza. Revolver si trovava dalle parti del ponte di viale Marconi, in una specie di ghetto ebraico; questo particolare mi era sfuggito e la cosa divenne imbarazzante quando una volta, all’uscita dal negozio, andai da un alimentari kosher lì accanto per farmi fare un panino con la mortadella, alimento derivato dal porco e quindi notoriamente vietato agli ebrei. L’alimentari era pieno, e ricordo ancora adesso lo sguardo disgustato e sprezzante dei clienti. Magari mi hanno preso per un nazista che era andato lì a provocare, ma giuro che volevo solo un panino con la mortazza.

un luogo più economico di Ricordi Termini

RICORDI: due negozi collocati strategicamente: uno in via del Corso, troppo invitante perché non ci si passasse durante le passeggiate pomeridiane in centro; l’altro alla stazione Termini, unica valvola di sfogo durante le attese per un treno. Quest’ultimo, in particolare, è sempre servito come ideale punto d’incontro al posto dello scontato MacDonald’s. Ho buttato più soldi là dentro in dieci anni che un marinaio olandese in un bordello di Amsterdam in tutta una vita.

se sapessero che ci fa Bava coi loro sessantaquattresimi si scioglierebbero all’istante

SOUNDCAVE: è durato pochissimo tempo, ma ci sono stato molto legato perché era a due passi dalla mia università. Ci andavo due-tre volte a settimana, anche solo per cazzeggiare con Marco, il gestore. Ogni venerdì ci davamo appuntamento là davanti con Aldo, Socci, Arioli e Mighi Romani. A volte veniva anche Ciccio, ma non sempre. Il fascino del luogo era molto legato al fatto che ci trovavi spesso Fabio Bava, come sempre in splendida forma, che sostava là dentro parlando della Juve e dei Morbid Angel.

il Palazzo dello Strozzino a Roma, futura sede di Transmission

TRANSMISSION: chiamato simpaticamente ‘il cravattaro’ per i prezzi più simili ad una gioielleria che ad un negozio di dischi. Zona San Lorenzo, tuttora aperto. Capace di rivenderti un disco usato a 15 euro, ma purtroppo imprescindibile sia per essere specializzato in edizioni limitate e collezionismo sia perché se vuoi vendere qualcosa lui si prende più o meno tutto, anche se con un disco non ti paghi neanche un caffè. Ci dovrò passare quanto prima perché ho uno scatolone pieno di merda, e Transmission è l’unico disposto a prendersene la maggior parte.

Mancusi non lo sa, ma per questo disco ha rischiato di morire

MILLERECORDS: chiuso da eoni, l’unico ricordo che ho di quel negozio è che lì conobbi Aldo Mancusi. Era il 2000, stava uscendo Stiff Upper Lip degli Ac/Dc, e io ero con Marco Grassi, un mio amico fan terminale degli stessi. Aldo se la tirò un po’ perché aveva sentito il promo (non scriveva ancora su MS, ma conosceva il precedente caporedattore), e disse che il disco era una mezza delusione. Marco Grassi lo maledisse per qualche mese, poi Stiff Upper Lip uscì nei negozi ed era bellissimo. Se Aldo mi ripetesse adesso le stesse cose su quel disco penso che lo ucciderei.

la futura squadra più hardcore d’Italia

HELLNATION: se vogliamo parlare di atmosfera romantica, Hellnation è IL negozio di dischi. Resiste strenuamente in via Nomentana, dalle parti di Porta Pia. Specializzato in punk, new wave e grind, è gestito da Robertò (con l’accento rigorosamente sulla ò), una vecchia gloria della scena hardcore romana. Originario dell’Abruzzo, Robertò ha un sogno: mettere soldi da parte con Hellnation per poi, da vecchio, comprarsi la squadra del Castel di Sangro. Qui ci sono i prezzi migliori di Roma e anche il servizio migliore. Nonostante abbia uno status semileggendario nella scena, Robertò è sempre disponibilissimo e gentilissimo con chiunque, dalla signora impellicciata capitata per caso che pretende di trovare là dentro un disco di Eros Ramazzotti al quindicenne esaltato e supponente con la cresta viola e il chiodo dei Rancid che però non sa neanche con chi sta avendo la fortuna di parlare. L’atmosfera nostalgicamente anni’80 e il reparto t-shirt (a prezzi ridicoli e rigorosamente fatte da loro) ne fa il negozio più londinese della Capitale.

Questi sono i posti intorno a cui si è sviluppata la mia vita nell’ultima dozzina d’anni. Tralascio altri negozi perché non hanno per me lo stesso valore sentimentale. Io al momento mi trovo a Londra e sabato prossimo andrò al Sister Ray a comprare gli ultimi due di Burzum, che mi sono finalmente deciso ad ascoltare. Chi partecipa all’iniziativa può scrivere nei commenti dove è andato e cosa ha comprato. Support your local recordstore e ricordate che i grandi magazzini e le catene in franchising del cazzo non valgono.  (barg)

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