We never come in peace – intervista ai MISERY INDEX

Anno Domini 2000. Il mondo non è finito come volevano le profezie millenariste di turno ma i Dying Fetus fanno del loro meglio per distruggere il distruttibile con quel Destroy The Opposition che passerà alla storia, oltre che come il loro capolavoro, come uno dei migliori platter vomitati dalla vivace scena brutal a stelle e strisce dell’epoca. Un suono violento e intricato ma dall’impatto irresistibile e un’attitudine antagonista, quasi hardcore, non comune nella scena death. Subito dopo tre quarti della band (il bassista Jason Netherton, il chitarrista Sparky Voyles e il batterista Kevin Talley) mollano la baracca, lasciano Gallagher da solo e danno vita a una nuova creatura che già dal primo EP, Overthrow del 2001, fa drizzare le orecchie a tutti gli appassionati di efferatezze sonore. Due anni dopo entrambi i gruppi si presentano alla prova sulla lunga distanza. Stop At Nothing, nuovo album del Feto Morente, è un onesto, dimenticabile disco di routine, come lo saranno i successivi. Retaliate, debutto dei Misery Index, vince il confronto su tutta la linea. La virulenza di derivazione grind, il sottofondo ideologico vagamente marxista e – soprattutto – la terrificante carica distruttiva che avevano reso Destroy The Opposition unico sono tutti qua. L’act di Baltimora non farà che continuare a stupire ed esaltare con il successivo Discordia, l’eccezionale Traitors e il recente Heirs To Thievery, presenza sicura nella mia playlist di fine anno (certo che le facciamo le playlist di fine anno, mica credevate che ci saremmo sottratti a questo rito egolatrico), diventando una delle migliori death metal band uscite dagli Stati Uniti nel corso dell’ultima decade. Incontro Mark Kloeppel, chitarrista e frontman dell’ensemble (l’unico della formazione originale a non provenire dai Dying Fetus), poche ore prima della loro gig capitolina . Di quanto spaccarono ve ne ho già parlato qua. Si presenta mostruosamente assonnato, in boxer, maglietta della salute e infradito.Il tragitto in tour bus da Vicenza, dove avevano suonato la sera prima, era stato accidentato – mi spiega – e non erano riusciti a riposarsi, ma appena arrivati a Roma avevano scelto di non dormire e di girarsi il Colosseo e i Fori Imperiali.

Stai a pezzi, il viaggio è stato pesante?

“Puoi giurarci, però appena arrivati a Roma siamo corsi a vedere le rovine, il Colosseo… E’ stato fico, abbiamo girato per qualche ora e siamo riusciti a dormire solo adesso, bella città”.

Come sta andando il tour?

“Bene, ci sono un sacco di ottime band con noi, prima ancora avevamo fatto un tour in America con i Dying Fetus, dopo il quale siamo andati in Canada con i Despised Icon, ora siamo qui con i Grave… Grandioso”.

Sparky vi ha mollato un attimo prima del tour americano. Perché?

“Dovresti chiederlo a lui… Siamo ancora amici e roba del genere, ma con la band ha chiuso. Non so ancora perché abbia lasciato, non so le vere ragioni, non ne abbiamo mai parlato. So solo quello che ci scrisse nell’email con la quale ci annunciò che ci avrebbe lasciato. Stava avendo dei casini personali, cose così… Chi lo sa? E’ l’unico che sappia davvero cosa sia successo. Ce lo disse una settimana prima dell’inizio del tour, quindi fummo costretti a fare alcuni concerti come trio”.

Mark on stage al Blackout (foto del sottoscritto)

Poi avete reclutato Darin Morris per il tour. E’ solo un session o entrerà in pianta stabile?

“E’ nella band, è nella band. Suonavo già con lui nei Criminal Element (progetto dal quale è stato prelevato anche il nuovo batterista Adam Jarvis e dove figura, curiosamente, un altro ex Dying Fetus, il cantante Vince Matthews), quindi è stata la scelta più logica. E’ stata una buona scelta: è un bravo chitarrista, non un principiante. E’ stata la prima persona alla quale avevo pensato, sarebbe stato il rimpiazzo più semplice”.

Parliamo di Heirs To Thievery; avete cambiato produttore, da Kurt Ballou dei Converge, che aveva lavorato su Traitors, a Steven Wright…

“Kurt non finì mai Traitors. Fu Steven a occuparsi del mixaggio, nel suo studio di Baltimora. Kurt seppe tirare fuori i lati migliori di noi ed è un bravo ragazzo, semplicemente non aveva abbastanza tempo, quindi chiamammo Steven, che fece un ottimo lavoro e quindi sarebbe stato la persona adatta anche per il disco successivo. Credo che noi suoniamo troppo death per Kurt, lui è per roba più rockeggiante, tipo i Disfear. Noi però siamo più una death metal band, quindi per Kurt era difficile capire cosa volessimo, fare il mixaggio giusto. Suoniamo death metal con forti influenze punk/hardcore, sono due componenti diverse che devono convivere nel modo giusto, con i suoni giusti, devi trovare il mixaggio adatto per entrambi gli stili, il che può essere davvero difficile. Il suono deve essere coerente, non puoi averne due differenti a seconda della parte del brano”.

Suonate diretti e old school ma avete l’aria di ascoltare di tutto. Un pezzo come The Spectator non si trova facilmente in un disco death/grind…

“Alcuni gruppi che stanno venendo fuori ora ci piacciono, come i The Faceless o i Beneath The Massacre, ma continuiamo ad ascoltare roba vecchia tipo Sodom o Emperor, cose così ; sentiamo crossover e hardcore, dai Madball ai D.R.I fino gli His Hero Is Gone. Poi il grind classico alla Napalm Death… Anche, ovviamente, gli Slayer e i Testament. Sono tutti elementi che poi rientrano nella nostra musica. Prendiamo la roba che ci piace e cerchiamo di metterla insieme. The Spectator è, immagino, la versione di Jason di un brano hardcore, poi Adam ci ha messo il suo drumming e io la mia chitarra. Non abbiamo mai un’idea di partenza di come verrà una canzone, vediamo insieme cosa viene fuori. Basta partire da un buon riff, e poi chissà dove si arriva”.

I repubblicani mangiano i gattini

Non trovi che sia difficile trovare nella scena death una band politica come voi?

“Cosa intendi per politica?”

Voglio dire che i vostri testi affrontano tematiche sociali con un piglio molto diretto, con’un attitudine più hardcore che death metal…

“Siamo una band con una coscienza sociale, come ne puoi trovare tante nella scena grindcore. Una band politica è una che cerca di portare avanti un’agenda politica, come i gruppi nazisti. Quella è gente che propaganda delle idee politiche e cerca di diffonderle, e non è quello che facciamo noi. Devi avere consapevolezza di quello che accade nel mondo, è importante sapere quello che succede e cercare di capire quali siano i problemi e quali le soluzioni. E’ importante conoscere la storia, sia quella passata che quella più recente. Ci sono pezzi che affrontano tematiche storiche, come Ghosts Of Catalonia…”

Un altro esempio è la copertina di Heirs To Thievery che, così come la title-track, si riferisce al massacro dei nativi americani…

“Non solo quel brano, anche The Seventh Cavalry. Chiunque viva negli Stati Uniti oggi è in qualche modo l’erede di una rapina (Heirs To Thievery, appunto) nei confronti dei nativi. Abbiamo portato via loro la terra, il cibo, la natura… Tutto”.

Lo puoi vedere come il peccato originale dell’America…

“Esatto, ogni americano vive in un paese dove nulla è veramente suo. Pensa al Texas. Lì l’immigrazione è un grosso problema, e arrivano soprattutto messicani. Ma quella terra era stata anche loro, e il risultato è che si odiano. C’è un sacco di razzismo da quelle parti, ed è razzismo reciproco. Da una parte c’è chi dice che quello era Messico e c’è chi dice che questa è l’America e i messicani vengono a portarci via il lavoro e cose del genere. Ho vissuto da quelle parti per un po’ e non ho potuto non imbattermi in questo genere di casini”.

"Anvedi, er Doom!" "Ma che, davero? Nun era morto?"

Venire da una città operaia e con un alto tasso di criminalità come Baltimora vi ha aiutato a formarvi una coscienza sociale?

“Non sono cresciuto lì, e nemmeno Adam. Jason è cresciuto a Baltimora. Si è laureato in qualcosa tipo relazioni internazionali, si è sempre occupato di questioni sociali, per un certo periodo ha studiato a Berlino, andò al college a Washington. Il mio background è… Sai, la Vecchia America. Mio padre… Vabbé, ormai è in pensione,  ma aveva una visione molto precisa di certe cose e voleva impormela. Fondamentalmente, nella Vecchia America c’è più gente stupida. E se hai a che fare sempre con gente stupida non puoi non avere casini. Ho lavorato in un night club per un po’ e, beh, è roba che ti porti dietro”.

Perché Obama ha preso una botta così pesante alle mid-term elections?
“I don’t know, man! E’ uno stupido casino. Si è preso alcuni tizi dell’amministrazione Bush che stanno continuando a portare avanti i loro piani di guerra. Infatti le spese militari passano. Perché lo abbia fatto non ne ho nessuna fottuta idea, forse se non facesse così verrebbe fatto fuori. Siamo ancora ficcati là, in Afghanistan. Ma il casino maggiore è l’economia. Non è solo l’esplosione della bolla immobiliare, se ne stanno andando migliaia e migliaia di miliardi per salvare l’economia, c’è disoccupazione. Continuiamo a spendere per la guerra e abbiamo una gigantesca bolletta da pagare, come coloro che sono tornati dall’Iraq senza gambe o senza braccia, che hanno bisogno di assistenza, di soldi. Abbiamo una grossa bolletta da pagare”.

Quindi sta pagando anche il conto delle cazzate fatte prima di lui?

“Assolutamente, era chiaro che la situazione non avrebbe potuto che peggiorare. Sistemare tutti questi casini e cambiare le cose richiede più di quattro anni, e il partito repubblicano sta sfruttando propagandisticamente il fatto che il governo ora sia più presente nell’economia. E poi c’è il Tea Party che può riaprire la strada a un ritorno del fanatismo religioso. Sai, la gente che dice ‘Fuck Yeah, America!’, c’è un sacco di gente così”. (Ciccio Russo)

11 commenti

Lascia un commento