Drink wine and worship Satan

NB: A riprova dell’armonia e della comunanza spirituale che regna nella redazione virtuale di MS, io e Ciccio ci siamo resi conto di aver scritto contemporaneamente due articoli sulla stessa notizia. Abbiamo deciso di pubblicarli entrambi sia perchè i due post non c’entrano nulla l’uno con l’altro sia perchè oggi è San Martino e quindi, più di qualsiasi altro giorno dell’anno, è quantomai opportuno parlare di vino e derivati. Enjoy.

un’idea regalo originale e sfiziosa per i cestini di Natale al posto dell’obsoleto Asti Cinzano

 

Forse perchè si avvicina San Martino, il giorno in cui il mosto si fa vino e l’uomo si fa a pezza, ma la notizia sta rimbalzando un po’ ovunque da quando Blabbermouth ne ha dato voce: Satyr, deus ex machina dei Satyricon, si è dato al commercio vinicolo. Più in particolare ha fatto uscire due tipi di vino a suo nome: il Langhe Rosso Alleanza Nero di Wongraven 2009 e il Barolo Unione Nero di Wongraven 2006. Scritti così, in italiano: per far ciò, difatti, Satyr (il cui vero nome è proprio Sigurd Wongraven) ha collaborato con tale Luca Roagna, vinaio piemontese di quinta generazione; il suo apporto, a quanto ho capito, è consistito fondamentalmente nello scegliere il nome e il disegno di un diavolo stilizzato sull’etichetta. Io sono piuttosto sconvolto: scoprii i Satyricon con Nemesis Divina, andavo a scuola ed ero seriamente convinto che Satyr fosse in rapporto quotidiano con il Demonio e cose così. Ricordo ancora le polemiche dei metallari animalisti per il gallinaccio crocifisso in copertina, polemiche che liquidavo con disprezzo perché pensavo che rappresentasse un preciso rituale luciferino che noi povere anime plebee non potevamo capire, dato che c’era sicuramente un motivo grim & frostbitten se Satyr aveva messo un gallinaccio crocifisso in copertina. Che cazzo ne poteva sapere sta gente? Satyr era un personaggio di elevatissimo spessore, dotato di conoscenze filosofiche occulte che questi pecorari bercianti si sognavano. Se l’avessi messo io, il gallinaccio crocifisso in copertina, avrebbero potuto dirmi quello che volevano. Ma Satyr? Satyr era uno dei figli prediletti di Satana. Lui poteva farlo, per motivi che noi non potevamo neanche comprendere. He knew.

 

A dire la verità da Rebel Extravaganza in poi li ho abbandonati, non tanto perché non fossero più stupramadonne come in passato ma perché proprio non digerivo il cambio di stile. Di certo non potevo comunque immaginare che nell’anno 2010 Satyr si sarebbe presentato così:

un incrocio tra il fratello grande di Justin Bieber e un fighetto ventiduenne dei Parioli con i Gluecifer nelle cuffie. Men che mai avrei potuto pensare che sarebbe arrivato a lanciare sul mercato la propria marca di vino, lui che immaginavo bevesse solo sangue di lupo grigio da lui personalmente cacciato nelle foreste norvegesi e successivamente offerto in sacrificio al Demonio. Nella mia mente da adolescente traviato, la caccia al lupo si svolgeva secondo un particolare rito luciferino secondo il quale lui, Frost e Nocturno Culto si aggiravano col face painting sulle montagne del Telemark muovendosi con la stessa camminata caracollante grim & frostbitten che si può ammirare nei vecchi video degli Immortal, emettendo urla laceranti e facendo le mosse cattive da blacksters. Tutto ciò era in evidente contrasto col fatto che poi riuscissero effettivamente a catturare il lupo, animale notoriamente scaltro e velocissimo, pur alzando un casino incredibile e muovendosi come mentecatti, ma che ci volete fare? Avevo quindici anni ed erano altri tempi. E poi non lo pensavo davvero (tra l’altro ai Satyricon preferivo di gran lunga che so, i Pearl Jam e i Gamma Ray), però mi piaceva illudermi che fosse tutto vero, diciamo.

L’articolo di Blabbermouth, evidentemente ricavato da un qualche comunicato stampa del fighetto norvegese, continua con cose di cui non frega niente a nessuno tipo come e quando sti due si sono conosciuti, che cosa pensa il Wongraven degli altri musicisti che fanno i vini e soprattutto vaghe giustificazioni dello stesso Satyr per essersi messo a capo di una operazione di questo genere (cose tipo, cito testualmente, “authenticity is the common denominator between Satyr’s music and wine”); tutte robe molto interessanti che però vanno in secondo piano di fronte a foto come queste:

che fondamentalmente fanno apparire il Roagna come un gran figo che passa la sua vita in vigneti splendidi a bere vino rosso e mangiare cinghiale arrosto (magari con Hansi Kursch, grandissimo fan del cinghiale arrosto), mentre Satyr, insomma, non so. Ad ogni modo ciò non toglie che io a Natale mi presenterò al cenone di famiglia con il Barolo Unione Nero di Wongraven 2006, e con codesto nettare black metal farò ubriacare qualche mio timoratissimo parente. Perché è sempre bello avere quindici anni, una volta ogni tanto. (barg)

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