BLIND GUARDIAN live@02 Shepherd’s Bush Empire, London – 26.09.2010

Lo stereotipo secondo cui a Londra faccia sempre un tempo del cazzo non è uno stereotipo. A Londra fa sempre un tempo del cazzo. Sono le sette di pomeriggio e il cielo è nero come la pece. Una nebbiolina sottile sottile, non invadente, ma abbastanza perchè ti si bagnino anche i calzini. Ma il peggiore di tutti è il vento, il vento freddo del Nord cantato dagli Immortal e capace di distruggere un intero esercito di Arcangeli; figuratevi che cazzo può fare su di me che sono un terrone cresciuto a cinquecento metri dal mare e che dorme col piumino a quindici gradi.

È quindi la giusta serata per tirare fuori i propri sentimenti epici e pensare che si sta soffrendo i venti gelidi per una buona causa, una causa devota al sacro odinismo pagano degli elfi e dei folletti: si sta andando a sentire i Blind Guardian, un’azione che sicuramente ci consegnerà le chiavi del Valhalla una volta morti. Nella terra d’Albione, dove nascono i cicli arturiani, Tolkien, Walter Scott e l’heavy metal, l’unico cavaliere che troviamo è uno sbirro a cavallo su Mile End Road, ma è un po’ lontanuccio da dove vogliamo andare noi. Il posto ove si terrà il sacro conclave dei possenti bardi della luce con la panza di birra si trova invece dall’altra parte della città, nel West End, vicino a Kensington, in un postaccio che si chiama Shepherd’s Bush (il cespuglio del pastore, attenzione). Il locale si chiama Empire, ed è un vecchio teatro riadattato come sala concerti. È suggestivo perchè sto posto non dev’essere tanto recente. È strutturato ancora così, c’è la galleria, la platea, le salette ai lati del palcoscenico che non mi ricordo come si chiamano ma per qualche motivo ogni volta che le vedo mi fanno sempre ricordare la scena di Johnny Stecchino in cui lui manda affanculo il vecchio. Dentro è tutto pieno, una specie di nuova definizione del ‘tutto esaurito’: lo spazio per muoversi è pochissimo, e a causa del palco basso e della troppa gente la visibilità scarseggia. Troviamo un buco libero al bancone del bar e ci ficchiamo lì: le speranze di vedere qualcosa sono quasi nulle, ma almeno si sta comodi, non si fa la fila per la birra e soprattutto si sente meglio.

Di spalla c’erano tre gruppi tra cui i pestilenziali Van Canto; fortunatamente ce li siamo persi tutti. Per il Valhalla sono disposto a sopportare il freddo e le tempeste di neve, ma i Van Canto non so. Partono le note di Sacred Worlds. Impazziscono tutti. Non pensavo che in Inghilterra ci fosse questa passione per i Blind Guardian, gruppo tedesco tra i tedeschi, espressione quasi emblematica di un metal continentale che i paesi anglosassoni non hanno nelle corde e non sono mai riusciti a comprendere. Alla fine, tutti sapevano le canzoni a memoria. La scaletta è ben organizzata: molta roba vecchia, solo due canzoni dal penultimo e tre dall’ultimo: per il resto si va sui vecchi classici. Welcome To Dying sparata per seconda scalda definitivamente l’ambiente, e i pugni volano in aria nel ritornello manco fossimo ad Amburgo. Il gruppo è come ce lo si aspetta, compreso Hansi che proprio non ce la fa più. Look da cameriere, capello corto brizzolato, camicia nera, jeans neri e quella faccia da orsacchiotto tedesco bianco fosforescente come un cadavere radioattivo in vacanza  a farsi il bagno a Ischia ad aprile . Ce la mette tutta, si impegna, usa tutti i trucchetti del mestiere, ma proprio non ce la fa più.

un pericoloso gruppo metal

Io neanche ce la faccio più. Non ho più il fisico. Ho cantato tutto il tempo, ho bevuto quattro birre e sono stato sempre in piedi: il giorno dopo (oggi) sono distrutto, sento come se mi avessero preso a pugni in faccia e a bastonate nello stomaco. Camminare mi stanca. Mangiare mi nausea. Non sono più il ghepardo di una volta. Dovrei mollare questa vita viziosa e debosciata e andare ogni fine settimana in qualche posto dimenticato da Dio, come fa Bear Grylls, a sentire il vero contatto con la natura, riscoprire te stesso e mangiare larve ripiene di pus. Forse così mi rimetterei in piedi, e riuscirei a tornare il vecchio macinatore di concerti e fatica senza senso che ero prima. Mannaggia. Ma sono in buona compagnia, dicevamo: anche Hansi Kursch sta messo male, e te lo immagini proprio all’agriturismo tetesco che mangia il cosciotto di maiale coi crauti, brindando con boccali di birra da un litro e parlando dello Schalke 04 e divertendosi moltissimo con tutti gli altri commensali teteschi, tutti coi baffoni ricurvi e stranamente vestiti con il vestito tradizionale tirolese mentre fanno il balletto sbattendosi i tacchi. Questo è quello che ti immagini guardando Hansi Kursch, non sto scherzando. Poi quando parla inglese con quell’accento tipo Ratzinger non aiuta.

Insomma, che sto parlando a fare? Il concerto è stato magnifico, le canzoni ivi suonate dovrebbero essere tutte insegnate a scuola tranne due-tre degli ultimi dischi, c’era il tutto esaurito, il pubblico ha risposto bene. Se non li andate a vedere quando passano da voi siete spie o non-figli di Maria. (barg)

Tracklist:

1-Sacred Worlds

2-Welcome To Dying

3-Born in a Mourning Hall

4-Nightfall

5-Fly

6-Time Stands Still (at the Iron Hill)

7-Traveler In Time

8-Valhalla

9-Lord Of The Rings

10-This Will Never End

11- A Voice In The Dark

12-Mirror Mirror

13-Punishment  Divine

14-The Bard’s Song (in the Forest)

15-Wheel of Time

16-Imaginations From The Other Side

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